Il ciclo di Minsky
Finora si sono analizzate condizioni critiche
associate alla depressione o all’indebitamento di una parte del sistema
economico. Prendiamo ora in esame un altro tipo di situazione critica che si
manifesta, non più dal lato del debitore, ma da quello del creditore. Non è, infatti, sufficiente vantare un credito se questo
non è esigibile, nel momento in cui
il debitore non ha alcuna possibilità di compiere la restituzione. Per
esaminare l’aspetto in questione ci ricondurremo al paradigma di Wall Street. Questa è la visione del sistema economico
da parte di uomini d’affari di un Consiglio d’Amministrazione che valutano la
solidità finanziaria dei titoli su cui investire. Questa visione, come
strumento di analisi dell’economia, è stata introdotta per la prima volta
dall’economista americano Hyman Philip
Minsky, le cui teorie sono state messe in subordine, finché non si è
manifestato realmente il Minsky Moment:
la crisi finanziaria USA del 2008.
Hyman Philip Minsky |
Seguendo il suo paradigma, Minsky individua nella fitta rete
dei bilanci delle società, costituiti da attività e passività,
l’elemento principale di analisi di un sistema
finanziario. Recupera, inoltre, i concetti basilari della dottrina di Keynes: incertezza e preferenza per la liquidità.
In base al modo in cui evolvono nel tempo i flussi delle attività e passività, i
loro stock, e il capitale posseduto, Minsky
individua tre tipi di posizioni
finanziarie: coperte, speculative e ultraspeculative. Le posizioni coperte sono quelle in cui i flussi delle attività non sono mai
inferiori ai flussi delle passività, gli stock
delle attività crescono sempre, così come anche il capitale posseduto. Le posizioni
speculative sono quelle in cui, per
un certo tempo, i flussi delle
passività possono superare quelli delle attività, gli stock delle attività non sono inferiori a quello delle passività e,
perciò, il capitale si mantiene
stabile a condizione che il tasso
d’interesse si mantenga, nel tempo, entro un range ammissibile. Le posizioni
ultraspeculative, o Ponzi, sono quelle in cui i flussi delle passività superano sempre quelli delle attività, gli stock delle passività sono maggiori
delle attività e il capitale posseduto è
eroso continuamente; la posizione è sostenuta solo grazie alle somme prese
a prestito da altri finanziatori che partecipano nelle fasi successive e che
tendono a divenire anch’essi unità Ponzi, il tutto nell’attesa che arrivi la bonanza, l’evento favorevole tanto
atteso.
Lo schema di Ponzi, assimilabile alla cosiddetta
Catena di Sant’Antonio, dal nome di Charles Ponzi (Carlo Pietro Giovanni
Guglielmo Tebaldo Ponzi), immigrato italiano negli USA agli inizi del XX
secolo, cui si richiama Minsky, è un tipo di truffa che promette forti guadagni
alle vittime a patto che queste reclutino nuovi investitori, a loro volta vittime.
Tipiche unità in posizione coperta sono tutte le
attività che attuano investimenti
monetari a breve e, al più, media scadenza su clientela selezionata, come,
ad esempio, risparmiatori, imprese che si autofinanziano e banche commerciali. Tipiche unità in posizione speculativa sono le banche d’investimento che attuano finanziamenti a lunga scadenza. Esse,
infatti, mantengono fisse le proprie passività
– i costi derivanti dai depositi – e inseriscono in bilancio le attività attese a lunga scadenza, sicché i flussi di cassa tendono a essere in
perdita. Queste perdite, tendono, in determinate circostanze, a essere colmate in bilancio tramite la raccolta di fondi per altri investimenti,
in modo da ampliare la quota delle attività attese. Così facendo, possono portare
anche i risparmiatori, dalla
posizione coperta a quella speculativa. Se questo tipo di atteggiamento perdura
e diventa prevalente, questo tipo di banche tende a diventare ultraspeculativo.
Secondo Minsky, in una situazione di euforia speculativa, che si genera quando il sistema economico appare stabile,
le unità coperte tendono a slittare verso
la posizione speculativa, le unità speculative tendono a slittare verso la
posizione ultraspeculativa e le unità Ponzi verso posizioni sempre più
insostenibili. Ciò accade, principalmente, quando l’emissione di moneta è controllata, sicché alla moneta circolante si affianca un altro tipo di moneta, molto meno
liquida, la quasi-moneta o moneta finanziaria, costituita da titoli
di debito messi in circolazione dagli intermediari
finanziari. La quasi-moneta tende
a generarsi quando l’incertezza
percepita è bassa; in queste condizioni, la composizione dei portafogli delle attività detenute si
sposta da una composizione prevalentemente orientata alla liquidità monetaria, verso gli investimenti
in quasi-moneta.
