I capitali e la bilancia dei pagamenti
Il senso comune associa alla moneta, nelle sue diverse possibili forme aggregate, un carattere
indistinto che non fa identificare i diversi ruoli che la moneta assume e i suoi differenti effetti. Il primo principio del modello di economia
dinamica mette in risalto, invece, una differenza sostanziale tra due
possibili impieghi della moneta. Esso
evidenzia che la moneta circolante in
un sistema economico è la differenza tra la liquidità
in ingresso e la crescita. Quest’ultima
rappresenta l’espansione dell’attività
economica, per la quale, un ruolo decisivo è svolto dal capitale, ossia il valore dell’insieme dei mezzi di produzione anticipati in fase di avvio di un’attività.
Il primo
principio indica che un aumento dei
capitali si traduce in una riduzione del circolante – perciò della ricchezza
complessiva derivante dai redditi – se, a fronte della crescita prodotta dal capitale,
non fa riscontro un adeguato apporto di liquidità
monetaria.
In pratica, la crescita,
ottenuta tramite un aumento dei capitali,
contribuisce, assieme all’aumento di produzione,
all’offerta complessiva di un sistema
economico, mentre la liquidità
rappresenta l’ammontare complessivo di moneta
disponile per la domanda. Un eccesso
di offerta, rispetto alla domanda, conduce perciò a un impoverimento e il primo principio afferma, quindi, quel che un qualsiasi operatore
economico direbbe: «se offro più di
quanto ricevo, m’impoverisco».
Il primo
principio ha la forma seguente: ΔU =
Q – L; in cui ΔU è la moneta circolante, Q è la liquidità e L è la crescita. Esso, perciò,
ricalca fedelmente il primo principio
della termodinamica e sono, in particolare, le analogie tra crescita e lavoro termodinamico e tra attività
economica e volume a essere rilevanti
per il ragionamento che segue. Nel caso termodinamico, il lavoro è positivo quando comporta un’espansione del volume del sistema mentre è negativo quando comporta una compressione
del volume. Allo stesso modo, il modello di economia dinamica mostra che la crescita è positiva quando comporta
un’espansione dell’attività economica
del sistema mentre è negativa quando
comporta una compressione dell’attività
economica.
Per comprendere appieno gli effetti del capitale, associato alla crescita, occorre aver chiaro che, in un
sistema aggregato, l’attività economica si espande per
l’effetto congiunto o disgiunto di due elementi: l’aumento della produzione e del capitale.
Nella visione attuale la crescita è associata al solo aumento della produzione. Nel modello
di economia dinamica si fa, invece,
riferimento anche al capitale
impiegato, perché questo non può
considerarsi moneta circolante e, tantomeno, domanda. Infatti, il capitale, sebbene possa derivare
anch’esso da una riserva di liquidità,
una volta indirizzato al suo scopo
produttivo, non può più essere dirottato verso altri scopi. È, quindi, moneta orientata all’espansione dell’attività
economica. In ciò, ancora una volta, la crescita,
nel modello di economia dinamica, è
perfettamente analoga al lavoro
termodinamico che rappresenta una forma di energia orientata all’aumento
del volume, ottenuta sfruttando, in
parte, l’energia dei suoi costituenti.
Si pensi, ora, a un esempio immaginario in cui accada
che un sistema economico aumenti i propri
capitali senza ottenere alcun aumento della produzione. Questo caso è
normalmente escluso dalla dottrina neoclassica perché esistendo, secondo questa
visione, una funzione di produzione
univoca di capitale e lavoro, se ciò accade, la causa è da ricercare,
esclusivamente, in una riduzione della
produttività del lavoro. Questa
visione, giungendo a questa conclusione, mostra di non voler prendere in considerazione la reale dinamica tra domanda e offerta, che, in sostanza, è l’azione
congiunta di crescita e liquidità. Infatti, la vera causa di ciò
che accade nell’esempio immaginario visto potrebbe essere, invece, un’altra:
l’attività produttiva si contrae, nonostante l’aumento del capitale, perché non c’è domanda
sufficiente e gli ordini sono inferiori a
quanto preventivato.
Il modello di
economia dinamica, con l’introduzione del capitale all’interno della crescita, mostra così che, quando
avviene un’evenienza come quella sopra descritta, la crescita c’è stata, ma non è stata supportata da liquidità (leggasi domanda) e il sistema ha, complessivamente, ridotto la propria ricchezza. Un ragionamento siffatto
mostra che, in realtà, non ci sono imputati
da trovare, nella fattispecie i lavoratori, ma solo che occorre attuare un
qualche correttivo al sistema
economico, a livello aggregato.
La presenza del capitale
come elemento decisivo della crescita è un fatto importantissimo perché il valore del capitale, come anche già dimostrato da Piero Sraffa, dipende dal modo in cui evolvono i prezzi
monetari. La crescita è, perciò,
una grandezza di scambio i cui
effetti dipendono dal modo in cui evolve il sistema economico e, soprattutto,
da come evolve l’altra grandezza di
scambio: la liquidità, cioè la domanda. Ancora una volta, il primo principio dell’economia dinamica mostra
di essere concettualmente analogo all’omonimo principio della termodinamica,
per il quale calore e lavoro sono
grandezze di scambio ciascuna delle quali, da sola, non può determinare
univocamente come evolve un sistema reale, ma solo la loro azione congiunta può
farlo.
