Le cause: preferenza per la liquidità e attività economica
L’attività
economica è costituita dall’insieme di tutto ciò che gli individui svolgono
per produrre merci e servizi. Essa è condizionata da molte cose; tra queste: le
Norme, il diritto e i contratti. Una cosa su tutte, però, condiziona l’attività
economica in maniera molto forte. È la fiducia
degli operatori economici. Fiducia in che cosa? Nel produrre merci e scambiarle
con altre merci? Nient’affatto, come vedremo.
La tesi che la dottrina economica, oggi prevalente, va
affermando è che la fiducia è
soltanto un sentimento irrazionale e,
come tale, non può descrivere le scelte degli operatori e non si presta a
modellazioni adatte a fare previsioni economiche. Molto più scientifica è la
tesi, sempre secondo questa dottrina, che gli scambi, quindi l’attività
economica conseguente, avvengono perché gli individui
razionali rendono, così, massima la
propria utilità nel possedere un dato paniere di beni. Questo avviene
sempre, nell’ipotesi che l’utilità
marginale di possedere un bene sia sempre positiva. Ciò vuol dire che
l’individuo
riceve sempre una certa utilità dal possedere un’unità in più di un dato bene, anche se quest’utilità va, via, via, diminuendo al crescere della quantità di bene posseduto.
riceve sempre una certa utilità dal possedere un’unità in più di un dato bene, anche se quest’utilità va, via, via, diminuendo al crescere della quantità di bene posseduto.
Il modello di economia
dinamica, che ammette l’esistenza, in ogni sistema economico, di un’indeterminazione, mostra invece che non è vero che l’utilità marginale è sempre
crescente. Basta pensare che oltre un certo quantitativo di bene posseduto,
ogni individuo rifiuta il bene, cioè
non ne trae più alcuna utilità, bensì disutilità,
un danno, insomma. Ciò dipende dalle caratteristiche d’uso del bene e dalle
condizioni in cui si trova l’individuo. Solo in condizioni di necessità, da distinguere nettamente dall’utilità, l’individuo è portato a
chiedere sempre altri quantitativi del
bene di cui ha necessità.
L’attività economica prende, allora, origine da
qualcos’altro; dalla fiducia di poter
ottenere una quantità maggiore di quella cosa, soltanto, che può calmare la sua
inquietudine quando è presente indeterminazione,
cioè incertezza: la moneta. Sembra di leggere un passo di
Keynes! Vero?
Eppure, queste considerazioni, nel caso in specie, non
scaturiscono soltanto dalla lettura di un passo del grande economista inglese,
ma da una modellazione matematica che si riconduce al fatto che in un sistema
economico è presente indeterminazione,
cioè incertezza, prodotta dal modo in
cui varia l’entropia economica, ossia
da come variano gli stati accessibili
al sistema e la quantità d’informazione
che occorre avere su di essi. Il modello predice che solo la moneta è in grado di sopperire
all’informazione mancante, perché non richiede la conoscenza sull’evoluzione – in greco, έντροπή, ossia entropia – dell’intero sistema, perché vi è un’Istituzione
Cooperativa e Sovrana che se ne fa garante.
La liquidità
è la moneta che l’individuo
acquisisce. Per la sua caratteristica, non riconducibile a quella di nessun
altro tipo di merce, di contrastare l’incertezza,
egli è disposto a cederla, per avviare un’attività
economica, solo se ha fiducia di
poterne ricevere di più. La “preferenza
per la liquidità” cresce quando la fiducia diminuisce, perche l’individuo
vuol tenersi lontano dalla condizione di
necessità, ossia quello stato
fondamentale che può portare alla sofferenza e, infine, anche alla morte.
Il modello di economia
dinamica, salvo condizioni che si riconducono alla presenza di un costo opportunità che comporta un vantaggio comparato, anch’esso
analizzato dal modello in maniera non troppo dissimile, mostra che la preferenza per la liquidità e l’attività economica sono, tra loro,
inversamente proporzionali: quando l’una cresce, l’altra si riduce.
Un caso limite di questo meccanismo è la deflazione da debiti, come denominata
dall’economista americano Irving Fisher. In queste particolari condizioni, l’incertezza è così alta che la fiducia subisce un crollo talmente
repentino da portare gli individui a dismettere
ogni attività produttiva tramite la loro svendita. La causa dell’incertezza
è il debito gravante che riduce l’entropia al punto che ogni informazione posseduta si rivela del tutto
inutile a permetterne l’estinzione.
Questo regime di funzionamento dell’economia è noto da
oltre un secolo, perché Fisher è vissuto tra la fine dell’ottocento e l’inizio
del novecento. Nonostante ciò, la dottrina economica attuale non la ricomprende
tra i suoi modelli basati sull’equilibrio
e, come fa per tutte le condizioni che sono lontane dall’equilibrio macroeconomico generale, affibbia a chi subisce questo
tipo di regime economico gli appellativi più moralistici e offensivi, il più
generoso dei quali è “fallito”.
Il modello matematico dell’economia dinamica ne
dimostra, invece, l’esistenza quando si manifesta una particolare condizione
legata a un’eccessiva contrazione di
emissione monetaria. La causa della deflazione
da debiti è da attribuire a una riduzione
della moneta circolante e la sua sostituzione con una forma sostitutiva della moneta, che, non essendo moneta, non è liquidità, è un’altra cosa: è una crescita del sistema finanziario che
avviene producendo decrescita del sistema
produttivo.
Cerchiamo di essere più chiari. Le attività
finanziarie aumentano la propria attività economica generando credito che si traduce, in maniera
duale, in debito. Inizialmente, solo
una parte del sistema economico entra in debito.
Se, confidando sull’attività finanziaria, è contratta
la quantità di moneta emessa, o questa
liquidità è assorbita da qualcun altro, come, ad esempio, il settore estero, risulta sempre più
difficile recuperare la moneta in grado di estinguere il debito. Aumenta l’incertezza e, conseguentemente, diminuisce
la fiducia e le attività produttive
iniziano a contrarsi, fino alla soglia
limite in cui s’innesca la deflazione
da debiti.
Il modello di analisi dinamica dimostra, inoltre, che
in condizioni di deflazione da debiti,
ogni aumento dell’attività economica si traduce in cessione di moneta verso l’esterno (i creditori) e in una disastrosa riduzione di competitività, perché
i prezzi aumentano moltissimo all’aumentare degli sforzi del sistema per uscire
dalla deflazione da debiti, aumentando l’attività economica (iperinflazione).
L’entropia
economica, nel frattempo, cresce nei sistemi finanziari che, così,
richiedono un’informatizzazione sempre
più efficiente per gestire l’informazione mancante. Nei sistemi debitori,
invece, l’entropia diminuisce sempre più. Il gap entropico è il segno dell’innesco del fenomeno deflattivo. I
sistemi creditori vedono, però, slittare, sempre più nel tempo, le scadenze
delle loro attività (rimborso del capitale finanziato) mentre le loro passività
permangono inalterate. Può così, manifestarsi un altro fenomeno: la crisi finanziaria.
Deflazione
da debiti e crisi finanziaria sono strettamente
connesse tra loro e l’esplosione, dell’una o dell’altra, dipende soltanto
dall’importanza relativa, entro il sistema economico, dei sistemi,
rispettivamente, debitori e creditori. Nel caso, ad esempio, della crisi dei mutui subprime (USA, agosto 2007) la
crisi finanziaria esplose in concomitanza alla deflazione da debiti delle persone che avevano ricevuto questi tipi
di mutui, ma l’importanza di costoro era nettamente inferiore a quella delle
società finanziarie che gestivano l’intera economia.
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