Scelte non cooperative e squilibri commerciali
L’entropia economica è la misura dell’informazione richiesta in campo economico. Essa
tende sempre a massimizzarsi,
compatibilmente con i vincoli presenti e ciò rende incompleta l’informazione, perché ogni transazione, essendo, per sua
natura, irreversibile, dà origine a perdita d’informazione. La moneta estingue in modo definitivo ogni transazione;
infatti, con la cessione di moneta al termine di una transazione, cessa ogni
necessità di valutarne ogni altra evoluzione
futura.
La moneta ha, però, anche carattere creditizio, cioè essa può essere prestata, a un dato tasso d’interesse, per permettere
l’espansione delle attività produttive. La quota
interessi è, però, moneta mancante
che genera credito, da una parte, e debito, dall’altra. Se non esiste la
moneta corrispondente alla quota
interessi, perché nessuno la immette, al sistema occorre informazione aggiuntiva
sulla sua evoluzione futura.
Non a caso il termine “entropia”, in greco, significa proprio “evoluzione”. Pertanto che chi
è in credito ha un’entropia maggiore perché richiede informazione sull’evoluzione del proprio investimento.
Invece, quando un sistema economico possiede un eccesso di debito non
estinguibile tramite la moneta circolante,
esso perde la possibilità di accedere a determinati stati; pertanto, il suo livello di entropia si riduce e
l’informazione acquisita perde di significato, poiché molte cose non possono
essere più fatte, in quanto inaccessibili.
In figura 1,
è rappresentato l’aspetto dell’entropia,
in funzione dell'attività economica e dell'emissione monetaria, per un prefissato sistema economico con una data velocità di circolazione. Come abbiamo visto per la ricchezza e il
livello dei prezzi, il colore rosso della superficie tridimensionale rappresentata indica
la condizione di deflazione da debiti.
La figura mostra che l’entropia ha un andamento
sempre crescente sia con l’attività economica, sia con l’emissione monetaria.
L’aumento di attività
economica fa accrescere il numero di configurazioni che il sistema può
assumere. L’entropia, in questo caso, aumenta perché cresce il numero di stati
alternativi (microstati) o repliche del
sistema che possono dare luogo a una stessa configurazione macroeconomica. Quanto
più alto è questo numero di repliche, tanto maggiore è la probabilità che la
configurazione macro possa essere raggiunta. Ciò indica, però, che la probabilità del verificarsi di una
singola replica è anche molto bassa e l’informazione sullo stato sistema è
tanto più rilevante quanto più piccola è tale probabilità. È naturale che ogni
operatore desideri trovarsi in una replica a lui favorevole; sicché l’informazione
attesa cresce al crescere del numero di repliche possibili del sistema.
L’aumento di emissione
monetaria tende, non solo, ad amplificare il circolante destinato
all’espansione delle attività produttive ma, anche, la quota interessi mancante, che, a sua volta, dipende dal tasso d’interesse, sulla cui evoluzione, gli operatori economici
vogliono avere informazione. Ne consegue che poiché è più grande l’informazione di cui gli operatori economici hanno
bisogno, più alta è l’entropia.
Un altro effetto dell’entropia economica, di cui
occorre tener conto, è che la liquidità
si trasferisce da sistemi con più alta emissione monetaria a sistemi con
emissione monetaria più bassa. In altri termini, ciò è equivalente ad
affermare che chi deprime la propria
domanda di beni tende ad acquisire liquidità da altri sistemi, in assenza
di vincoli di altra natura (protezionismo),
chi aumenta la propria domanda di beni
tende a cedere liquidità all’esterno del proprio sistema.
Per porsi in posizione di vantaggio commerciale,
occorre, quindi, ridurre l’emissione monetaria. Tale riduzione può
attuarsi in due modi diversi: o mediante una riduzione del valore della moneta
– una svalutazione monetaria – o
mediante una riduzione della moneta
circolante – una svalutazione interna.
Il primo modo ripristina rapidamente l’equilibrio commerciale, a meno di un
transitorio detto overshooting che,
in pratica, rappresenta il tempo
occorrente affinché l’entropia si massimizzi a seguito della variazione
repentina dei vincoli del sistema. Il secondo modo è quello su cui si vuol
far luce e che si attua quando non si
possiede sovranità monetaria.
Immaginiamo, adesso, un sistema economico che abbia
un’emissione monetaria più bassa di altri. Esso può trovarsi in questa
configurazione a seguito di una svalutazione
interna fatta prima dei sistemi concorrenti, per cercare una posizione di vantaggio. Quest’azione,
che appare sleale, è anche una scelta razionale dovuta all’esigenza di ridurre l’informazione economica richiesta
dagli operatori, in modo da poter gestire il sistema economico con maggiore efficienza, quando prevale il
criterio della competitività non cooperativa tra sistemi economici. In questo modo, infatti, tale tipo di
sistema economico privilegia l’espansione delle attività produttive interne favorendo la riduzione del tasso d’interesse sui prestiti e, così
facendo, favorisce anche l’espansione delle proprie attività finanziarie verso
l’estero, in modo che esse possano giovarsi del differenziale dei tassi d’interesse.
