Il mito della domanda sempre decrescente
Nella sintesi neoclassica dell’economia, un ruolo
decisivo, per l’interpretazione e la previsione del comportamento dei sistemi
economici, è svolto dalla curva di
domanda aggregata che è derivata dal modello
di Hicks o modello IS-LM.
Quest’ultimo modello costituisce l’anima della sintesi tra parte del
pensiero keynesiano e la teoria neoclassica. Nel modello di Hicks entra, infatti, in gioco un concetto del tutto
estraneo alla visione di Keynes, imperniata, invece, sul ruolo decisivo svolto
dall’incertezza. Precisamente, nel modello di Hicks è introdotto il
concetto di equilibrio tra mercato delle
merci e finanziario, eseguito analizzando come variano le componenti della
domanda, di Keynes, esplicitando la produzione e raffrontandola con la
corrispondente offerta di moneta. Si
ottengono due curve della produzione in funzione del tasso d’interesse, la prima che rappresenta il mercato delle merci
e la seconda, quello finanziario.
Secondo questa modellazione, è, perciò, individuabile
un equilibrio ben definito tra la domanda di merci e l’offerta di moneta che definisce un dato
livello di produzione per un corrispondente tasso
d’interesse, una volta che siano fissati l’offerta di moneta rapportata ai prezzi
e la spesa pubblica. Queste ultime
due grandezze, infatti, intervengono, l’una come elemento di stimolo della domanda di merci e l’altra
come elemento propulsore del mercato finanziario.
In sostanza, l’offerta
di moneta, rapportata ai prezzi,
e la spesa pubblica determinano
diverse giaciture delle curve rappresentative, rispettivamente, del mercato
delle merci e del mercato finanziario. La loro intersezione definisce una
coppia tasso d’interesse – produzione.
La curva di domanda aggregata si ottiene
dalle curve del mercato delle merci e di quello finanziario, semplicemente,
eliminando, per sostituzione, il tasso
d’interesse. Si ottiene, così, un’unica
curva che, fissata l’offerta di
moneta e la spesa pubblica,
dipende soltanto dal livello dei prezzi
e dalla produzione.
La curva di
domanda aggregata, in un piano Y – p,
avente in ordinata il livello dei prezzi,
è supposta essere monotona decrescente.
Si suppone, quindi, che la produzione
domandata cresca sempre al diminuire del livello dei prezzi. Inoltre,
questa curva tende a spostarsi verso l’alto per effetto di politiche economiche espansive, quando, cioè, aumenta la spesa pubblica o l’offerta di moneta.
La supposta monotonia
della curva di domanda aggregata corrisponde a un’esigenza della dottrina
neoclassica ben precisa e cioè che la produzione sia univocamente definibile, una volta fissati i fattori della
produzione: capitale e lavoro.
Il problema insito in questo modo di modellare
l’economia consiste, proprio, nel supporre che la curva di domanda sia sempre monotona decrescente. Basta, infatti,
osservare che se ciò fosse vero, un sistema economico depresso potrebbe essere stimolato a domandare beni,
semplicemente, mediante un abbassamento del livello dei prezzi. Invece ciò, nella realtà, non
avviene.
La semplice e banale considerazione che quanto più
basso è il prezzo di un prodotto, tanto più si è invogliati a domandarlo, nel
caso in specie, è del tutto fuori luogo, perché si sta analizzando una domanda aggregata che comprende l’intera
produzione, cioè l’intera attività
economica, e il livello dei prezzi
racchiude in sé anche il livello dei
salari. Pertanto, non sempre l’abbassamento del livello dei prezzi e, quindi, anche dei salari, può essere visto come un fattore che possa stimolare
l’economia.
Un altro enorme
problema della curva di domanda così supposta è quella per cui, a questo
punto, la produzione domandata è una
funzione decrescente del livello dei prezzi. Cioè, quando i prezzi
diminuiscono, la produzione domandata deve aumentare. È l’evidenza più forte
che qualcosa, in questo modello, non va bene. Infatti, ciò equivale a dire che
in una condizione di deflazione,
quando cioè il livello dei prezzi tende a diminuire, la domanda dovrebbe aumentare e ciò non accade mai.
