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mercoledì 25 novembre 2015

La moneta endogena



La ricchezza prodotta in termini monetari

Abbiamo visto, nel post precedente che la Teoria Quantitativa della Moneta (TQM) non prende in considerazione il rischio d’innesco della deflazione da debiti. Tuttavia, questa, pur essendo la condizione più grave, non è certamente l’unica condizione critica che un sistema economico può attraversare. Infatti, prima che essa possa essere raggiunta, il sistema economico attraversa fasi di gravità gradualmente crescente che, alla fine, conducono alla regione deflattiva.
Riprendiamo in esame l’identità degli scambi di Fisher: P·Q = v·M. In quest’uguaglianza, il prodotto P·Q è la ricchezza prodotta e coincide con la moneta circolante v·M. Una delle ipotesi di base del modello monetarista, che si riconduce alla TQM, è che la velocità di circolazione è costante, giacché legata a fattori istituzionali e, precisamente, di diritto privato, che investono il funzionamento delle diverse figure economiche di un sistema complesso.

È, infatti, ovvio che il sottosistema delle imprese debba avere una velocità di circolazione più alta di quella dei lavoratori, le banche ancora più alta di quella delle imprese, gli intermediari finanziari ancora più alta di quella delle banche. Dovrebbe succedere, così, che il solo effetto moltiplicativo costante della velocità di circolazione sia sufficiente a determinare la quantità di moneta circolante. Si dice, in questo caso, che la moneta circolante ha natura esogena perché determinata univocamente dall’input esterno al sistema costituito dall’offerta di moneta da parte della Banca Centrale.
Quanto detto, però, è vero solo quando il sistema economico sta operando al massimo delle proprie capacità produttive. Non è più vero se il sistema economico tende a contrarsi a seguito di fattori esogeni che inducono incertezza negli operatori.
Come abbiamo visto nel caso del livello dei prezzi, possiamo costruire un diagramma tridimensionale: attività economica – emissione monetaria – ricchezza prodotta (o moneta circolante). In tale diagramma tridimensionale, ricorrendo alle conclusioni della TQM, dovrebbe ottenersi un piano con giacitura parallela all’asse dell’attività economica, rappresentato in Figura 1 con il colore verde. In queste condizioni, si nota che la ricchezza prodotta dipende soltanto dall’emissione monetaria. La ricchezza così prodotta, secondo questa visione, è, però solo nominale giacché il livello di produzione finale si dovrebbe ottenere all’equilibrio tra domanda e offerta.
 
