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mercoledì 11 novembre 2015

Dinamica degli scambi non cooperativi



La dinamica competitiva della liquidità e della crescita

Quando è stato presentato il primo principio dell’economia dinamica, si è visto che la ricchezza di un sistema economico è pari alla differenza tra liquidità e crescita. Per capire quale sia la dinamica sottesa alla liquidità e alla crescita è importante capire, prima di tutto, come si trasferisce la liquidità negli interscambi commerciali.
Si considerino, perciò, dei sistemi economici che interagiscono tra loro, con differenti livelli di emissione monetaria. S’intende per emissione monetaria unitaria la quantità di moneta legale emessa dalla Banca Centrale in favore, mediamente, di ciascuna unità del sistema economico, che, poi, si amplifica sotto forma di moneta circolante. Si badi che tal emissione monetaria può derivare anche da valuta emessa da un altro Stato e acquisita negli scambi. Non saranno indagati, in questa fase, i modi in cui si genera il circolante.
L’interazione tra i due sistemi è un’interazione di natura commerciale o di scambio monetario; essa può intendersi, indifferentemente, come l’interazione tra sottosistemi differenti di un sistema economico (ad esempio, lavoratori, imprese e banche) oppure come l’interazione tra sistemi economici nazionali (bilancio tra esportazioni e importazioni di un Paese verso l’altro).
Nell’ambito dell’analisi dinamica dell’economia, è importante capire l’evoluzione dell’interazione tra sistemi quando è presente uno squilibrio monetario; cioè la moneta legale emessa è diversa. Tale squilibrio può crearsi, non necessariamente solo per il differente comportamento delle Banche Centrali, ma anche per il modo in cui la moneta emessa giunge nei vari sottosistemi di un sistema economico. Ad esempio, l’emissione monetaria, tra sistemi nazionali, può anche essere uniforme e, nonostante ciò, giungere in maniera differente nei vari sottosistemi, e tra questi, in quelli numericamente più rilevanti dei consumatori, che in massima parte sono costituiti da lavoratori. In questo caso, quindi, l’emissione di moneta, che causa uno squilibrio monetario, è determinata principalmente dal modo in cui essa si distribuisce e giunge, infine, nel sottosistema dei lavoratori per effetto delle differenti politiche sul lavoro.
Per comprendere l’evoluzione dell’interazione, nel modello di economia dinamica, è sufficiente fare riferimento al principio di massima entropia, per il quale, l’evoluzione effettiva dei sistemi economici interagenti sarà quella che rende massima l’entropia. Nell’ipotesi che l’emissione monetaria si mantenga costante durante l’interazione, secondo il modello di economia dinamica, la variazione di entropia di ciascun sistema è data dal rapporto tra liquidità assorbita ed emissione monetaria unitaria. È allora facile verificare che la liquidità si trasferisce sempre da un sistema con maggiore emissione monetaria unitaria a un’altro con minore emissione monetaria unitaria. In pratica, ciò vuol dire che i sistemi con una domanda più potenziata sono sempre destinati a cedere liquidità a quelli che, invece, tendono a potenziare l’offerta, deprimendo la domanda.
Identificando, mediante un approccio analogico alla termodinamica, la liquidità con il calore e la temperatura con l’emissione monetaria unitaria, si avrà un comportamento del tutto simile a quello di due corpi che scambiano calore a temperatura differente; il calore si trasferisce sempre dal corpo più caldo a quello più freddo. Quando i due corpi raggiungono la stessa temperatura si raggiunge l’equilibrio termico.
Si noti che, in campo economico, potrebbe accadere la stessa cosa; cioè potrebbe raggiungersi un equilibrio monetario tra i sistemi interagenti se la liquidità acquisita nell’interscambio commerciale, da parte del sistema esportatore in surplus, si trasformasse interamente in moneta circolante. In questo modo, infatti, il sistema esportatore aumenterebbe il proprio livello di domanda anche nei confronti dell’altro sistema e ciò ridurrebbe lo squilibrio fino ad annullarlo del tutto.