Inoltre, se la curva di domanda avesse l’andamento
descritto, un sistema economico caratterizzato da un’attività produttiva molto
depressa dovrebbe avere un livello dei prezzi molto alto, tanto di più, quanto
più l’attività economica è depressa. E la cosa non è per nulla vera perché un
sistema di questo tipo è un sistema in deflazione da debiti. È vero che questa condizione può generare iperinflazione, ma ciò avviene solo quando l’attività economica
cerca di espandersi per ripagare il debito, non quando il sistema economico
continua a contrarsi.
Il modello di
economia dinamica permette di desumere, in modo naturale, applicando il
principio di massima entropia, un
legame tra il livello dei prezzi e l’attività economica, fissata l’emissione monetaria unitaria che si
desume senza fare riferimento alcuno al concettodi equilibrio, ma solo determinando la configurazione
più probabile. I parametri che
intervengono in questa relazione sono gli stessi della curva di domanda
aggregata di derivazione neo-keymesiana,
in ambito neoclassico. L’unica
differenza sostanziale è che tale funzione è determinata per ciascun sottosistema costituente il sistema
economico complessivo. La curva, dal punto di vista qualitativo, è riportata in
figura 1 e si vede come essa si
sposti verso l’alto per effetto di politiche
espansive (aumento di moneta emessa
all’interno del sistema) o si abbassi per effetto di politiche restrittive. In un post
precedente si è già presentato, in forma di grafico tridimensionale, l’aspetto
di questa particolare relazione.
Figura 1 |
La curva ottenuta nel modello econodinamico mostra una differenza sostanziale: il primo
tratto è crescente, presenta poi un massimo relativo e prosegue diventando decrescente all’aumentare dell’attività economica. Ne consegue anche un fatto
rilevante dal punto di vista concettuale: è
il livello dei prezzi che è una funzione della produzione e non il viceversa.
Quest’ultima considerazione, di per sé, vanifica anche una delle basi teoriche
neoclassiche e cioè l’esistenza di una
funzione di produzione univoca.
Il tratto iniziale crescente rappresenta la regione
della deflazione da debiti in cui il debito presente all’interno del sistema
economico è così alto da esasperare la preferenzaper la liquidità e invogliare verso la dismissione
e svendita delle attività produttive. Su questo tipo di configurazione, il
modello neoclassico non fa alcuna previsione.
Un’altra caratteristica di questa derivazione è che
essa, a differenza del modello neoclassico, permette di analizzare cosa accade
in ciascun sottosistema. Poiché le velocità di circolazione della moneta e
la preferenza per la liquidità
variano per ciascun sottosistema, può
benissimo accadere che alcuni sottosistemi cadano in situazioni di depressione
economica (pre-deflazione, trappola della liquidità o deflazione da debiti) mentre per altri
ciò non accade, per un dato livello di attività economica, denunciando, così,
che il sistema complessivo presenta interruzioni
e blocchi del percorso della moneta.
L’azione dell’offerta
di moneta e della spesa pubblica
è, peraltro, molto diversa per ogni tipo di sottosistema. Infatti, le due
grandezze citate operano su canali
monetari differenti. Mentre l’offerta
di moneta da parte della Banca Centrale si traduce in emissione monetaria
entro i sistemi con più alto fattore monetario, la Spesa Pubblica
agisce, invece, sui sottosistemi più depressi e che sono raggiunti dal percorso della moneta solo dopo aver
attraversato altri sottosistemi. Penalizzare, ad esempio, la spesa pubblica equivale a interrompere
il canale monetario che permette di sanare gli squilibri interni al sistema economico complessivo. Quando questi squilibri si manifestano, nel lungo
periodo, ne risentono anche gli altri sistemi che iniziano a orientarsi verso
le attività speculative, con tutte le
conseguenze che ciò comporta.
La curva di
domanda aggregata neoclassica, che ha la pretesa di analizzare l’intero sistema economico, non può,
pertanto, analizzare cosa accade nei suoi vari costituenti. Se a ciò si aggiunge la defaiance associata alla sua supposta
monotonia, ci si rende conto che, in effetti, si tratta di uno strumento di
analisi che presenta molte pecche.
La curva di
domanda aggregata è impiegata per fare previsioni di politica economica mediante la ricerca di un altro tipo di equilibrio; quello con il mercato del lavoro e, purtroppo, ne stiamo pagando, e ne pagheremo,
tutte le conseguenze della sua applicazione.
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