Il confronto tra la ricchezza prodotta o moneta circolante tra la Teoria Quantitativa della Moneta e il modello di economia dinamica
Figura 1
Il livello dei prezzi reale dei prodotti e del lavoro occorrente a produrli – il salario – dipendono dal verificarsi dell’equilibrio tra domanda e offerta e dal modo in cui si governa l’emissione monetaria, cioè l’offerta di moneta per le attività produttive. Il controllo dell’emissione di moneta è funzionale a garantire un livello dei prezzi reale più basso di quello dei concorrenti, in modo da rendere il sistema economico più competitivo, a livello internazionale, con lo scopo di aumentare la propria ricchezza reale, cioè quella che si forma nella dinamica degli scambi. Ciò si ottiene agendo sull’emissione monetaria. Anzi, vedremo meglio in seguito che è proprio l’emissione monetaria, in particolare quella associata alla spesa pubblica, il fattore determinante nella competizione internazionale. I Paesi che hanno un controllo più rigido dell’emissione monetaria e, quindi, un controllo più rigido dei deficit di bilancio pubblici, si trovano sempre in vantaggio rispetto ai concorrenti.
Fin qui, la descrizione fatta si riferisce a un sistema economico che operi al massimo delle proprie capacità produttive. Tuttavia, se un sistema economico si trova in vantaggio rispetto agli altri, questi ultimi, ovviamente, si troveranno in svantaggio. All’interno dei sistemi che si trovano in svataggio inizia a generarsi incertezza causata dal fatto che la propria attività produttiva sta subendo una contrazione: le imprese vendono meno e rimangono indebitate con le banche; le banche rilevano sofferenze che si traducono in crediti sempre meno esigibili. Il modello dinamico mostra che l’entropia diminuisce, segnale evidente che gli stati accessibili si riducono.
Sempre in figura 1, è riportata la superficie rosso-celeste che si ottiene applicando il modello di economia dinamica, derivato dall’applicazione del principio di massima entropia. La regione di colore rosso è quella della deflazione da debiti. Se osserviamo la superficie celeste si nota che essa tende ad avvicianarsi sempre più al piano verde (TQM) quando l’attività economica tende a crescere sempre più. Pertanto, la Teoria Quantitativa della Moneta e il modello di economia dinamica tendono a coincidere quando il sistema economico è ben sviluppato.
Vi è, tuttavia una parte di superficie celeste che si discosta parecchio dall’andamento previsto dalla TQM. Tale scostamento è tanto più forte quanto più l’attività economica è contratta e tende a raggiungere la regione della deflazione da debiti. Quest’ultima è sempre presente, per qualsiasi livello di attività economica, quando l’emissione monetaria è troppo contratta. Questa regione, prossima a quella deflattiva, può essere denominata regione della pre-deflazione.
I sistemi economici che hanno subito l’azione negativa di uno squilibrio commerciale iniziano, quindi, a spostarsi sulla superficie celeste verso la regione deflattiva e lo scostamento dalla superficie verde (modello TQM) diventa sempre più forte. In queste condizioni, il modello di economia dinamica mostra che la generazione del circolante non può più considerarsi esogena, cioè governabile con il rigido controllo della moneta descritto per i sistemi al massimo delle proprie capacità produttive. In queste condizioni, la generazione del circolante dipende da un fattore endogeno (interno) al sistema: la preferenza per la liquidità. Per la verità, il modello di economia dinamica mostra che sempre il circolante è causato dal fattore endogeno preferenza per la liquidità che, però, tende a diventare sempre meno influente all’aumentare dell’attività economica.
Si nota, quindi, che la velocità di circolazione non è sempre costante. Per essere più precisi, la velocità di circolazione istituzionale, cioè le funzioni svolte dai vari agenti economici – lavoratori, imprenditori, banchieri, finanzieri – restano immutate ma la velocità effettiva di circolazione si riduce con l’accrescersi della preferenza per la liquidità che sottrae moneta circolante generando, invece, moneta ristagnante sotto forma di risparmi. La velocità effettiva di circolazione si riduce, non per il comportamento degli agenti, ma a causa delle interruzioni del circuito monetario prodotte dalla preferenza per la liquidità. È vero che questi ultimi vengono immessi nuovamente in circolo tramite le attività finanziarie (es. titoli di borsa), ma queste, in condizioni di elevata preferenza per la liquidità, non si orientano più verso le attività produttive, che sono depresse dalla riduzione della domanda di beni di cui il risparmio è causa, ma si orientano verso le attività speculative di breve termine (short termism).
Il modello econodinamico, nella regione di pre-deflazione, intermedia tra la condizione di deflazione da debiti e la condizione di massimo impiego delle attività produttive ricalca in modo molto fedele la teoria keynesiana della preferenza per la liquidità. In questa regione, com’è possibile vedere dalla figura 1, l’attività economica risulta contratta. Ciò avviene non perché gli operatori economici siano accidiosi, ma perché la loro crescita è contrastata da qualcos’altro: dal diffondersi del debito privato e dal concomitante ristagno monetario non impiegato in investimenti produttivi. Entrambe queste cause riducono la possibilità di crescita, cioè di sviluppo delle attività produttive.
La soluzione sarebbe “far giungere i capitali dall’estero” ma tali capitali rappresentano una crescita finanziaria del sistema estero e una decrescita dei sistemi finanziari nazionali che vedono, così, ulteriormente contratta la loro possibilità di azione nel futuro. Ci sarebbe un’altra soluzione, ma è un’eresia parlarne oggigiorno. È la spesa pubblica, in deficit di bilancio da parte dello Stato (quando esso è sovrano), che genera sviluppo mediante emissione monetaria accompagnata da crescita. Perché è un’eresia? Perché il paradigma di riferimento oggi vigente tra Nazioni è la competizione ad ogni costo, non la cooperazione. Tutti devono diventare competitivi per esportare … Dove? Sulla Luna?

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