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Sintesi

Si sintetizzano, schematicamente, le conclusioni del libro che non derivano da considerazioni empiriche ma dall’applicazione del modello nel sesto, settimo e parte finale dell’ottavo capitolo. I capitoli che precedono costituiscono l’esplicitazione di fatti empirici e richiami a meccanismi economici accompagnati dalla presentazione graduale di una grandezza, l’entropia economica, che, scaturendo da un modello (Bernoulli) della teoria delle decisioni, si mostra capace di interpretarli e analizzarli.
Ricorrendo al modello messo a punto si ottiene quanto segue.
· La funzione di produzione neoclassica dei fattori produttivi capitale e lavoro non può essere definita come funzione univoca, a livello aggregato. Solo in campo microeconomico essa può avere un senso.
· Il capitale non può essere definito univocamente senza valutare in che modo varia il livello dei prezzi (conclusione del tutto identica a quella di Sraffa).
· La crescita non dà luogo a configurazioni univoche dei sistemi economici ma tali configurazioni dipendono dal modo in cui variano gli effetti del capitale in base all’evoluzione del livello dei prezzi.
· La produzione non può essere espressa come funzione univoca del livello dei prezzi. Al contrario, il livello dei prezzi è funzione univoca dell’attività economica (produzione) ma tale ultima funzione non è invertibile e può dare luogo solo a una “relazione non funzionale” tra produzione e prezzi.
· La relazione che lega la produzione ai prezzi, analoga alla cosiddetta curva AD secondo la sintesi neoclassica, presenta un “tratto iniziale ascendente”, quindi un massimo relativo ed è poi decrescente. Nel tratto in cui la curva suddetta è ascendente (in maniera molto ripida) è presente “debito diffuso”. Tale zona di funzionamento dell’economia è chiamata, nel modello, la “regione della deflazione” (da debiti).
· Il tipo di legame descritto è analizzato anche per i sistemi economici che possiedono un “vantaggio comparato”. Per questi, la criticità è ancora maggiore perché la regione deflattiva è più estesa. Questi sistemi sono, infatti, molto sensibili a una competizione con altri sistemi che possiedono un vantaggio assoluto.
· Il modello neoclassico AS-AD dell’equilibrio di medio e lungo periodo è inadatto a descrivere l’evoluzione di sistemi economici in deficit commerciale o che siano stati sospinti ad avvicinarsi alla regione deflattiva. L’azione di politiche economiche fortemente restrittive (svalutazioni interne) può produrre livelli di indebitamento ancora più alto e depressione o, persino, deflazione da debiti, se è assente un qualche supporto di liquidità o, peggio, avviene con sottrazione di liquidità.
· L’analisi della distribuzione dei redditi permette di individuare l’esistenza di più sottosistemi all’interno di un sistema economico che differiscono tra loro per velocità di circolazione, livello di emissione monetaria e “preferenza per la liquidità”. I differenti tipi di sottosistemi presenti in un sistema economico sono prodotti da vincoli esogeni quali norme vigenti e diritto consolidato (classi sociali).
· È possibile eseguire un’analisi dei redditi individuando la distribuzione statistica che ha la massima probabilità di verificarsi (principio di massima entropia). Da tali distribuzioni del reddito può individuarsi la ricchezza (moneta circolante) e il tipo di grandezze di scambio che entro il sistema complessivo definiscono le loro mutue interazioni.
· Le grandezze di scambio sono di due tipi: crescita economica (legata all’offerta) e liquidità (legata alla domanda). Esse producono effetti diversi su un sistema economico in base all’evoluzione del sistema, in termini di livello dei prezzi e di esposizione debitoria o creditizia. Gli effetti combinati delle grandezze di scambio determinano la configurazione di un sistema economico “senza alcuna necessità di ricorrere al concetto di equilibrio” sia di breve, sia di medio, sia di lungo periodo.
· La moneta emessa è una grandezza esogena, nel modello, ma il circolante è endogeno perché dipende non solo dalla velocità di circolazione e dall’emissione monetaria ma anche dalla “preferenza per la liquidità”. Non riferendoci più al concetto di equilibrio, consideriamo una grandezza endogena quando essa deriva dal modello, esogena quando da essa si ottengono i valori delle grandezze endogene. Il reddito, come il circolante, è endogeno, non esogeno, perché determinato da grandezze esogene come gli scambi (velocità e natura), l’emissione monetaria, la preferenza per la liquidità e la natura dei vincoli (norme contrattuali e di diritto).
