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venerdì 13 novembre 2015

Il controllo della moneta



Il salasso di moneta

Il salasso è una pratica medica antichissima, nata dalla convinzione che la malattia avesse origine dalla presenza di cattivi umori in eccesso, che occorreva eliminare dall’organismo perché dannosi. La pratica fu molto diffusa nel Medioevo e si protrasse fino al XVIII secolo; essa consisteva nel ridurre drasticamente la massa di sangue circolante. Sebbene, oggi, alcune capacità curative della pratica siano riconosciute dalla medicina ufficiale, nel passato se ne fece un uso, talvolta, smodato, al punto da essere praticata comunemente dai barbieri, con conseguenze nefaste sui malati.
La teoria quantitativa della moneta è una visione dell’economia, prevalentemente ancorata alla dottrina monetarista, che associa l’inflazione, cioè l’aumento del livello dei prezzi, direttamente all’eccessiva quantità di moneta circolante. Pertanto, la soluzione al problema dell’inflazione può essere trovata riducendo drasticamente la massa di moneta circolante.

L’approccio monetarista si sposa, nella visione mainstream, con la tesi neoclassica della concorrenzialità perfetta che predice l’esistenza di un ottimo paretiano dei sistemi economici, cioè di una condizione in cui tutti gli operatori massimizzano contemporaneamente la propria utilità, in regime competitivo – e mai cooperativo – tra gli agenti economici. Questo mix, tra teoria quantitativa della moneta e concorrenzialità estrema, porta a una gestione dell’economia la cui preoccupazione principale è la stabilità dei prezzi mantenuti a un livello il più basso possibile per rendere il sistema economico sempre più competitivo nella dinamica degli scambi commerciali. È quindi logico, sulla base di tali premesse, concludere che la massa di moneta circolante debba essere tenuta sotto controllo. Due sono gli strumenti deputati a fare ciò: uno è la tassazione; l’altro è l’indipendenza della Banca Centrale dallo Stato che impedisce a quest’ultimo di chiedere improvvide emissioni di moneta per fini politici e sociali.
La modellazione dell’economia dinamica mostra che la teoria quantitativa della moneta approssima il comportamento dei sistemi economici in modo abbastanza fedele solo quando la preferenza per la liquidità e, quindi, l’incertezza sono trascurabili. Per quei sottosistemi economici caratterizzati da un’elevata preferenza per la liquidità, causata da incertezza, la teoria quantitativa della moneta tende, invece, a diventare del tutto inappropriata e si rivela devastante per quelli prossimi allo stato di deflazione da debiti. Non si entrerà, in questo post, nel merito della modellazione matematica che dimostra ciò, ma si cercherà di far vedere quali sono gli elementi che, empiricamente, permettono di comprendere perché si può affermare che il controllo rigido della moneta può provocare effetti nefasti in campo economico.
La moneta segue un decorso ben preciso, sul quale ci si soffermerà meglio in altre occasioni; per ora basta solo osservare che essa è emessa dalla Banca Centrale ed è prestata alle banche. Queste, a loro volta, anche a seguito di prestiti ripetuti tra Istituti di credito, la prestano alle imprese per consentire l’avvio delle attività produttive. A loro volta, le imprese impiegano i prestiti bancari per pagare i mezzi di produzione e l’attività lavorativa. Anche il pagamento dei mezzi di produzione comporta il pagamento di altre attività lavorative. Partendo quindi dalla Banca Centrale, attraverso le banche, poi le imprese, la moneta giunge ai lavoratori che restituiscono la moneta ricevuta, durante la fase di consumo, alle imprese, queste alle banche e, infine, le banche restituiscono il tutto alla Banca Centrale. A questo punto la moneta si estingue, sparendo del tutto dalla circolazione, per essere poi ricreata in un nuovo circuito. 
Quello sopra descritto è detto circuito della moneta. Sembrerebbe un circuito in cui nulla si perde e tutto si recupera; ma non è così.
Infatti, a ogni passaggio, nella fase di distribuzione, è sempre presente un tasso d’interesse del prestito: le banche devono restituire al tasso di sconto fissato dalla Banca Centrale; le banche si prestano denaro a un prefissato tasso d’interesse; le imprese ricevono un prestito che devono restituire con gli interessi. Non solo. In fase di consumo, può accadere che non tutto il prodotto sia consumato. E a questo punto sorge una domanda fatidica: ma se banche e imprese hanno immesso nel circuito una data quantità di moneta, seppur amplificata nel passaggio da una figura all’altra, come fanno imprese e banche a restituire la quantità prestata, più gli interessi? Dov'è la quantità di moneta corrispondente all'interesse sul prestito?
Si nota, perciò, che in ogni circuito monetario è sempre presente moneta mancante. Ci sono solo tre possibilità per far fronte alla moneta mancante: 1 – la mette lo Stato con la Spesa Pubblica; 2 – la mette il settore estero tramite le esportazioni; 3 – si forma debito privato.
