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giovedì 11 febbraio 2016

Capitale e crescita



I capitali e la bilancia dei pagamenti

Il senso comune associa alla moneta, nelle sue diverse possibili forme aggregate, un carattere indistinto che non fa identificare i diversi ruoli che la moneta assume e i suoi differenti effetti. Il primo principio del modello di economia dinamica mette in risalto, invece, una differenza sostanziale tra due possibili impieghi della moneta. Esso evidenzia che la moneta circolante in un sistema economico è la differenza tra la liquidità in ingresso e la crescita. Quest’ultima rappresenta l’espansione dell’attività economica, per la quale, un ruolo decisivo è svolto dal capitale, ossia il valore dell’insieme dei mezzi di produzione anticipati in fase di avvio di un’attività.
Il primo principio indica che un aumento dei capitali si traduce in una riduzione del circolante – perciò della ricchezza complessiva derivante dai redditi – se, a fronte della crescita prodotta dal capitale, non fa riscontro un adeguato apporto di liquidità monetaria.

In pratica, la crescita, ottenuta tramite un aumento dei capitali, contribuisce, assieme all’aumento di produzione, all’offerta complessiva di un sistema economico, mentre la liquidità rappresenta l’ammontare complessivo di moneta disponile per la domanda. Un eccesso di offerta, rispetto alla domanda, conduce perciò a un impoverimento e il primo principio afferma, quindi, quel che un qualsiasi operatore economico direbbe: «se offro più di quanto ricevo, m’impoverisco».
Il primo principio ha la forma seguente: ΔU = Q – L; in cui ΔU è la moneta circolante, Q è la liquidità e L è la crescita. Esso, perciò, ricalca fedelmente il primo principio della termodinamica e sono, in particolare, le analogie tra crescita e lavoro termodinamico e tra attività economica e volume a essere rilevanti per il ragionamento che segue. Nel caso termodinamico, il lavoro è positivo quando comporta un’espansione del volume del sistema mentre è negativo quando comporta una compressione del volume. Allo stesso modo, il modello di economia dinamica mostra che la crescita è positiva quando comporta un’espansione dell’attività economica del sistema mentre è negativa quando comporta una compressione dell’attività economica.
Per comprendere appieno gli effetti del capitale, associato alla crescita, occorre aver chiaro che, in un sistema aggregato, l’attività economica si espande per l’effetto congiunto o disgiunto di due elementi: l’aumento della produzione e del capitale.
Nella visione attuale la crescita è associata al solo aumento della produzione. Nel modello di economia dinamica si fa, invece, riferimento anche al capitale impiegato, perché questo non può considerarsi moneta circolante e, tantomeno, domanda. Infatti, il capitale, sebbene possa derivare anch’esso da una riserva di liquidità, una volta indirizzato al suo scopo produttivo, non può più essere dirottato verso altri scopi. È, quindi, moneta orientata all’espansione dell’attività economica. In ciò, ancora una volta, la crescita, nel modello di economia dinamica, è perfettamente analoga al lavoro termodinamico che rappresenta una forma di energia orientata all’aumento del volume, ottenuta sfruttando, in parte, l’energia dei suoi costituenti.
Si pensi, ora, a un esempio immaginario in cui accada che un sistema economico aumenti i propri capitali senza ottenere alcun aumento della produzione. Questo caso è normalmente escluso dalla dottrina neoclassica perché esistendo, secondo questa visione, una funzione di produzione univoca di capitale e lavoro, se ciò accade, la causa è da ricercare, esclusivamente, in una riduzione della produttività del lavoro. Questa visione, giungendo a questa conclusione, mostra di non voler prendere in considerazione la reale dinamica tra domanda e offerta, che, in sostanza, è l’azione congiunta di crescita e liquidità. Infatti, la vera causa di ciò che accade nell’esempio immaginario visto potrebbe essere, invece, un’altra: l’attività produttiva si contrae, nonostante l’aumento del capitale, perché non c’è domanda sufficiente e gli ordini sono inferiori a quanto preventivato.
Il modello di economia dinamica, con l’introduzione del capitale all’interno della crescita, mostra così che, quando avviene un’evenienza come quella sopra descritta, la crescita c’è stata, ma non è stata supportata da liquidità (leggasi domanda) e il sistema ha, complessivamente, ridotto la propria ricchezza. Un ragionamento siffatto mostra che, in realtà, non ci sono imputati da trovare, nella fattispecie i lavoratori, ma solo che occorre attuare un qualche correttivo al sistema economico, a livello aggregato.
La presenza del capitale come elemento decisivo della crescita è un fatto importantissimo perché il valore del capitale, come anche già dimostrato da Piero Sraffa, dipende dal modo in cui evolvono i prezzi monetari. La crescita è, perciò, una grandezza di scambio i cui effetti dipendono dal modo in cui evolve il sistema economico e, soprattutto, da come evolve l’altra grandezza di scambio: la liquidità, cioè la domanda. Ancora una volta, il primo principio dell’economia dinamica mostra di essere concettualmente analogo all’omonimo principio della termodinamica, per il quale calore e lavoro sono grandezze di scambio ciascuna delle quali, da sola, non può determinare univocamente come evolve un sistema reale, ma solo la loro azione congiunta può farlo.