· La preferenza per la liquidità è un “pacchetto di scambio”, mai nullo, che definisce assieme alla velocità degli scambi e all’emissione monetaria il livello di reddito, che l’individuo vuole acquisire per tenere lontano lo stato di necessità (motivo precauzionale) o per acquisire ulteriore liquidità (motivo speculativo). La preferenza per la liquidità è inversamente proporzionale all’attività economica. Essa, quindi, cresce quando l’attività economica si riduce, diminuisce quando l’attività economica aumenta.
· Non può esistere alcun reddito senza “preferenza per la liquidità” che sottende la formazione dei risparmi. A livello aggregato, tuttavia, l’emissione monetaria deve avere la priorità sui risparmi perché, se questa è insufficiente, il sistema economico collassa in regione deflattiva (eccessivo livello di indebitamento).
· La teoria quantitativa della moneta è un’approssimazione del primo ordine del modello messo a punto. Funziona bene quando la preferenza per la liquidità è piccola. Non funziona affatto quando la preferenza per la liquidità, associata al desiderio di detenere moneta, è molto alta. In questo caso, la dottrina keynesiana appare completamente rivalutata e si rivela essere molto più aderente al modello, nella descrizione del funzionamento dei sistemi economici.
· Il modello evidenzia un parametro denominato “fattore monetario”. Questo parametro determina come si trasferisce l’emissione monetaria da un sottosistema a un altro, secondo il canale tradizionale di emissione della moneta. La moneta transita da sistemi con più alto fattore monetario verso quelli con minore fattore monetario. Se durante questo transito, si ha un’interruzione in qualche sottosistema, per eccesso di preferenza per la liquidità, il decorso della moneta si blocca ed essa non giunge più verso i sottosistemi più depressi. Quando ciò si manifesta, è essenziale un secondo canale monetario (es. canale monetario del tesoro) in grado di giungere direttamente sui sottosistemi depressi.
· La preferenza per la liquidità è inversamente proporzionale all’attività economica produttiva ed essa è, inoltre, strettamente connessa all’incertezza. Quest’ultima è un’indeterminazione che può essere risolta solo da informazione che sopraggiunge tramite l’emissione monetaria. La moneta ha, infatti, il ruolo di “trasmettere informazione” risolvendo incertezza. L’informazione è, infatti, per definizione, risoluzione dell’incertezza (Shannon). È possibile individuare in campo economico una sorta di “principio d’indeterminazione” che lega tra loro tre grandezze: l’incertezza (indeterminazione per definizione), moneta emessa e fiducia degli operatori.
· Il tasso d’interesse critico keynesiano in corrispondenza del quale si produce “trappola della liquidità” è un parametro endogeno ottenuto all’interno del modello. Esso è strettamente connesso al meccanismo endogeno che genera il circolante.
· La moneta è tutt’altro che neutrale. Il suo controllo rigido privilegia alcuni sottosistemi a danno di altri a causa di una forte “asimmetria” nella gestione dell’informazione, in cui la moneta svolge il ruolo di rendere completa e coerente l’informazione tradizionale.
· La moneta (legale) è un parametro esogeno che può regolare in modo univoco un sistema economico omogeneo (un sottosistema) perché, a differenza di altri titoli di credito o debito, nasce come promessa di pagamento, con una garanzia sul debito che lo estingue del tutto. I flussi finanziari (movimenti di capitale) non possono fare lo stesso perché, lungi dall’essere liquidità (transazioni monetarie), sono una crescita dei sistemi finanziari (garanzie nei bilanci) i cui effetti dipendono dall’evoluzione del sistema, in particolare da come evolve il debito. Essi sono strettamente connessi al formarsi dei risparmi e, perciò, alla preferenza per la liquidità, a fini speculativi, dovuta a incertezza.
· L’inflazione non è prodotta da un eccesso di moneta circolante ma da un eccesso di moneta ristagnante quando cresce l’incertezza a un livello di fiducia costante. Essa dipende anche dalla scala dell’attività produttiva. Le manovre monetariste antinflazionistiche hanno l’effetto di ridurre il livello di fiducia degli operatori e deprimono i sistemi economici che sono, così, ancora più esposti a subire  gli effetti di un deficit commerciale. L’inflazione e la perdita di produttività di un sistema economico non sono la causa di un deficit commerciale ma la conseguenza, giacché sono gli effetti dell’incertezza.