La permanenza di uno squilibrio monetario tra sistemi interagenti può essere, però, prodotta dal modo in cui si attua l’altra grandezza che compare nel primo principio: la crescita. Ricorrendo, infatti, al primo principio dell’econodinamica è facile riconoscere che la crescita del sistema esportatore, cioè l’aumento dell’attività economica, dal lato dell’offerta, è in grado di sottrarre il quantitativo di circolante che, altrimenti, consentirebbe il riequilibrio monetario. Per far ciò, è sufficiente trasformare il circolante in capitale finalizzato al potenziamento dell’offerta. La crescita è, quindi, in grado di mantenere costante lo squilibrio tra due sistemi interagenti.
Un modo molto efficace per ristabilire l’equilibrio monetario, quando interagiscono tra loro due sistemi nazione tra i quali vige un cambio fluttuante delle valute, è la svalutazione monetaria del sistema in deficit o la rivalutazione monetaria del sistema in surplus. Queste azioni ristabiliscono sia l’equilibrio monetario sia quello commerciale, fatto salvo, un transitorio, detto overshooting, causato dal tempo occorrente all’entropia economica per massimizzarsi. Infatti, occorre del tempo affinché l’informazione economica possa trasferirsi agli operatori; ciò è conseguenza del fatto che l’entropia economica raggiunge il proprio massimo, non in maniera istantanea, ma nel tempo occorrente all’informazione per distribuirsi e raggiungere ogni parte del sistema.
Se, però, la svalutazione monetaria, per sistemi nazionali interagenti, non è possibile perché il cambio è fisso, l’unico modo per ristabilire l’equilibrio monetario è l’attuazione di una svalutazione interna, cioè una contrazione indiscriminata dei salari dei lavoratori in ogni settore, con lo scopo di deprimere la domanda. E si noti che questa è, in realtà, una forma di protezionismo mascherato.
Si potrebbe, anche, pensare che il sistema importatore sia in grado di ristabilire l’equilibrio, da solo, attuando anch’esso una crescita. In effetti, questo è ciò che è ritenuto possibile dalla teoria economica dominante. Invece, il modello di economia dinamica mostra che ciò non è possibile proprio per il carattere irreversibile delle interazioni economiche. Infatti, il sistema in deficit commerciale è soggetto a una crescita inutilizzabile dovuta al fatto che esso non può più usufruire di parte dei capitali propri in grado di generare crescita, poiché la moneta, a essi destinati, è stata ceduta all’esterno. Cioè, è proprio lo squilibrio a impedire al sistema in deficit di poter ristabilire l’equilibrio monetario. Al contrario, il modello econodinamico dimostra che il sistema in surplus usufruisce di una crescita aggiuntiva, prodotta proprio dallo squilibrio.
I capitali esteri, secondo la visione economica attuale, sarebbero l’occasione per il sistema in deficit per attuare la crescita. Invece, il modello di economia dinamica dimostra che essi sono proprio l’effetto della crescita aggiuntiva del sistema in surplus e riducono ancora di più le capacità di crescita del sistema in deficit, perché contraggono l’attività economica dei sistemi finanziari di chi è in deficit. In termini più semplici, essi rappresentano debito estero che il sistema in deficit accumula e che porta all’esasperazione dell’incertezza degli operatori economici, dopo un certo tempo in cui essi realizzano l’impossibilità di far fronte agli impegni finanziari. E ciò è dovuto proprio al fatto che l’entropia non si massimizza subito ma richiede sempre del tempo dipendente dal modo in cui viaggia l’informazione.
Il modello di riferimento di una svalutazione interna, per l’attuale dottrina economica, è un modello che prende il nome di modello AS-AD. L’economia dinamica mostra, però, sempre ricorrendo al principio di massima entropia, che un sistema economico in deficit commerciale non ha alcuna possibilità di ridurre lo squilibrio, anche se ciò può apparire possibile nelle prime fasi, quando, cioè, l’entropia economica non ha ancora raggiunto il suo massimo. Anzi, esso può essere sospinto verso la deflazione da debiti e, come abbiamo accennato, questa condizione è sempre accompagnata dal rischio d’innesco di una crisi finanziaria del sistema in surplus.
Questa situazione si determina se i sistemi economici si confanno a un modello globale orientato solo alla competizione e a una totale assenza di cooperazione. Il risultato di questa ricerca ossessiva della competizione è la creazione di squilibri perenni con condizioni deflattive, da un lato, e crisi finanziarie, dall’altro che producono una continua e perdurante instabilità.

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