Oggettività dell’entropia e soggettività dell’incertezza
L’incertezza,
almeno per una certa corrente di pensiero economico, è vista come qualcosa di
oscuro e incomprensibile ed è relegata a essere solo un sentimento irrazionale di individui che non vogliono o non sono
capaci di applicare un principio di
razionalità sostanziale. Secondo questo principio, se tutte le scelte
fossero compiute da persone razionali che operano scegliendo, ciascuno, quel
che è meglio per se stessi, potrebbe ottenersi, per tutti, una configurazione
ottimale o, più precisamente, Pareto – ottimale.
È fuori di dubbio che una visione di questo tipo vada
benissimo in campo microeconomico,
cioè nel caso della gestione di
un’azienda. Ed è certamente secondo una visione di questo tipo che va formato un dirigente d’azienda. Non rassicurerebbe nessuno, neanche i
sottoposti, il vedere che un dirigente d’azienda si mostra incerto e indeciso
sul da farsi. Perciò, la visione che rifiuta l’esistenza dell’incertezza come parametro economico, è
perfettamente lecita in campo microeconomico.
Tuttavia, nel nostro contesto, stiamo affrontando la macroeconomia, non la microeconomia, e si tratta di un campo di analisi del tutto
diverso, sia come oggetto di analisi,
sia come scopi dell’analisi. Nel caso
macroeconomico, cioè l’analisi del comportamento
aggregato di lavoratori, imprese, banche e intermediari finanziari, entrano
in gioco fattori caotici e il sistema
complessivo, che ne risulta, deve essere trattato come un sistema complesso, con mezzi e strumenti adeguati a questa
tipologia di analisi; mezzi e strumenti di questo tipo sono ormai in uso, in
campo scientifico, da oltre un secolo. Gli scopi dell’analisi sono, poi, del
tutto diversi perché un sistema aggregato, come ad esempio una Nazione, non va
gestito, come può esserlo per un’azienda, ricercando solo un unico obiettivo
(ad esempio il pareggio di un bilancio),
ma, anche qui, gli scopi e gli obiettivi
sono molteplici e anch’essi possono interagire tra loro in maniera caotica e disordinata. Non ha neanche
senso affermare che se non si raggiunge l’obiettivo di un bilancio in pareggio,
allora tutto il resto deve andare in subordine perché, altrimenti, chi afferma
ciò dimostra, oltre che cinismo e mancanza di sensibilità, di misconoscere
fatti storici conseguenti proprio a tale tipo di atteggiamento.
In campo scientifico, una grandezza in grado di predire come evolvono i fenomeni caotici
esiste già da tempo ed è stata formalizzata, per la prima volta, dal fisico
teorico Ludwig Bolztmann, padre,
anche, della meccanica statistica; è
l’entropia. Quando Boltzmann presentò i risultati del suo
sforzo intellettuale, fu etichettato con l’epiteto di “terrorista algebrico” perché la sua teoria non poteva essere
spiegata che matematicamente, tramite
strumenti matematici che facevano ricorso al concetto di probabilità, ed essa andava cozzare pesantemente con l’armoniosa ed
elegante concezione della fisica newtoniana
e lagrangiana, di natura prettamente deterministica.
Anche in campo economico, il modello di economia dinamica mostra che una grandezza del tutto
simile esiste ed è denominata entropia economica. Ha una struttura formale del tutto identica all’entropia di Boltzmann, che misura, in
scala logaritmica, il numero di microstati
che danno luogo a una stessa configurazione macro,
cioè identifica il suo grado di disordine.
Misura, però, anche la probabilità che
una data configurazione macro possa essere raggiunta, perché maggiore è il
numero di microstati costituenti il macrostato, maggiore è la probabilità
che la configurazione abbia luogo. L’entropia
economica, ha anche la stessa struttura formale dell’entropia dell’informazione (Shannon)
e rappresenta, perciò, anche l’informazione
richiesta dal sistema economico.
Ne consegue che quanto
più disordinata è una data configurazione macroeconomica, non solo, tanto più
informazione serve per conoscerla, ma anche tanto più probabile è che essa avvenga.
L’entropia
economica tende sempre a massimizzarsi
perché le configurazioni più probabili
sono anche quelle con maggiore entropia. Essa, però, non si massimizza
istantaneamente perché occorre del tempo
affinché l’informazione si distribuisca. Non solo, ma se un sistema è
perturbato a seguito di uno shock esogeno
persistente (come ad esempio uno squilibrio commerciale) l’entropia non si massimizza se non con un ritardo
progressivo.