· L’iperinflazione è del tutto diversa dall’inflazione. Essa ha origine nella regione deflattiva, quando il debito è, in concreto, inestinguibile (Repubblica di Weimar e iperinflazione argentina). Per effetto del primo tratto ascendente, in maniera molto ripida, del legame prezzi – produzione, ogni incremento dell’attività economica genera vertiginose variazioni dei prezzi.
· La moneta rende completa l’informazione economica che giunge agli operatori, tramite i prezzi monetari, non necessariamente di equilibrio, perché, grazie a essa, non occorre attingere informazione su come evolve il debito. Essa permette di regolare il livello di fiducia degli operatori economici se è presente incertezza anche di altra natura in virtù del citato “principio d’indeterminazione”.
· L’evoluzione del debito è associata a un numero di stati, raggiungibili dai sistemi economici, enormemente grande, pressoché caotica. Su tale evoluzione non può trarsi alcuna informazione se non esiste sufficiente moneta emessa che permetta di estinguerlo. L’entropia, che rappresenta la mole d’informazione occorrente a gestire l’attività economica, è, infatti, inversamente proporzionale all’emissione monetaria e le variazioni di quest’ultima ne permettono anche un’efficace regolazione. Il controllo rigido dell’emissione monetaria rende, invece, molto critica la gestione dell’informazione.
· L’informazione che comprende l’evoluzione del debito, cioè il numero di stati che un sistema economico può raggiungere, è chiamata “entropia economica” ed è una grandezza perfettamente misurabile come si dimostra nel testo. Anzi, come detto, è la grandezza principe che sta alla base di tutta l’analisi svolta. Eccessivi differenziali di entropia tra un sistema e un altro sono il segnale del formarsi di squilibri che inducono instabilità nei sistemi economici. Un livello eccessivo di differenziale entropico indica l’incipiente formazione di un pericoloso punto di rottura, tanto più grave quanto più lontano nel tempo esso è spostato da una gestione informatizzata ed efficiente dell’informazione tradizionale, ma che non può reggere indefinitamente “la mole di caos che l’entropia è in grado di generare” (crescita esponenziale).
· Gli squilibri sono prodotti dal differente modo in cui è gestita l’emissione monetaria nei vari sistemi economici. La liquidità che rappresenta la grandezza di scambio associata ai trasferimenti monetari (la domanda) si trasferisce sempre da sistemi con maggior emissione monetaria a quelli con minor emissione monetaria. Il meccanismo della competitività, normalmente associato ai prezzi, è solo un effetto di questo meccanismo, non la causa principale.
· I prerequisiti per portarsi in vantaggio nella competizione economica sono un rigido controllo dell’emissione monetaria, che porta a moderazione salariale, e una crescita dei sistemi finanziari che drenano dal sistema ancora più moneta circolante (i risparmi) per attuare crescita. Così facendo, però, fomentano sia gli squilibri esterni, sia quelli interni rendendo instabile il sistema.
· Gli squilibri possono essere ridotti solo facendo in modo che il sistema in surplus emetta moneta al proprio interno (aumento dei salari) in modo da ripristinare l’equilibrio tra le emissioni monetarie dei sistemi interagenti. La svalutazione monetaria ha lo stesso identico effetto ma si manifesta in presenza di overshooting che rappresenta, nel modello, la fase transitoria in cui l’entropia del sistema non ha ancora raggiunto la condizione di massimo a seguito della perturbazione.
· La soluzione è un meccanismo a “camera di compensazione” con moneta di riserva internazionale, esente dal dilemma di Triffin, con saldi sempre pari a zero e in cui il conto finanziario confluisce nel conto corrente con il segno cambiato. In questo modo, anche le svalutazioni o rivalutazioni monetarie sono esenti da overshooting perché agganciate alla valuta di riserva.
· Il sistema monetario internazionale deve consentire, quindi, il “ripristino degli squilibri” mediante azioni cooperative e non più il raggiungimento di un “equilibrio di lungo periodo” lasciando libere di agire le forze del mercato.
Il libro si avvale anche di molti riferimenti empirici sulla moneta (cap. 4) e sulla finanza (cap. 5), storici (cap. 8) e confronti con le crisi più importanti avvenute in questi ultimi anni, prodotte da squilibri (cap.9).