Effetti e cause della preferenza per la liquidità
In uno dei post
precedenti si è visto come un sistema economico reagisca alla variazione dell’emissione monetaria. Adesso, si vedranno
gli effetti di un altro parametro, la preferenza
per la liquidità, in grado di determinare anch’esso la distribuzione dei
redditi e, quindi, la moneta circolante.
Questo parametro, tuttavia, non può più considerarsi di natura esogena ma endogena essendo inversamente
proporzionale all’attività economica media
del sistema, cioè alla capacità di produrre beni e servizi, tramite una
costante rappresentativa del comportamento degli operatori.
Queste caratteristiche sono desumibili dal modello di economia dinamica che mostra come la preferenza per la liquidità sia anche il
quanto di scambio che le unità di un sistema economico omogeneo, cioè
costituito da unità con lo stesso comportamento, scambiano nelle interazioni
reciproche e con gli altri sistemi economici.
Per descrivere gli effetti della preferenza per la liquidità ci riferiremo nuovamente a un esempio
grafico, senza entrare nel merito di aspetti analitici di dettaglio e matematici,
non sempre accessibili a tutti. L’esempio segue la falsariga di uno dei post già presentati e le simbologie
impiegate sono le stesse.
Anche in questo caso, il grafico è suddiviso in tre
sezioni. Quella inferiore indica la distribuzione
più probabile del reddito ottenuta in accordo al principio di massima entropia; si noti la tipica distribuzione
discreta del reddito derivante dalla quantizzazione
degli scambi. La sezione intermedia indica il regime di funzionamento
dell’economia, comprendente deflazione da debiti, pre-deflazione, trappola della liquidità e regime. Tale caratterizzazione è
definita dal coefficiente α, che è
pari al fattore monetario ridotto di
un’unità e che rappresenta, anche, il rapporto tra l’emissione monetaria corrente e quella critica, in corrispondenza
della quale s’innesca la deflazione da
debiti. Infine, nella parte superiore, è riportato l’andamento del livello dei prezzi al variare dell’attività economica e il punto che
rappresenta il sistema; qui si vede anche che la preferenza per la liquidità è inversamente proporzionale all’attività economica.
Analizzando il grafico si vede che, al ridursi della preferenza per la liquidità,
aumenta la moneta circolante (il reddito),
mentre il contrario accade quando la
preferenza per la liquidità tende ad aumentare. Ciò sta a indicare che la moneta emessa tende a ristagnare al
crescere della preferenza per la liquidità e non è utilizzabile per
l’ampliamento dell’attività economica nel
sistema considerato. Si badi che quest’affermazione è vera all’interno del sistema omogeneo preso in
esame e non tiene conto del modo in cui i risparmi formatisi sono impiegati
da altri sottosistemi, come quelli finanziari, che sfruttano detti risparmi
in forma di raccolta per investimenti di
natura finanziaria. Quest’aspetto sarà trattato, più avanti, in altri post.
Si nota anche un’altra cosa di notevole rilievo.
Quando la preferenza per la liquidità aumenta, la depressione del sistema è accompagnata da un aumento del livello dei
prezzi, fin quando la condizione di deflazione
da debiti non è ancora raggiunta. Una volta che questa condizione è
raggiunta, il livello dei prezzi
torna a calare nuovamente fino a deprimersi del tutto. Quando il sistema si
trova in deflazione da debiti, ogni
aumento dell’attività economica, con
conseguente riduzione della preferenza
per la liquidità, porta il sistema economico a un ripidissimo incremento del livello dei prezzi: l’iperinflazione che colpisce un sistema fortemente indebitato e che tenta di
sottrarsi al debito mediante crescita.
Fuori dalla regione della deflazione da debiti, il livello
dei prezzi cresce se il sistema è in decrescita,
quando cioè aumenta la preferenza per la
liquidità. Ne consegue che quando un sistema economico non riesce a
crescere perché è forte la preferenza per
la liquidità, allora si ha aumento dei prezzi al consumo, cioè inflazione. Pertanto, la causa
principale dell’inflazione è proprio
la preferenza per la liquidità. Possiamo
osservare ciò, nella parte alta del grafico, vedendo come cresce il punto
rappresentativo del sistema quando l’attività
economica inizia a deprimersi. La vera origine dell’inflazione è allora da
ricercare nell’aumento della preferenza
per la liquidità, cioè il desiderio di detenere accumuli monetari inattivi
non impiegati per espandere l’attività
economica, che ha origine quando si manifesta incertezza, causata da informazione
mancante o non utilizzabile.
La dottrina economica, oggi dominante, fa riferimento
alla Teoria Quantitativa della Moneta (TQM), rappresentata dalla linea sottile
tratteggiata che compare nella parte alta del grafico quando l’attività
economica è sufficientemente intensa. La TQM non fa alcun riferimento alla preferenza per la liquidità, ma solo al
livello di produzione. Tale teoria,
quando l’attività economica è intensa, arriva a conclusioni non troppo dissimili
da quelle dell’economia dinamica; esclude,
però, che all’origine di questo
meccanismo possa esserci la preferenza
per la liquidità. Con un approccio di questo tipo, però, si trascura il
meccanismo che è alla base della deflazione
da debiti.
