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sabato 9 gennaio 2016

Il tasso d’interesse



Tasso d’interesse reale e nominale

Ancora una volta, il nostro oggetto di studio è la preferenza per la liquidità che ha movente sia transattivo, per far fronte alle spese correnti e a quelle impreviste, sia precauzionale, per tenere lontano lo stato di necessità, sia, infine, speculativo. Presteremo, ora, attenzione a quest’ultimo tipo di movente che consiste non nel ricercare scambi di natura produttiva del tipo D-M-D’ (Denaro, Merce, Denaro), ma del tipo D-D’ con D’>D. In questo modo, l’individuo non smobilita la liquidità a favore di un’attività produttiva ma cerca solo una vincita monetaria ottenibile scommettendo la moneta in proprio possesso. L’individuo, infatti, se è affetto da preferenza per la liquidità, non vuole attendere l’evolversi del ciclo produttivo, ma desidera che il suo investimento possa essere riconvertito in moneta, nel più breve tempo possibile. In ogni caso, la vincita richiesta è un tasso d’interesse che cresce all’aumentare dell’incertezza che affligge la sua scommessa.

L’incertezza associata a questo tipo di scommessa è una valutazione soggettiva di una probabilità molto piccola che avvenga un dato evento atteso nell’ambito del sistema economico su cui si scommette. Tanto più piccola è questa probabilità, tanto più grande deve essere la vincita riscossa. Inoltre, questa probabilità è pari al rapporto tra il numero di configurazioni favorevoli (microstati favorevoli) allo scommettitore e il numero di tutte le possibili configurazioni (microstati possibili) assunte dal sistema economico sul quale sta scommettendo. Si tratta, quindi, di una stima alquanto incerta perché l’informazione su questi dati non può che essere incompleta.
Questo tipo di scelta, nelle condizioni d’incertezza su indicate, è un tipo molto particolare di decisione d’investimento che si riconduce a un modello matematico ben preciso appartenente all’ambito della teoria delle decisioni e che è stato trattato, nell’800, dal matematico e fisico svizzero Daniel Bernoulli. Questi, riconducendo la propria analisi al paradosso della lotteria di San Pietroburgo, giunse a stabilire una relazione di buon senso di tipo logaritmico tra il premio da pagare, in una scommessa, e la vincita che è inversamente proporzionale alla probabilità di ottenere successo.
È necessario osservare che il logaritmo del reciproco della probabilità suddetta è pari al logaritmo del numero dei microstati possibili, rapportato alla loro molteplicità, ed è perciò proprio l’entropia economica. Quando questa si massimizza, cioè l’informazione è la massima possibile, allora la decisione presa è la più corretta possibile (si noti che si parla d’informazione massima possibile e mai completa).
È importante notare che, nel nostro caso, il premio da pagare è l’investimento in moneta mentre la vincita è l’interesse. Pertanto, il suddetto legame logaritmico di questa particolare scommessa, presa in condizioni d’incertezza, può essere anche essere espresso, inversamente, da una relazione esponenziale che lega il tasso d’interesse all’investimento in moneta che, in un’attività speculativa, coincide con il quanto di scambio preferenza per la liquidità. Tale relazione dipende, inoltre, da fattori soggettivi.
Il modello di economia dinamica, che si basa sul principio di massima entropia, dimostra che il tasso d’interesse reale, cioè quello associato alla decisione più corretta secondo buon senso, ha un’espressione di tipo esponenziale, in cui i fattori soggettivi cui fare riferimento, in condizioni di massima informazione possibile, consistono nell’emissione monetaria unitaria. Il tasso d’interesse reale è, pertanto, definibile dall’espressione seguente:
ir = 1 – e-ζ/m
in cui ζ è la preferenza per la liquidità e m è l’emissione monetaria unitaria, cioè l’emissione di moneta che giunge, per velocità di circolazione unitaria, mediamente in ciascuna delle unità del sistema economico omogeneo considerato. Il tasso d’interesse reale è, quindi, un parametro endogeno di ogni sistema economico omogeneo dal punto di vista del suo comportamento. Si badi che il tasso d’interesse reale definito nel modello di economia dinamica non va confuso con il parametro che si ottiene, invece, in condizioni di equilibrio tra il mercato delle merci e quello finanziario, applicando il modello IS-LM.
Dell’esistenza di un parametro di questa natura se n’era già reso conto John Maynard Keynes che lo definì col nome di tasso d’interesse critico. Egli, facendo riferimento al rendimento di un titolo di borsa, definì il tasso d’interesse critico, al di sotto del quale è preferibile non investire, con l’espressione seguente:
ir = i/(i+1)
in cui i è il tasso d’interesse atteso per la propria attività speculativa. Si noti che ir è un tasso d’interesse con cui l’investitore stima la redditività di un dato sistema economico sul quale vorrebbe investire.
