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lunedì 19 ottobre 2015

Il non equilibrio

Perché l’economia dinamica


Perché vogliamo parlare di economia dinamica o econodinamica o economia del non equilibrio? La risposta è che la condizione di equilibrio ottimale predicata dalla teoria neoclassica, l’equilibrio macroeconomico generale, che sarebbe quella condizione per cui tutti gli operatori massimizzano la propria utilità, uguagliando domanda e offerta tutti contemporaneamente, è una condizione lontanissima dalla realtà.
Rispetto alla dottrina dell’equilibrio, è vero, invece, il contrario. Le condizioni critiche, in assenza di provvedimenti esterni, attuati da qualcuno che interviene dall’esterno del sistema economico sono sempre presenti, mentre si generano continuamente condizioni che rendono instabili i sistemi economici. Altro che laissez faire, la presenza dirigistica dell’economia, oggi, è evidente in ogni settore, la spinta alla crescita, il livello di tassazione cui non corrisponde un analogo livello dei servizi, i tagli di spesa, le limitazioni a questo e quello o gli incentivi a una e all’altra cosa sono evidentissimi. La mano che guida l’economia è percepibile,
eccome se lo è; non è più una mano invisibile. Questo accade molto più spesso, ora, rispetto a qualche decina di anni fa, perché è stato rimosso qualcosa che, prima, stabilizzava l’economia; una sorta di volano che manteneva la stabilità dei cicli economici.
Occorre riappropriarci di questo volano, in grado di accumulare l’energia economica nei momenti migliori e rilasciarla nei momenti in cui il sistema tende a incepparsi, a fine di garantire stabilità al sistema economico.
Nella visione economica, oggi dominante, l’economia è statica e, in queste condizioni, essa è armoniosa e perfetta. Sempre nella visione economica dominante, quando l’economia si allontana dalla condizione di equilibrio, diventando dinamica, la descrizione dell’economia muta radicalmente e la sua descrizione, allora, diventa un’elencazione di bassezze, immoralità, incapacità, inettitudini. Questo modo di pensare è, in realtà, la visione dirigistica aziendale applicata alla macroeconomia.
 In realtà, l’economia non è affatto come un cavallo a dondolo che oscilla attorno a una configurazione di equilibrio ma, come affermava Keynes, è un cavallo imbizzarrito e, come tale, va domato. Solo allora, esso può rivelarsi utilissimo a una moltitudine di cose.
Le crisi ricorrenti sono il sintomo di un’instabilità congenita dell’economia; cioè di una configurazione di ogni sistema economico tale per cui esso tende ad allontanarsi indefinitamente dalla configurazione di equilibrio, quando perturbato da cause esogene, anziché avvicinarsi a essa. E ciò può avvenire in maniera del tutto imprevedibile, qualora non s’individui lo strumento in grado di attenuare la tendenza all’instabilità. Occorre però farlo, non con una visione dirigistica, ma studiando attentamente le leggi del caos che sono all’origine di tale tipo di comportamento dell’economia. La grandezza che determina come evolve il caos è universalmente nota col nome di entropia.
Certamente, tale studio può apparire noioso e anche intriso di pessimismo, ma questo è un piccolo prezzo da pagare per evitare di perdere tutto ciò che sinora si è conquistato.

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