È tutta qui
la natura del contendere. La TQM e la dottrina economica dominante rifiutano che il livello di produzione, ossia l’attività economica, possa essere
associata a una grandezza ritenuta soggettiva,
come la preferenza per la liquidità, e,
come tale, non inquadrabile in una modellazione realistica dei rapporti
economici. In questa visione, ci si limita solo a dire che le unità sono svogliate e quindi improduttive.
Secondo questa visione, perciò, la scarsa produttività è responsabile di
una perdita di competitività, che si
manifesta in un aumento del livello dei
prezzi, che, a sua volta, porta il sistema economico a perdere terreno
nella competizione con altri sistemi più efficienti. Ne consegue che:
scarsa
produttività → squilibrio commerciale
È questa la visione del dirigente d’azienda, quindi microeconomica,
corretta nel suo ambito di applicazione, ma per un sistema aggregato, può non essere vera.
Si è già accennato, in altri post, a cosa s’intende per squilibrio monetario. Si è visto, infatti, che in un’interazione commerciale competitiva tra sistemi economici con
differente livello di emissione monetaria, il principio di massima entropia dimostra che la liquidità si trasferisce sempre dal sistema con maggiore emissione
monetaria a quello con minore emissione monetaria.
Rifacendosi, allora, al principio di massima entropia, nell’ambito del modello di economia dinamica, può dirsi che lo squilibrio commerciale è prodotto, innanzitutto, da uno squilibrio monetario che produce incertezza associata a informazione inutilizzabile. Questa, a
sua volta, è la conseguenza della riduzione dell’entropia economica che genera un quanto di scambio più grande, cioè un aumento della preferenza per la liquidità.
Nell’esempio grafico, il lettore può rendersi conto di
ciò, prestando attenzione a come l’entropia
unitaria, somma di sfin
(entropia da rischio finanziario) e
del rapporto tra reddito medio umedio
ed emissione monetaria unitaria m (entropia da rischio economico), diminuisca
all’aumentare del quanto di scambio,
cioè della preferenza per la liquidità,
e viceversa.
Ne consegue che un gap entropico prodotto da uno squilibrio
commerciale è la causa dell’aumento della preferenza per la liquidità, di un crollo della fiducia e, quindi, di una riduzione
dell’attività economica. Perciò, il nesso di causa ed effetto, che la
dottrina economica attuale ritiene vero, nel
caso di un sistema aggregato, va del tutto ribaltato nel seguente:
squilibrio
commerciale → scarsa produttività
Se si osserva il grafico attentamente, si nota
un’altra cosa rilevante. La regione di pre-deflazione
è un regime di funzionamento del sistema economico, entro il quale, la perdita di competitività è insostenibile; basta osservare come
cresca la preferenza per la liquidità ζ,
in modo del tutto incompatibile con un regolare svolgimento dell’attività
economica. Pertanto, un sistema economico non può mantenersi indefinitamente in
tale configurazione, non essendo per
nulla competitivo ed è destinato a
slittare rapidamente verso la deflazione da debiti, cioè verso quella
condizione economica in cui la svendita
delle attività produttive è vista come l’unica soluzione al debito diffuso. In questo modo, si giustifica, in
Italia, la svendita di un numero
molto grande di attività produttive e di marchi italiani storici, per effetto
di uno squilibrio commerciale, che ha
una ragione di fondo esclusivamente di natura
monetaria.
Si noti, inoltre, come il tasso d’interesse critico ir del sistema cresca molto
rapidamente al crescere della preferenza
per la liquidità rendendo appetibile,
nelle prime fasi di avvio della depressione del sistema, la speculazione finanziaria, quando i tassi
d’interesse non sono ancora troppo elevati, cosa che permette di lucrare sui differenziali dei rendimenti. L’effetto
di queste azioni speculative è un’ulteriore spinta verso la deflazione da debiti, perché è l’avvio
dell’indebitamento di detti sistemi.
Un altro aspetto sul quale occorre soffermarsi, ultimo
in ordine di presentazione ma importantissimo, è il modo in cui si accresce la
preferenza per la liquidità. Si nota che essa, nelle condizioni di maggior
depressione, cresce in modo spropositato rispetto all’emissione monetaria. Che
cosa può essere responsabile di una crescita simile? La risposta è una
soltanto: è l’entità del debito a far
lievitare la preferenza per la liquidità
in questo modo. Nelle condizioni correnti, la preferenza per la liquidità ha
movente transattivo, precauzionale e anche speculativo, ma quando il debito si diffonde e cresce, esso
diventa predominante perché le unità
si affannano a recuperare in ogni modo possibile la liquidità che occorre per ripagarlo.
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