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sabato 2 gennaio 2016

La preferenza per la liquidità



Effetti e cause della preferenza per la liquidità

In uno dei post precedenti si è visto come un sistema economico reagisca alla variazione dell’emissione monetaria. Adesso, si vedranno gli effetti di un altro parametro, la preferenza per la liquidità, in grado di determinare anch’esso la distribuzione dei redditi e, quindi, la moneta circolante. Questo parametro, tuttavia, non può più considerarsi di natura esogena ma endogena essendo inversamente proporzionale all’attività economica media del sistema, cioè alla capacità di produrre beni e servizi, tramite una costante rappresentativa del comportamento degli operatori.
Queste caratteristiche sono desumibili dal modello di economia dinamica che mostra come la preferenza per la liquidità sia anche il quanto di scambio che le unità di un sistema economico omogeneo, cioè costituito da unità con lo stesso comportamento, scambiano nelle interazioni reciproche e con gli altri sistemi economici.

Il grafico illustra gli effetti della variazione della preferenza per la liquidità sia sul regime di funzionamento di un sistema economico sia sul livello dei prezzi e sul reddito

Per descrivere gli effetti della preferenza per la liquidità ci riferiremo nuovamente a un esempio grafico, senza entrare nel merito di aspetti analitici di dettaglio e matematici, non sempre accessibili a tutti. L’esempio segue la falsariga di uno dei post già presentati e le simbologie impiegate sono le stesse.
Anche in questo caso, il grafico è suddiviso in tre sezioni. Quella inferiore indica la distribuzione più probabile del reddito ottenuta in accordo al principio di massima entropia; si noti la tipica distribuzione discreta del reddito derivante dalla quantizzazione degli scambi. La sezione intermedia indica il regime di funzionamento dell’economia, comprendente deflazione da debiti, pre-deflazione, trappola della liquidità e regime. Tale caratterizzazione è definita dal coefficiente α, che è pari al fattore monetario ridotto di un’unità e che rappresenta, anche, il rapporto tra l’emissione monetaria corrente e quella critica, in corrispondenza della quale s’innesca la deflazione da debiti. Infine, nella parte superiore, è riportato l’andamento del livello dei prezzi al variare dell’attività economica e il punto che rappresenta il sistema; qui si vede anche che la preferenza per la liquidità è inversamente proporzionale all’attività economica.
Analizzando il grafico si vede che, al ridursi della preferenza per la liquidità, aumenta la moneta circolante (il reddito), mentre il contrario accade quando la preferenza per la liquidità tende ad aumentare. Ciò sta a indicare che la moneta emessa tende a ristagnare al crescere della preferenza per la liquidità e non è utilizzabile per l’ampliamento dell’attività economica nel sistema considerato. Si badi che quest’affermazione è vera all’interno del sistema omogeneo preso in esame e non tiene conto del modo in cui i risparmi formatisi sono impiegati da altri sottosistemi, come quelli finanziari, che sfruttano detti risparmi in forma di raccolta per investimenti di natura finanziaria. Quest’aspetto sarà trattato, più avanti, in altri post.
Si nota anche un’altra cosa di notevole rilievo. Quando la preferenza per la liquidità aumenta, la depressione del sistema è accompagnata da un aumento del livello dei prezzi, fin quando la condizione di deflazione da debiti non è ancora raggiunta. Una volta che questa condizione è raggiunta, il livello dei prezzi torna a calare nuovamente fino a deprimersi del tutto. Quando il sistema si trova in deflazione da debiti, ogni aumento dell’attività economica, con conseguente riduzione della preferenza per la liquidità, porta il sistema economico a un ripidissimo incremento del livello dei prezzi: l’iperinflazione che colpisce un sistema fortemente indebitato e che tenta di sottrarsi al debito mediante crescita.
Fuori dalla regione della deflazione da debiti, il livello dei prezzi cresce se il sistema è in decrescita, quando cioè aumenta la preferenza per la liquidità. Ne consegue che quando un sistema economico non riesce a crescere perché è forte la preferenza per la liquidità, allora si ha aumento dei prezzi al consumo, cioè inflazione. Pertanto, la causa principale dell’inflazione è proprio la preferenza per la liquidità. Possiamo osservare ciò, nella parte alta del grafico, vedendo come cresce il punto rappresentativo del sistema quando l’attività economica inizia a deprimersi. La vera origine dell’inflazione è allora da ricercare nell’aumento della preferenza per la liquidità, cioè il desiderio di detenere accumuli monetari inattivi non impiegati per espandere l’attività economica, che ha origine quando si manifesta incertezza, causata da informazione mancante o non utilizzabile.
