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venerdì 29 gennaio 2016

La curva di domanda aggregata



Il mito della domanda sempre decrescente

Nella sintesi neoclassica dell’economia, un ruolo decisivo, per l’interpretazione e la previsione del comportamento dei sistemi economici, è svolto dalla curva di domanda aggregata che è derivata dal modello di Hicks o modello IS-LM. Quest’ultimo modello costituisce l’anima della sintesi tra parte del pensiero keynesiano e la teoria neoclassica. Nel modello di Hicks entra, infatti, in gioco un concetto del tutto estraneo alla visione di Keynes, imperniata, invece, sul ruolo decisivo svolto dall’incertezza. Precisamente, nel modello di Hicks è introdotto il concetto di equilibrio tra mercato delle merci e finanziario, eseguito analizzando come variano le componenti della domanda, di Keynes, esplicitando la produzione e raffrontandola con la corrispondente offerta di moneta. Si ottengono due curve della produzione in funzione del tasso d’interesse, la prima che rappresenta il mercato delle merci e la seconda, quello finanziario.

Secondo questa modellazione, è, perciò, individuabile un equilibrio ben definito tra la domanda di merci e l’offerta di moneta che definisce un dato livello di produzione per un corrispondente tasso d’interesse, una volta che siano fissati l’offerta di moneta rapportata ai prezzi e la spesa pubblica. Queste ultime due grandezze, infatti, intervengono, l’una come elemento di stimolo della domanda di merci e l’altra come elemento propulsore del mercato finanziario.
In sostanza, l’offerta di moneta, rapportata ai prezzi, e la spesa pubblica determinano diverse giaciture delle curve rappresentative, rispettivamente, del mercato delle merci e del mercato finanziario. La loro intersezione definisce una coppia tasso d’interesse – produzione. La curva di domanda aggregata si ottiene dalle curve del mercato delle merci e di quello finanziario, semplicemente, eliminando, per sostituzione, il tasso d’interesse. Si ottiene, così, un’unica curva che, fissata l’offerta di moneta e la spesa pubblica, dipende soltanto dal livello dei prezzi e dalla produzione.
La curva di domanda aggregata, in un piano Y – p, avente in ordinata il livello dei prezzi, è supposta essere monotona decrescente. Si suppone, quindi, che la produzione domandata cresca sempre al diminuire del livello dei prezzi. Inoltre, questa curva tende a spostarsi verso l’alto per effetto di politiche economiche espansive, quando, cioè, aumenta la spesa pubblica o l’offerta di moneta.
La supposta monotonia della curva di domanda aggregata corrisponde a un’esigenza della dottrina neoclassica ben precisa e cioè che la produzione sia univocamente definibile, una volta fissati i fattori della produzione: capitale e lavoro.
Il problema insito in questo modo di modellare l’economia consiste, proprio, nel supporre che la curva di domanda sia sempre monotona decrescente. Basta, infatti, osservare che se ciò fosse vero, un sistema economico depresso potrebbe essere stimolato a domandare beni, semplicemente, mediante un abbassamento del livello dei prezzi. Invece ciò, nella realtà, non avviene.
La semplice e banale considerazione che quanto più basso è il prezzo di un prodotto, tanto più si è invogliati a domandarlo, nel caso in specie, è del tutto fuori luogo, perché si sta analizzando una domanda aggregata che comprende l’intera produzione, cioè l’intera attività economica, e il livello dei prezzi racchiude in sé anche il livello dei salari. Pertanto, non sempre l’abbassamento del livello dei prezzi e, quindi, anche dei salari, può essere visto come un fattore che possa stimolare l’economia.
Un altro enorme problema della curva di domanda così supposta è quella per cui, a questo punto, la produzione domandata è una funzione decrescente del livello dei prezzi. Cioè, quando i prezzi diminuiscono, la produzione domandata deve aumentare. È l’evidenza più forte che qualcosa, in questo modello, non va bene. Infatti, ciò equivale a dire che in una condizione di deflazione, quando cioè il livello dei prezzi tende a diminuire, la domanda dovrebbe aumentare e ciò non accade mai.
Inoltre, se la curva di domanda avesse l’andamento descritto, un sistema economico caratterizzato da un’attività produttiva molto depressa dovrebbe avere un livello dei prezzi molto alto, tanto di più, quanto più l’attività economica è depressa. E la cosa non è per nulla vera perché un sistema di questo tipo è un sistema in deflazione da debiti. È vero che questa condizione può generare iperinflazione, ma ciò avviene solo quando l’attività economica cerca di espandersi per ripagare il debito, non quando il sistema economico continua a contrarsi.