Il modello di economia dinamica dimostra che il tasso d’interesse reale ha proprio l’espressione ottenuta da Keynes e, quindi, coincide con il tasso d’interesse critico. Tuttavia, mentre il tasso d’interesse critico, per Keynes, è soggettivo, il modello di economia dinamica mostra che il tasso d’interesse reale è endogeno e determinabile per ogni sistema omogeneo di cui siano note la preferenza per la liquidità e l’emissione monetaria unitaria. Ciò perché l’econodinamica fa riferimento all’evoluzione più probabile, che è quella per cui l’entropia è massima. Quando l’entropia, in fase dinamica, sta ancora massimizzandosi, e l’informazione non è ancora giunta agli operatori, tale parametro è soggettivo perché ogni operatore valuta a suo modo l’informazione ricevuta. Per contro, l’evoluzione finale, corrispondente al massimo dell’entropia, e dell’informazione quando si diffonde, sarà quella definita dal tasso d’interesse reale e, in queste condizioni, esso ha la massima probabilità di verificarsi.
Il tasso d’interesse nominale è, invece, un dato cui fanno riferimento gli operatori e definisce il rendimento percentuale ottenibile in un dato investimento. Se il tasso d’interesse nominale è inferiore a quello critico o reale (per l’evoluzione più probabile), l’investitore interrompe, se ha modo di farlo, il proprio investimento, per non subire una perdita, e lo trasforma in liquidità monetaria. Ed è così che prende avvio il meccanismo della trappola della liquidità nel quale cade il sottosistema sul quale si vorrebbe investire e, nel complesso, l’intero sistema economico, per il quale s’inceppa il percorso della moneta. Se tale situazione perdura nel tempo, il sottosistema interessato dall’interruzione monetaria può deprimersi così rapidamente da raggiungere anche la condizione di deflazione da debiti, in cui ha avvio la svendita delle attività produttive.
In condizioni di trappola della liquidità, gli investitori che trattengono la liquidità preferiscono orientarla verso le attività speculative di breve e brevissima scadenza (short termism) con lo scopo di trattenere la moneta il più possibile. Questo modo di operare può, però, dare avvio a una febbre speculativa che, sebbene possa incrementare gli scambi di titoli finanziari, tende a essere causa d’instabilità finanziaria.
Quando il sistema produttivo è affetto da incertezza, che amplia la sua preferenza per la liquidità e ne riduce la produttività, oppure, il che talvolta è la stessa cosa, esso è soggetto a un deflusso di liquidità prodotto da un deficit commerciale, il suo tasso d’interesse reale cresce e, se il tasso d’interesse nominale è basso, perché vincolato da una politica di stabilizzazione dei tassi d’interesse, si manifesta il blocco degli investimenti produttivi e si crea deflazione.
Un'altra condizione, riguardante il tasso d’interesse nominale, si ha nel caso in cui esso è significativamente superiore al tasso d’interesse reale per effetto di un mark-up praticato dalle banche, per loro esigenze di bilancio o di profitto, se esse hanno un’elevata preferenza per la liquidità. In questo caso, può farsi riferimento a un’espressione detta “yeld to maturity“ individuata dall’economista americano Irving Fisher e che si scrive nella forma seguente:
i’ = i + Δi
in cui i’ è il tasso d’interesse (nominale) di un titolo sul quale vuole aversi il rendimento i (che coincide con quello reale) quando è presente un’inflazione Δi che tende a deprezzarne il rendimento. L’applicazione di questa relazione può farsi sia ex ante, sia ex post. Nel caso di nostro interesse, l’applicazione di un mark-up elevato è equivalente a un’applicazione ex ante dello “yeld to maturity“ e costringe il sistema produttivo a generare inflazione, perché le imprese, per restituire i prestiti ricevuti dalle banche al tasso d’interesse maggiorato, sono costrette ad aumentare i profitti, alzando i prezzi.
Si comprende, quindi, che gli scostamenti del tasso d’interesse nominale da quello reale possono essere oltremodo critici, potendo indurre, secondo i casi, deflazione o inflazione. Per contro, il tasso d’interesse reale è anch’esso estremamente fluttuante perché dipende dalla preferenza per la liquidità, a sua volta, associata all’incertezza.
Perché sia garantita stabilità a un sistema economico, occorrebbe, allora, rendere stabile, non il tasso d'interesse nominale, ma quello reale e, se si osserva la sua espressione analitica, ci si rende conto che l’unico parametro in grado di fare ciò è l’emissione monetaria. Questa, però, non basta da sola a stabilizzare il sistema economico, perché occorre anche garantire il regolare deflusso del percorso della moneta, scavalcando quelle interruzioni che possono presentarsi per eccesso di preferenza per la liquidità. Questo può farlo un solo tipo di canale monetario, quello del Tesoro, ritenuto discrezionale dall’attuale dottrina economica, ossia la Spesa Pubblica, che è in grado di giungere in modo diretto su quei sottosistemi che sono in trappola della liquidità o peggio, senza attraversare quelli che trattengono moneta per attività puramente speculative. Affinché ciò possa essere fatto senza creare squilibri di altra natura, occorre però fare riferimento a criteri cooperativi, non più improntati alla sola ricerca della competitività.

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