La dottrina economica, oggi dominante, fa riferimento alla Teoria Quantitativa della Moneta (TQM), rappresentata dalla linea sottile tratteggiata che compare nella parte alta del grafico quando l’attività economica è sufficientemente intensa. La TQM non fa alcun riferimento alla preferenza per la liquidità, ma solo al livello di produzione. Tale teoria, quando l’attività economica è intensa, arriva a conclusioni non troppo dissimili da quelle dell’economia dinamica; esclude, però, che all’origine di questo meccanismo possa esserci la preferenza per la liquidità. Con un approccio di questo tipo, però, si trascura il meccanismo che è alla base della deflazione da debiti.
È tutta qui la natura del contendere. La TQM e la dottrina economica dominante rifiutano che il livello di produzione, ossia l’attività economica, possa essere associata a una grandezza ritenuta soggettiva, come la preferenza per la liquidità, e, come tale, non inquadrabile in una modellazione realistica dei rapporti economici. In questa visione, ci si limita solo a dire che le unità sono svogliate e quindi improduttive.
Secondo questa visione, perciò, la scarsa produttività è responsabile di una perdita di competitività, che si manifesta in un aumento del livello dei prezzi, che, a sua volta, porta il sistema economico a perdere terreno nella competizione con altri sistemi più efficienti. Ne consegue che:
scarsa produttività → squilibrio commerciale
È questa la visione del dirigente d’azienda, quindi microeconomica, corretta nel suo ambito di applicazione, ma per un sistema aggregato, può non essere vera.
Si è già accennato, in altri post, a cosa s’intende per squilibrio monetario. Si è visto, infatti, che in un’interazione commerciale competitiva tra sistemi economici con differente livello di emissione monetaria, il principio di massima entropia dimostra che la liquidità si trasferisce sempre dal sistema con maggiore emissione monetaria a quello con minore emissione monetaria.
Rifacendosi, allora, al principio di massima entropia, nell’ambito del modello di economia dinamica, può dirsi che lo squilibrio commerciale è prodotto, innanzitutto, da uno squilibrio monetario che produce incertezza associata a informazione inutilizzabile. Questa, a sua volta, è la conseguenza della riduzione dell’entropia economica che genera un quanto di scambio più grande, cioè un aumento della preferenza per la liquidità.
Nell’esempio grafico, il lettore può rendersi conto di ciò, prestando attenzione a come l’entropia unitaria, somma di sfin (entropia da rischio finanziario) e del rapporto tra reddito medio umedio ed emissione monetaria unitaria m (entropia da rischio economico), diminuisca all’aumentare del quanto di scambio, cioè della preferenza per la liquidità, e viceversa.
Ne consegue che un gap entropico prodotto da uno squilibrio commerciale è la causa dell’aumento della preferenza per la liquidità, di un crollo della fiducia e, quindi, di una riduzione dell’attività economica. Perciò, il nesso di causa ed effetto, che la dottrina economica attuale ritiene vero, nel caso di un sistema aggregato, va del tutto ribaltato nel seguente:
squilibrio commerciale → scarsa produttività
Se si osserva il grafico attentamente, si nota un’altra cosa rilevante. La regione di pre-deflazione è un regime di funzionamento del sistema economico, entro il quale, la perdita di competitività è insostenibile; basta osservare come cresca la preferenza per la liquidità ζ, in modo del tutto incompatibile con un regolare svolgimento dell’attività economica. Pertanto, un sistema economico non può mantenersi indefinitamente in tale configurazione, non essendo per nulla competitivo ed è destinato a slittare rapidamente verso la deflazione da debiti, cioè verso quella condizione economica in cui la svendita delle attività produttive è vista come l’unica soluzione al debito diffuso. In questo modo, si giustifica, in Italia, la svendita di un numero molto grande di attività produttive e di marchi italiani storici, per effetto di uno squilibrio commerciale, che ha una ragione di fondo esclusivamente di natura monetaria.
Si noti, inoltre, come il tasso d’interesse critico ir del sistema cresca molto rapidamente al crescere della preferenza per la liquidità rendendo appetibile, nelle prime fasi di avvio della depressione del sistema, la speculazione finanziaria, quando i tassi d’interesse non sono ancora troppo elevati, cosa che permette di lucrare sui differenziali dei rendimenti. L’effetto di queste azioni speculative è un’ulteriore spinta verso la deflazione da debiti, perché è l’avvio dell’indebitamento di detti sistemi.
Un altro aspetto sul quale occorre soffermarsi, ultimo in ordine di presentazione ma importantissimo, è il modo in cui si accresce la preferenza per la liquidità. Si nota che essa, nelle condizioni di maggior depressione, cresce in modo spropositato rispetto all’emissione monetaria. Che cosa può essere responsabile di una crescita simile? La risposta è una soltanto: è l’entità del debito a far lievitare la preferenza per la liquidità in questo modo. Nelle condizioni correnti, la preferenza per la liquidità ha movente transattivo, precauzionale e anche speculativo, ma quando il debito si diffonde e cresce, esso diventa predominante perché le unità si affannano a recuperare in ogni modo possibile la liquidità che occorre per ripagarlo.

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