I capitali interni a un sistema economico contribuiscono
alla sua crescita, essendo orientati
all’aumento dell’attività economica e, così, riducono, anche, la preferenza per la liquidità, inversamente
proporzionale all’attività economica.
Inoltre, essi riducono la moneta
circolante perché una quota di questa entra a far parte dei bilanci di attività economiche e diventa
inamovibile. Se i capitali di un dato
sistema sono investiti anche su altri sistemi economici, essi contribuiscono ulteriormente
alla crescita positiva del sistema
economico di provenienza che accresce la
propria attività economica generando offerta
anche verso tali sistemi. È il caso
tipico delle banche la cui attività economica prevalente consiste nel
finanziare altre attività mediante capitali.
Se i capitali sono
ricevuti, come fonte di finanziamento, da un altro sistema economico, essi equivalgono a una crescita negativa e comportano un aumento del circolante, in accordo
all’equazione: ΔU = Q – L. Tuttavia,
giacché essi contribuiscono all’espansione
dell’attività economica di un altro sistema – quello che ha investito i
propri capitali – ciò porta a una parziale
compressione dell’attività economica del
sistema che non impiega capitali propri, anche se l’attività economica può, comunque, crescere, grazie a un surplus
di produzione rispetto al valore dal capitale ricevuto. È questo il caso
delle imprese che non impiegano capitali propri e restituiscono il capitale più gli interessi. L’arrivo di capitali
dall’esterno del sistema economico considerato comporta, quindi, l’aumento
della sua preferenza per la liquidità,
compensato solo da un aumento della
produzione che, abbiamo visto, dipende anche alla liquidità scambiata, cioè dal livello di domanda.
I capitali
in arrivo da altri sistemi economici, quindi, aumentano il circolante, e inducono aumento della preferenza per la liquidità, se non vi è sufficiente domanda in grado di sostenere la produzione. Ciò è tanto più vero quanto
più essi tendono a sostituirsi ai
capitali propri impiegati, prima, dal sistema economico. Il loro arrivo, tra
l’altro, tende a formare debito e ciò
comporta il formarsi di riserve in forma di accumuli monetari occorrenti a
ripagarlo.
In un sistema economico eterogeneo nazionale, l’azione di capitali esteri tende a comprimere l’attività economica dei
sistemi che, prima, si occupavano di fornire capitali domestici, in particolare, le banche. Queste, così, tendono a orientarsi verso attività speculative, aumentando la loro
preferenza per la liquidità, oppure
tendono a orientarsi verso attività di cui, prima, non avevano interesse a
occuparsi, fornendo capitali ad altri
sistemi economici, che, così, aumentano anch’essi la loro preferenza per la liquidità.
In sostanza, l’espansione
attraverso l’esportazione di capitali dell’attività economica finanziaria di un sistema Paese si traduce nella
corrispondente compressione dell’attività
economica finanziaria del Paese importatore di capitali che, nel complesso,
aumenta la propria preferenza per la liquidità, in maniera diffusa, e perde la capacità di attuare una futura crescita.
L’attuale contabilità
internazionale della bilancia dei
pagamenti agisce proprio nel modo visto, quando un sistema economico Paese che ha subito un deflusso di liquidità, causato da uno squilibrio commerciale, è costretto a
compensare tale squilibrio facendo
affluire capitali dall’estero, se non
può svalutare la propria moneta. Si ha, così, che un conto corrente negativo – la differenza tra importazioni ed esportazioni
– deve essere compensato da un conto
finanziario positivo, consistente
nel fare affluire capitali
dall’estero.
È evidente, in base al ragionamento fatto sopra, che
questo modus operandi conduce a una progressiva e inesorabile depressione del sistema economico in deficit, perché la sua futura possibilità di crescita, mediante capitali
propri, risulta definitivamente compromessa e ciò porta a un accrescersi continuo della preferenza per la liquidità, orientata a
ripagare il debito estero contratto.
Ciò agisce in concomitanza col fatto che i deflussi
di liquidità impediscono ogni possibile aumento della produzione. Inoltre,
gli oneri passivi sul debito estero erodono la possibile formazione di nuovi capitali propri.
Chi, invece, ha un conto corrente positivo – un eccesso di esportazioni rispetto alle importazioni,
ottenuto contraendo il proprio livello di
domanda interno – cioè un surplus
è, non solo autorizzato, ma invogliato a crescere
ancora di più, indirizzando i propri capitali
verso l’estero. Ciò fa ridurre, al suo interno, il circolante ΔU = Q – L
(con L positivo) perché la liquidità in ingresso è convertita in
crescita, con un conseguente mantenimento della contrazione del livello di domanda interna del Paese in surplus. Ciò mantiene
inalterato lo squilibrio commerciale
che, nel tempo, non solo non accenna a diminuire ma si accresce sempre di più.
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