Il modello di economia dinamica permette di desumere, in modo naturale, applicando il principio di massima entropia, un legame tra il livello dei prezzi e l’attività economica, fissata l’emissione monetaria unitaria che si desume senza fare riferimento alcuno al concettodi equilibrio, ma solo determinando la configurazione più probabile.  I parametri che intervengono in questa relazione sono gli stessi della curva di domanda aggregata di derivazione neo-keymesiana, in ambito neoclassico. L’unica differenza sostanziale è che tale funzione è determinata per ciascun sottosistema costituente il sistema economico complessivo. La curva, dal punto di vista qualitativo, è riportata in figura 1 e si vede come essa si sposti verso l’alto per effetto di politiche espansive (aumento di moneta emessa all’interno del sistema) o si abbassi per effetto di politiche restrittive. In un post precedente si è già presentato, in forma di grafico tridimensionale, l’aspetto di questa particolare relazione.
La curva del livello dei prezzi si presenta altenativa alla curva di domanda aggragata ed è determinata per ogni sottosistema di un sistema economico. Si vede che essa presenta un tratto inziale crescente in corrispondenza della deflazione da debiti.
Figura 1
 La curva ottenuta nel modello econodinamico mostra una differenza sostanziale: il primo tratto è crescente, presenta poi un massimo relativo e prosegue diventando decrescente all’aumentare dell’attività economica. Ne consegue anche un fatto rilevante dal punto di vista concettuale: è il livello dei prezzi che è una funzione della produzione e non il viceversa. Quest’ultima considerazione, di per sé, vanifica anche una delle basi teoriche neoclassiche e cioè l’esistenza di una funzione di produzione univoca.
Il tratto iniziale crescente rappresenta la regione della deflazione da debiti in cui il debito presente all’interno del sistema economico è così alto da esasperare la preferenzaper la liquidità e invogliare verso la dismissione e svendita delle attività produttive. Su questo tipo di configurazione, il modello neoclassico non fa alcuna previsione.
Un’altra caratteristica di questa derivazione è che essa, a differenza del modello neoclassico, permette di analizzare cosa accade in ciascun sottosistema. Poiché le velocità di circolazione della moneta e la preferenza per la liquidità variano per ciascun sottosistema, può benissimo accadere che alcuni sottosistemi cadano in situazioni di depressione economica (pre-deflazione, trappola della liquidità o deflazione da debiti) mentre per altri ciò non accade, per un dato livello di attività economica, denunciando, così, che il sistema complessivo presenta interruzioni e blocchi del percorso della moneta.
L’azione dell’offerta di moneta e della spesa pubblica è, peraltro, molto diversa per ogni tipo di sottosistema. Infatti, le due grandezze citate operano su canali monetari differenti. Mentre l’offerta di moneta da parte della Banca Centrale si traduce in emissione monetaria entro i sistemi con più alto fattore monetario, la Spesa Pubblica agisce, invece, sui sottosistemi più depressi e che sono raggiunti dal percorso della moneta solo dopo aver attraversato altri sottosistemi. Penalizzare, ad esempio, la spesa pubblica equivale a interrompere il canale monetario che permette di sanare gli squilibri interni al sistema economico complessivo. Quando questi squilibri si manifestano, nel lungo periodo, ne risentono anche gli altri sistemi che iniziano a orientarsi verso le attività speculative, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
La curva di domanda aggregata neoclassica, che ha la pretesa di analizzare l’intero sistema economico, non può, pertanto, analizzare cosa accade nei suoi vari costituenti. Se a ciò si aggiunge la defaiance associata alla sua supposta monotonia, ci si rende conto che, in effetti, si tratta di uno strumento di analisi che presenta molte pecche.
La curva di domanda aggregata è impiegata per fare previsioni di politica economica mediante la ricerca di un altro tipo di equilibrio; quello con il mercato del lavoro e, purtroppo, ne stiamo pagando, e ne pagheremo, tutte le conseguenze della sua applicazione.

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