I capitali interni a un sistema economico contribuiscono alla sua crescita, essendo orientati all’aumento dell’attività economica e, così, riducono, anche, la preferenza per la liquidità, inversamente proporzionale all’attività economica. Inoltre, essi riducono la moneta circolante perché una quota di questa entra a far parte dei bilanci di attività economiche e diventa inamovibile. Se i capitali di un dato sistema sono investiti anche su altri sistemi economici, essi contribuiscono ulteriormente alla crescita positiva del sistema economico di provenienza che accresce la propria attività economica generando offerta anche verso tali sistemi. È il caso tipico delle banche la cui attività economica prevalente consiste nel finanziare altre attività mediante capitali.
Se i capitali sono ricevuti, come fonte di finanziamento, da un altro sistema economico, essi equivalgono a una crescita negativa e comportano un aumento del circolante, in accordo all’equazione: ΔU = Q – L. Tuttavia, giacché essi contribuiscono all’espansione dell’attività economica di un altro sistema – quello che ha investito i propri capitali – ciò porta a una parziale compressione dell’attività economica del sistema che non impiega capitali propri, anche se l’attività economica può, comunque, crescere, grazie a un surplus di produzione rispetto al valore dal capitale ricevuto. È questo il caso delle imprese che non impiegano capitali propri e restituiscono il capitale più gli interessi. L’arrivo di capitali dall’esterno del sistema economico considerato comporta, quindi, l’aumento della sua preferenza per la liquidità, compensato solo da un aumento della produzione che, abbiamo visto, dipende anche alla liquidità scambiata, cioè dal livello di domanda.
I capitali in arrivo da altri sistemi economici, quindi, aumentano il circolante, e inducono aumento della preferenza per la liquidità, se non vi è sufficiente domanda in grado di sostenere la produzione. Ciò è tanto più vero quanto più essi tendono a sostituirsi ai capitali propri impiegati, prima, dal sistema economico. Il loro arrivo, tra l’altro, tende a formare debito e ciò comporta il formarsi di riserve in forma di accumuli monetari occorrenti a ripagarlo.
In un sistema economico eterogeneo nazionale, l’azione di capitali esteri tende a comprimere l’attività economica dei sistemi che, prima, si occupavano di fornire capitali domestici, in particolare, le banche. Queste, così, tendono a orientarsi verso attività speculative, aumentando la loro preferenza per la liquidità, oppure tendono a orientarsi verso attività di cui, prima, non avevano interesse a occuparsi, fornendo capitali ad altri sistemi economici, che, così, aumentano anch’essi la loro preferenza per la liquidità.
In sostanza, l’espansione attraverso l’esportazione di capitali dell’attività economica finanziaria di un sistema Paese si traduce nella corrispondente compressione dell’attività economica finanziaria del Paese importatore di capitali che, nel complesso, aumenta la propria preferenza per la liquidità, in maniera diffusa, e perde la capacità di attuare una futura crescita.
L’attuale contabilità internazionale della bilancia dei pagamenti agisce proprio nel modo visto, quando un sistema economico Paese che ha subito un deflusso di liquidità, causato da uno squilibrio commerciale, è costretto a compensare tale squilibrio facendo affluire capitali dall’estero, se non può svalutare la propria moneta. Si ha, così, che un conto corrente negativo – la differenza tra importazioni ed esportazioni – deve essere compensato da un conto finanziario positivo, consistente nel fare affluire capitali dall’estero.
È evidente, in base al ragionamento fatto sopra, che questo modus operandi conduce a una progressiva e inesorabile depressione del sistema economico in deficit, perché la sua futura possibilità di crescita, mediante capitali propri, risulta definitivamente compromessa e ciò  porta a un accrescersi continuo della preferenza per la liquidità, orientata a ripagare il debito estero contratto. Ciò agisce in concomitanza col fatto che i deflussi di liquidità impediscono ogni possibile aumento della produzione. Inoltre, gli oneri passivi sul debito estero erodono la possibile formazione di nuovi capitali propri.
Chi, invece, ha un conto corrente positivo – un eccesso di esportazioni rispetto alle importazioni, ottenuto contraendo il proprio livello di domanda interno – cioè un surplus è, non solo autorizzato, ma invogliato a crescere ancora di più, indirizzando i propri capitali verso l’estero. Ciò fa ridurre, al suo interno, il circolante ΔU = Q – L (con L positivo) perché la liquidità in ingresso è convertita in crescita, con un conseguente mantenimento della contrazione del livello di domanda interna del Paese in surplus. Ciò mantiene inalterato lo squilibrio commerciale che, nel tempo, non solo non accenna a diminuire ma si accresce sempre di più.

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