Alla fine, però, l’evoluzione,
in greco, έντροπη (entropia) sarà quella, in corrispondenza della quale, l’entropia è massima. È allora logico
riferirsi a un principio di massima
entropia.
Questo principio è molto diverso dal principio di razionalità sostanziale e
sottende che un sistema economico, non regolato da alcun meccanismo che ne renda stabile l’evoluzione, è sempre
destinato a massimizzare l’entropia e produrre disordine.
Il concetto di entropia
economica deriva, in realtà, dalla generalizzazione
del concetto di entropia, esteso a osservabili
diversi dalla sola energia e dai segnali informativi, tipici, rispettivamente,
dell’entropia termodinamica e di quella dell’informazione. Questa
generalizzazione è, poi, applicata al caso particolare delle grandezze economiche. Si badi, ora, che l’entropia economica ha validità finché gli
osservabili sono coerenti al sistema, cioè fin quando le grandezze
economiche sono in grado di descrivere compiutamente il sistema. Sicché, quando
in un sistema economico l’entropia si abbassa parecchio, ciò non vuol dire che
quel sistema è meno disordinato; vuol dire che esistono altri osservabili che possono descriverlo meglio e che non
siamo in condizioni di osservare. Se un sistema non può aumentare la propria
entropia economica, perché i suoi parametri macroeconomici non lo consentono, l’entropia, cioè il disordine, si
trasferisce altrove, ad esempio, in campo sociale.
Il principio di
massima entropia sottende anche il fatto che in un sistema economico è
sempre presente informazione mancante o
inutilizzabile, e questo fatto è responsabile della presenza di un’indeterminazione intrinseca nei sistemi
economici che produce incertezza.
L’incertezza,
a differenza dell’entropia che è possibile definire in maniera oggettiva, è
percepita soggettivamente in modo molto diverso da individuo a individuo, ma
questo non inficia nulla. È la stessa cosa, in campo fisico della temperatura,
le molecole di un gas possiedono velocità molto diverse ma il loro effetto macro è, comunque, un valore
univoco della temperatura.
L’incertezza opera come la temperatura, è percepita in modo molto diverso dai
soggetti, ma essa è presente e dipende dal modo in cui le configurazioni
economiche possono presentarsi, se esse sono del tutto nuove, mai raggiunte
prima, o, invece, non sono più raggiungibili.
Può persino accadere che l’incertezza sia percepita, inizialmente, in modo euforico; e ciò accade quando sono
ancora poche le unità che raggiungono una determinata configurazione. Se, però,
gli stati accessibili sono occupati da un numero sempre maggiore di unità,
determinati microstati sgraditi non
possono più essere evitati con facilità. Aumentando il numero di unità che
accedono alla nuova configurazione, aumenta il numero degli stati sgraditi
inevitabili; è il caso, ad esempio, delle posizioni
creditizie non più esigibili. Questo accade quando l’entropia economica
tende ad aumentare. Se l’entropia economica invece si riduce, cresce lo spettro
dello stato di necessità e le unità,
per evitarlo tendono ad assumere comportamenti che si allontanano sempre di più
dalle regole e dalle norme consolidate, producendo disordini di altra natura.
Dal punto di vista del principio di massima entropia, il comportamento del sistema
economico va controllato evitando che possano prodursi eccessivi gap entropici tra sistemi economici e al
loro interno. Per far ciò, occorre ricorrere a criteri cooperativi in grado di smorzare gli effetti dell’accrescersi
continuo dell’entropia. I sistemi economici, da questo punto di vista, possono
diventare dei cavalli imbizzarriti e
molto pericolosi. Essi vanno domati, addomesticati e, così, possono diventare utili.
Non è un caso che questa visione dell’economia
coincida con quella di Keynes, perché questi, con la sua superba sensibilità, aveva intuito il ruolo dell’incertezza, anche se, per via degli
strumenti in suo possesso, non aveva la possibilità di cogliere il ruolo di
quella grandezza che stiamo chiamando entropia
economica. Egli affermava solo che l’incertezza
è associata al non sapere. E, infatti, quando le configurazioni economiche
variano a seguito delle variazioni di
entropia, su esse non può dirsi nulla ed è presente informazione mancante.
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