Analizziamo le tre condizioni. Se la moneta mancante è messa dallo Stato, si forma debito pubblico che, se lo Stato è sovrano, cioè ha il controllo della propria emissione monetaria, non è un grosso problema. Lo è, invece, eccome se lo è, quando lo Stato ha perso la sovranità sulla moneta emessa. In quest’ultimo caso, sono i mercati finanziari, e i tassi d’interesse da questi dettati, a limitare l’azione dello Stato che, per contenere il deficit di blancio e gli interessi passivi, è obbligato a non compensare la moneta mancante.
Se il Paese esporta più di quanto importa, la quota di moneta mancante può essere immessa da un altro Paese che ha importato i prodotti del sistema economico nazionale. È chiaro che chi importa di più, cioè ha una domanda di beni sostenuta, verso l'estero, è penalizzato, in quanto vede crescere la moneta mancante, e questo comporta un aggravio del disavanzo pubblico e, quindi, del debito pubblico o un aumento del debito privato.
La terza situazione è quella per cui il debito privato inizia a diffondersi sempre più. Ciò perché le imprese e, anche, le banche sono obbligate a indebitarsi mediante attività finanziarie a lunga scandenza con soggetti che gestiscono accumuli monetari sottratti alla circolazione sotto forma di risparmi. La compensazione avviene, quindi, tramite le attività finanziarie associate alla creazione di debito da una parte e credito dall’altra. Ciò comporta la modifica, entro il sistema economico, del modo in cui le unità accedono ai vari stati, cioè ciò che possono o non possono fare. Il debito è associato a una riduzione di entropia economica, per cui le unità in debito non possono più accedere a determinati stati, ad esempio prestiti a tasso agevolato. Al contrario, il credito è associato a crescita di entropia economica, ossia a nuovi stati accessibili; alcuni di questi appaiono favorevoli, ma col tempo (occorrente all'entropia per massimizzarsi) taluni di questi possono rivelarsi molto sgraditi: ad esempio, il credito può diventare sempre meno esigibile. Inoltre, la crescita di entropia è accompagnata da informazione mancante, in particolare, su come evolverà il debito che è la controparte del credito. Il gap entropico genera incertezza negli operatori e cresce la preferenza per laliquidità.
Si noti che l’entropia economica richiede del tempo per massimizzarsi e gli operatori realizzano il proprio stato, solo a cose fatte. Se perdura la moneta mancante, che, se fosse invece presente, potrebbe estinguere il debito e ristorare il credito, iniziano a manifestarsi situazioni spiacevoli come trappola della liquidità, deflazione da debiti e crisi finanziaria.
Vi è un’altra cosa che può nascondere la gravità del debito privato che s’insinua gradatamente nel sistema economico. È la velocità di circolazione della moneta. In presenza di debito diffuso, infatti, le unità cercano di scambiare più rapidamente, in un dato intervallo di tempo, per cercare di recuperare la quantità monetaria che serve per estinguere il debito. Più elevata è la velocità di circolazione meno appariscente è il debito. È come il gioco delle sedie musicali in cui un certo numero di giocatori, mentre si suona una musica, corre attorno a delle sedie, in numero minore a quello dei giocatori, e più velocemente essi corrono, più appare possibile riuscire a trovare la sedia su cui sedersi. Quando però la musica finisce, ci sono sempre giocatori che restano in piedi. Quando l’incertezza cresce, la velocità di circolazione tende a ridursi e, come il gioco delle sedie musicali, il debito si manifesta in tutta la sua gravità, generando altra incertezza finché chi realizza il proprio stato d'insolvenza si ferma del tutto.
La riduzione indiscriminata della moneta circolante non può che accrescere la moneta mancante e, quindi, produrre effetti nefasti che sospingono i sistemi economici verso la deflazione da debiti (che comporta il fermo dell'attività produttiva a causa dello stato d'insolvenza). Se questa condizione si diffonde tra gli operatori, può aversi il tracollo totale del sistema produttivo.
Allo stesso modo dei medici medievali che praticando il salasso ai malcapitati pazienti ne causavano la morte, il salasso di moneta circolante può portare un sistema economico alla deflazione da debiti, che può considerarsi la più nefasta tra le configurazioni che può assumere un sistema economico. Tra l'altro, tale condizione è responsabile dell’iperinflazione, che si manifesta quando i sistemi fortemente indebitati tentano di sottrarsi alla propria condizione debitoria facendo crescere l'attività economica degli operatori, che, però, per l'esasperata ricerca di liquidità, nei vari passaggi che intervengono durante gli scambi, fanno lievitare i prezzi in maniera vertiginosa.
È di questi giorni la notizia che il presidente della BCE, Mario Draghi, ha annunciato che a partire da dicembre verrà ulteriormente potenziato il Quantitative Easing, cioè l’emissione quantitativa e massiccia di moneta, con lo scopo di realizzare anche opere pubbliche. Sembra proprio che qualcuno, che ha il polso dell’economia più di chi si atteggia a fare proclami, si sia accorto che c’è qualcosa che non va nel modo in cui si è agito finora.

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