Il fattore monetario
Nel post precedente è stata definita la condizione di ricorrenza dei cicli produttivi, in cui,
i prezzi si mantengono stabili; di conseguenza, è anche stabile il livello dei prezzi. Nell’ambito del modello di economia dinamica, per ogni sottosistema costituente il modello
economico complessivo, è possibile individuare una condizione per la quale un
dato sottosistema mantiene un livello dei
prezzi stabile, mentre varia l’attività
economica e l’emissione monetaria.
Questa condizione corrisponde, sul grafico tridimensionale livello dei prezzi –
attività economica – emissione monetaria, alla circostanza per cui il
sistema evolve su una curva di livello
nel suddetto diagramma. Ciò è anche rappresentativo del fatto che il sottosistema
tende allo stato di ricorrenza e,
quindi, evolve consentendo una trasmissione dell’informazione che non produce né
aumenti d’incertezza né condizioni di
euforia.
La condizione suddetta si manifesta quando accade che:
Δm/m = F·Δv/v
(1)
cioè, l’incremento
relativo dell’emissione monetaria Δm/m
che giunge nel sottosistema è proporzionale all’incremento relativo dell’attività economica Δv/v tramite un fattore, detto fattore
monetario F. Il fattore F è, in
realtà, una funzione del rapporto tra
preferenza per la liquidità ed emissione monetaria e il grafico di detta
funzione è riportato in Figura 1.
Figura 1 |
Il fattore
monetario assume sempre valori compresi tra 1 e -1. Si nota l’esistenza di
una condizione per cui, quando la preferenza
per la liquidità è, circa, 1,59 volte l’emissione
monetaria unitaria, il fattore
monetario diventa negativo. Quando ciò accade, è evidente, per l’espressione
(1), che, a prezzi costanti, a un
aumento relativo dell’attività economica corrisponde un decremento relativo di
emissione monetaria; cioè il sottosistema, invece
di ricevere moneta la cede all’esterno. In queste condizioni, quindi, il sistema è indebitato. Quando, perciò, il
fattore monetario è negativo, il
sistema considerato si trova in condizione di deflazione da debiti.
Rammentiamo che la deflazione
da debiti è un regime di funzionamento dei sistemi economici in cui gli
operatori, per l’eccessivo onere del
debito che grava su di essi, decidono di smobilitare integralmente le attività produttive per recuperare
quanta più liquidità possibile. È evidente,
quindi, che il debito induce un’incertezza tale da innalzare in modo spropositato
la preferenza per la liquidità.
Nonostante ciò, il sistema aggregato,
nel suo complesso, non ha alcuna possibilità di sottrarsi al debito; anzi, la smobilitazione dell’attività produttiva
può solo aggravarlo.
Il modello di
economia dinamica mostra, infatti, che preferenza
per la liquidità e attività
produttiva sono, tra loro, inversamente
proporzionali.
L’importanza del fattore
monetario non si esaurisce qui. Infatti, è possibile definire la grandezza:
π = (F + 1)/2
che, sempre nel modello
di economia dinamica, rappresenta, a tutti gli effetti, una probabilità; precisamente, la probabilità sulla redditività di un
investimento monetario. Infatti, si dimostra che la conoscenza di tale
probabilità equivale a informazione sulla
redditività degli investimenti.
È, allora, evidente che il fattore monetario per un sistema eterogeneo, cioè costituito da più sottosistemi, identifica in maniera
esatta qual è il percorso della moneta,
secondo il canale monetario tradizionale.
Infatti, gli investimenti monetari tendono a passare,
a seguito dell’emissione di moneta da parte della Banca Centrale, direttamente ai
sottosistemi più solidi, quelli
caratterizzati da un fattore monetario
molto prossimo all’unità, con elevatissime capacità produttive. Per
intenderci, quelli che hanno un’elevata crescita,
quindi grandi capitali a loro
disposizione.
Passa poi, a sottosistemi meno solidi dei precedenti,
ma sempre con un fattore monetario
elevato prossimo a 1 (altri Istituti di Credito o grandi Imprese), e, quindi,
verso sottosistemi con fattore monetario,
via, via, decrescente: altre imprese e, poi, famiglie.
In questo modo, la moneta, tramite il canale monetario tradizionale dovrebbe
distribuirsi nell’intero sistema economico. Tuttavia, non giunge, certamente,
sui sottosistemi in deflazione da debiti,
perché questi sono privi di qualsiasi redditività.
Non giunge, però, neanche in quei sottosistemi che
hanno un fattore monetario troppo basso,
in rapporto al tasso d’interesse nominale. Poiché, in sostanza, il fattore monetario misura la capacità di
produrre ricchezza è chiaro che se il tasso d’interesse nominale vigente è
troppo basso, nessun investitore sarà indotto a investire su settori che hanno
una probabilità troppo bassa di onorare il debito contratto. Per capirci, se un
dato settore economico ha una probabilità del 90% di avere successo, ma il
tasso d’interesse che può essere praticato è inferiore al 10%, sarebbe da pazzi
investire, si badi bene, a livello aggregato,
su un settore che può restituire il debito solo
con il 90% di probabilità. Ciò, perché, si andrebbe incontro a una perdita certa.
Quando ciò si manifesta, è chiaro sintomo che il
sistema economico è caduto nella trappola della liquidità. In queste condizioni, il percorso della moneta s’inceppa, e l’emissione monetaria non riesce
a giungere sui sottosistemi in maggiore difficoltà. Non solo, ma questi ultimi,
iniziando a subire una contrazione di emissione monetaria in loro favore, slittano
progressivamente verso la deflazione da debiti.
A questa situazione, c’è uno ed un solo rimedio: l’attivazione
di un secondo canale monetario in
grado di far giungere l’emissione monetaria direttamente sui sottosistemi
colpiti dall’inceppamento del percorso della moneta, a monte. Questo secondo canale monetario deve
intervenire sui sottosistemi in difficoltà prima
che essi raggiungano la condizione di deflazione da debiti. Il tipo di canale monetario aggiuntivo di cui
stiamo parlando è la politica fiscale
attuata mediante la Spesa Pubblica.
Quando, invece, s’interviene sui sottosistemi che si
trovano già in deflazione da debiti, la
(1) ci informa che l’emissione monetaria aggiuntiva si traduce, in questi
sottosistemi, in un’ulteriore riduzione
della loro attività economica e, in sostanza, in un’ulteriore crescita
della preferenza per la liquidità.
Non si risolve quindi un bel nulla, se si vogliono mantenere i prezzi costanti.
Per intervenire sui sistemi in deflazione da debiti, occorre rinunciare a ogni forma di controllo
sull’inflazione, cioè sull’aumento dei
prezzi al consumo; ma questo in un sistema economico globalizzato, orientato
solo alla competizione è del tutto
impossibile.
Vi è, poi, da aggiungere che gli attuali meccanismi
sovranazionali scoraggiano, se non addirittura rendono impossibile l’attuazione
di politiche fiscali autonome, le
uniche in grado di far sviluppare i
sottosistemi economici depressi.
In sostanza, stiamo assistendo a un progressivo e
ormai continuo protrarsi dell’inceppamento del percorso della moneta, che
promette solo di spingere verso la deflazione
una gran parte di sottosistemi. E la cosa porterà inesorabilmente alla desertificazione produttiva. Per contro, la moneta bloccata nel suo percorso,
introdurrà nei sottosistemi che la detengono febbre speculativa, perché anche costoro dovranno, alla fine,
restituire, con gli interessi, seppur bassi, la moneta che hanno ricevuto.
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