Il volume degli investimenti è, però, molto fluttuante
al variare dell’incertezza; quando
essa non è percepita, essi crescono molto, si contraggono parecchio quando
l’incertezza aumenta. Ciò accade, anche a livello
aggregato, in base alla quantità di moneta
circolante. Ciò comporta che la composizione
dei portafogli delle attività è anch’essa fluttuante e oscilla dalla liquidità alla sua smobilitazione – crescita degli investimenti – in
dipendenza della moneta circolante e
dell’incertezza presente.
Il parametro decisivo, in una situazione del genere, è
il tasso d’interesse che, quando
basso, indica una scarsa preferenza per
la liquidità; quando, invece, aumenta indica l’accrescersi della preferenza per la liquidità perché le
unità chiedono un premio maggiore per
smobilitare la liquidità a favore delle attività non liquide.
In una prima fase, quando il credito concesso in forma
di finanziamenti non è molto diffuso, tale situazione determina una condizione
di euforia e, così, mantenendosi
basso il tasso d’interesse, sempre più attività sono indotte a richiedere
finanziamenti per espandere la propria
attività (crescita) oltre la propria capacità di autofinanziamento,
e anche i finanziatori sono indotti a concederli, assumendo atteggiamenti al
limite dell’azzardo. In questa fase,
è come se si attuassero delle vere e proprie scommesse. Così, sempre più unità finanziarie passano dalla
posizione coperta a quella speculativa. Man mano che il credito si diffonde,
cresce anche la moneta circolante,
perché si riduce la preferenza per la
liquidità. E ciò dà nuovo impulso al passaggio di unità finanziarie verso
la fase speculativa producendo quella
che Minsky chiama febbre speculativa.
Come abbiamo visto, però, le banche son indotte ad
aumentare la raccolta di titoli, nel
tentativo di trasferire una parte delle passività verso i risparmiatori in attività
da inserire in bilancio. Ciò, induce una criticità
perché i risparmiatori, meno avvezzi al rischio finanziario, richiedono che aumenti il tasso d’interesse, per
aderire alla raccolta.
L’aumento dei tassi d’interesse porta molte unità
dalla posizione speculativa a quella ultraspeculativa e deteriora inevitabilmente i bilanci delle posizioni
ultraspeculative. Inoltre, quota parte dei risparmiatori coinvolti nella
raccolta passa in fase speculativa. Quando questa tendenza è percepita, inizia
a manifestarsi incertezza e aumenta la
preferenza per la liquidità e la
composizione dei portafogli torna a oscillare verso le attività liquide, comportando una tendenza all’abbandono delle attività illiquide;
crescono, allora, i tassi d’interesse
e lo slittamento da coperto a speculativo a ultraspeculativo accelera rapidamente.
Le unità ultraspeculative più esposte iniziano a
fallire e, a causa della fitta rete di
bilanci che connettono tra loro tutte le unità del sistema finanziario, il
loro fallimento si ripercuote sui bilanci
di altre unità. Ha avvio, così, un effetto
domino che porta al fallimento di un numero crescente di unità, mentre le
altre slittano sempre di più. È quel che Minsky
chiama punto di svolta superiore.
Tutti i finanziamenti cessano di colpo
e la composizione dei portafogli torna a orientarsi esclusivamente verso le
attività liquide e l’effetto domino
accelera.
A questo punto, solo l’intervento dello Stato può
sanare la situazione dei crediti
deteriorati. Come? Con un massiccio
apporto di liquidità nel sistema. Se invece lo Stato non interviene, la
tendenza è destinata a proseguire, perché il sistema brucia interamente tutti i
crediti deteriorati inseriti come
attività nei bilanci e non coperte da moneta, finché non si raggiunge un punto di svolta inferiore. In questa
configurazione, in cui le unità finanziarie residue sono solo quelle che hanno
mantenuto la posizione coperta, però,
il sistema si trova in una profonda
depressione, avendo bruciato una quantità di ricchezza enorme, compresi
gran parte dei risparmi.
Se analizziamo l’evoluzione del ciclo di Minsky – crescita
e punti di svolta superiore e inferiore – ci si rende agevolmente
conto della vera causa d’instabilità del
sistema finanziario. È il controllo rigido della moneta emessa, volto a stabilizzare il tasso d’interesse sui prestiti. È proprio questa tendenza a
favorire la dipendenza del sistema da quest’unico
e solo parametro a rendere fragile
il sistema, perché si trascura la presenza della preferenza per la liquidità che può far fluttuare il sistema in controtendenza.
Per tale motivo, le politiche monetarie
di stabilizzazione dei tassi d’interesse sono puramente illusorie.
L’ipotesi d’instabilità
finanziaria di Minsky è stata a lungo vista come una teoria troppo pessimista
e irrealizzabile, sebbene Minsky avesse
come riferimento, nella propria analisi, un evento storico concreto ben
preciso: il crollo della Borsa Valori di
Wall Street, del 1929. Nel mondo dell’economia di oggi, sembra proprio che
non ci sia posto per qualsiasi forma di pensiero
divergente, ma solo per un pensiero
unico convergente a un conformismo
ancorato alla sola contingenza utilitaristica dell’imminente.
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