Un sistema siffatto opera, perciò, con lo scopo di
esportare più dei concorrenti e importare di meno. Quando esso acquisisce liquidità derivante dalle esportazioni, in forma di conto corrente positivo, può decidere di
tramutarla o in moneta circolante, o
in capitali destinati ad altra crescita,
in particolare, finanziaria verso l’estero. Se volesse far prevalere la
prima possibilità, essendo il sistema originariamente a un basso livello di
emissione monetaria, l’aumento del circolante comporterebbe un elevato incremento
di entropia, quindi un innalzamento del grado di disordine e, in ultima analisi, dell’informazione mancante che minerebbe l’organizzazione, improntata all’efficienza, del sistema. Pertanto, la
scelta unilaterale, condotta in
condizioni d’informazione incompleta,
è quella di ottimizzare unilateralmente
la crescita dell’entropia. Per far ciò, è sufficiente una crescita delle attività sia produttive sia
finanziarie e un contemporaneo contenimento
di emissione monetaria interna. Il sistema, per così dire, si raffredda espandendosi.
Il sistema in vantaggio competitivo, quindi in surplus, è, perciò, indotto a compiere
la scelta di mantenere l’emissione monetaria bassa, per il ottimizzare l’entropia economica che produce incompletezza dell’informazione per effetto dei comportamenti non cooperativi. Nei cicli
successivi, tale sistema opererà sempre allo stesso modo.
Per contro, un altro sistema economico in deficit commerciale e che ha
interagito con il sistema in vantaggio competitivo deve cedere a esso liquidità.
Precisiamo, ora, che un sistema che cede liquidità all’esterno riduce sempre la propria
entropia. Per intenderci, questo concetto è del tutto analogo a quello
valido in termodinamica: un sistema che cede calore all’esterno riduce
sempre la propria entropia. Comprendere ciò è basilare nell’ambito dell’economia dinamica e per le valutazioni
che seguono.
Il sistema in deficit
inizia ad avvertire la riduzione di
entropia economica, cioè inizia ad avvertire che determinate configurazioni
non possono più essere raggiunte, e per aumentarla tenta, inizialmente, di incrementare
la propria emissione monetaria e si
contrae – va in decrescita – perché,
per il primo principio dell’economia dinamica, per aumentare la ricchezza occorre ridurre la crescita quando si cede liquidità all’esterno. Tenta, per così
dire, di riscaldarsi contraendosi, come
fa un animale infreddolito. Così facendo, però, amplifica lo squilibrio con il sistema in vantaggio competitivo,
perché cede altra liquidità, a causa dell’accrescersi del differenziale di
emissione monetaria.
Quand’egli si rende conto che lo squilibrio è
incolmabile con la strategia suddetta, è costretto
ad applicarne un’altra: inizia a ridurre la propria emissione monetaria al
massimo per espandersi anch’esso; tenta cioè una feroce svalutazione interna con lo scopo di attuare una crescita.
Il problema è che un sistema in deficit non possiede l’energia
interna – ossia la ricchezza –
per espandersi e può farlo solo generando un
forte squilibrio interno tra i suoi sottosistemi. In altre parole, può
farlo solo a costo della creazione di forti
disuguaglianze al suo interno, facendo impoverire, e abbandonando del
tutto, una parte considerevole del proprio sistema economico. Esso, cioè, per
espandersi deve farlo a discapito della parte più debole, sperando che la parte
più forte possa, da sola, compiere il miracolo del riaggancio.
Oltre che feroce e disumana, un’azione del genere è
puramente illusoria, perché il gap
entropico interno che si genera nel sistema può essere sostenuto solo da
vincoli interni (leggi e norme vincolanti) molto forti che deprimono ancora di
più il sistema e generano tensioni interne progressivamente insostenibili. Né,
certamente, il sistema in surplus è
disposto a cedere terreno, perché non ha
alcuna intenzione di cooperare, quando la cooperazione è bandita per prassi.
Questa tendenza è, poi, favorita dal fatto che il
sistema in surplus si è espanso anche
attraverso l’azione di capitali propri che sono giunti all’interno del sistema in deficit. Questi capitali
hanno sottratto gran parte dell’attività finanziaria che prima era appannaggio dei
sottosistemi finanziari del sistema in deficit.
Questi sottosistemi, adesso, hanno ben pochi sbocchi se non quelli di agire
all’interno del sistema in deficit
stesso, sostituendosi a quelle attività che prima erano deputate all’emissione
monetaria, attraverso i servizi pubblici,
volti a garantire il benessere dei cittadini. Adesso le attività finanziarie
interne vogliono, anzi pretendono, per sopravvivere, di sostituirsi allo Stato
e sono loro a dare il via allo squilibrio
interno.
Il gap entropico
che si crea è l’evidenza del formarsi di debito,
da una parte, e credito, dall’altra.
Si osservi che ciò avviene sia all’interno del sistema in deficit, sia tra il sistema in surplus
e quello in deficit.
Quando però uno o più sottosistemi entrano nella
regione della deflazione da debiti, questi
non possono più onorare alcun debito e ha avvio un rovinoso effetto domino che innesca una crisi finanziaria che coinvolge anche il
sistema in surplus. Si osservi come,
nella figura 1, la regione della
deflazione da debiti si espanda sempre di più al contrarsi dell’emissione
monetaria ed interessi sistemi con attività economica via, via crescente.
Tutto questo sfacelo, che oggi stiamo vivendo, ha
origine dalle scelte unilaterali,
compiute in condizioni d’informazione
incompleta, tra sistemi economici nazionali che operano, in assenza di cooperazione, secondo il
paradigma della competizione
internazionale: il mito di Nazioni che competono economicamente tra loro al
pari di società per azioni.
Se una società per azioni fallisce, esce dal mercato.
E se ciò accade a una Nazione, che si fa?
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