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domenica 7 febbraio 2016

Modelli di svalutazione interna



Critica al modello AS-AD

Le critiche più aspre dell’attuale visione economica verso la politica fiscale sono, solo in parte, dovute alla genesi dell’inflazione per eccesso di moneta circolante; cosa, peraltro, discutibile e non del tutto vera. La critica più consistente alla politica fiscale è, invece, la supposizione che essa tenda a deprimere il commercio internazionale, favorendo barriere al libero scambio di capitali attuate mediante presidi monetari, primo fra tutti, il cambio valutario fluttuante, attuate al fine di difendere l’autonomia della politica fiscale degli Stati quando essi subiscono un deficit commerciale.
Secondo la visione liberista occorre, invece, favorire il più possibile il commercio internazionale senza alcun tipo di barriera. Ciò, in linea di principio, è molto bello e sarebbe anche condivisibile, peccato che, in pratica, si mostra difficilmente applicabile e, soprattutto, è causa di squilibri che sono la vera causa della depressione del commercio internazionale.

Secondo la suddetta visione, gli unici correttivi che gli Stati devono attuare sono le liberalizzazioni, ossia la rimozione di tutti i vincoli e rigidità che impediscono l’attuazione di una libera concorrenza e leale competizione economica. In un regime di concorrenzialità perfetta il fattore che discrimina il successo è, prevalentemente, il livello dei prezzi. Quando più esso è basso rispetto ai concorrenti, maggiori sono le possibilità di successo.
Questo modo di intendere la macroeconomia è conseguenza della micro fondazione, cioè di quella linea di pensiero che attribuisce al sistema aggregato le stesse proprietà dei suoi costituenti: le aziende. A livello micro, il prezzo determina, in condizioni di concorrenza perfetta, il successo e, affinché esso sia raggiungibile, occorre ottimizzare i costi della produzione. Si ritiene, perciò, che a livello aggregato debba farsi la stessa cosa: ottimizzare i costi. Pertanto, occorre tener basso il livello dei prezzi e, perciò, moderare i salari che rappresentano un costo.
Questo, però, è un approccio semplicistico alla macroeconomia che ha, invece, una complessità molto superiore a quella della gestione aziendale, non perché questa sia semplice, ma perché obiettivi e finalità della macroeconomia sono più ampi ed estesi. Una Nazione, oltre a non essere soltanto un’azienda molto grande, persegue, anche dal punto di vista economico, obiettivi e finalità non riconducibili alla sola ricerca di un utile o di un surplus; inoltre, non può, come fa un’azienda, licenziando, disfarsi di una parte del sistema che lo costituisce, ritenuta sgradita, perché, anch’essa è parte del sistema e contribuisce alla sua dinamica economica complessiva.
Partendo dalla micro fondazione della macroeconomia è, così, logico supporre l’esistenza di una funzione di produzione univoca e, date le dotazioni del sistema, esiste un livello di produzione naturale cui il sistema tende, una volta rimosse le rigidità e gli ostacoli che si oppongono al suo raggiungimento; prime fra tutte le tutele salariali. È secondo quest’assunto che la dottrina economica mette in campo un modello di riallineamento degli squilibri commerciali che, in sostanza, è un modello di svalutazione interna, alternativo alla svalutazione monetaria: il modello AS-AD. Questa modellazione è sinteticamente rappresentata in figura 1.

Il modello AS - AD è il modello di riferimento delle svalutazioni interne competitive e si basa sull'assunto dell'esistenza di un livello di produzione naturale raggiungibile comunque nel lungo periodo
Figura 1

Nella sua configurazione iniziale, un sistema economico si trova a un livello di produzione Yn che corrisponde alle sue dotazioni e possiede un livello dei prezzi iniziale, p0 eccessivo rispetto ai concorrenti.
Nella prima fase, è attuata una politica restrittiva consistente nella contrazione dei deficit di bilancio pubblici che significa, sostanzialmente, riduzione della spesa pubblica e inasprimento della tassazione. Ciò comporta un abbassamento della curva di domanda aggregata AD che, intersecandosi con la curva di offerta aggregata AS, determina una nuova intersezione P che, nel breve periodo, porta il sistema economico a un livello di produzione Y1 inferiore a quello naturale e a un livello dei prezzi p1 più basso di quello iniziale. Nella seconda fase, si attuano le riforme strutturali che, nel medio periodo, servono a rimuovere le rigidità e le resistenze per portare verso un ampliamento dell’offerta, possibile grazie alle dotazioni proprie del sistema e a un ritorno, nel lungo periodo, al livello di produzione naturale Yn; a questo punto, si realizza anche il livello dei prezzi atteso pe, molto più basso di quello iniziale. Il sistema economico, torna, così, a essere competitivo.
Abbiamo già osservato che la curva di domanda aggregata non è decrescente in tutto il suo dominio, come supposto nell’ambito del modello AS-AD, e ciò è dovuto all’effetto della preferenza per la liquidità che è prodotta dal debito e dall’incertezza indotta. Questo debito è originato dalla brusca interruzione del percorso della moneta all’interno del sistema economico complessivo. Queste interruzioni sono tanto più gravi quanto più forti sono le contrazioni della spesa pubblica, sul canale monetario ausiliario, che prima consentivano di rimuovere le interruzioni nel percorso della moneta. Rammentiamo che la spesa pubblica funziona come una pompa monetaria che ripristina la circolazione della moneta e mantiene stabile il livello di fiducia e, quindi, degli investimenti. Pertanto, il modello corretto, come si mostra nel modello di economia dinamica, non è più quello descritto in figura 1, ma quello descritto in figura 2.

La critica del modello AS - AD è fondata sulla forma non decrescente del legame prezzi - produzione e sul fatto che l'entropia non può accrescersi in presenza di un deficit commerciale
Figura 2

In questa figura compare ancora, tratteggiata, la curva AD della modellazione neokeynesiana, solo, però, a scopo di confronto. Al posto della curva AD compare il legame livello dei prezzi – produzione visto già nei post precedenti. Quest’ultima curva non è, però, decrescente ma ha un tratto iniziale crescente, corrispondente al regime definito col nome di deflazione da debiti.
Perciò, al posto dell’intersezione unica tra la curva di offerta aggregata AS e la curva AD si rileva la presenza di due possibili intersezioni – o di nessuna – tra la curva AS e quella del livello dei prezzi. Va rilevato che queste intersezioni non costituiscono un equilibrio nel senso neoclassico, sia perché la curva del livello dei prezzi non deriva da alcun equilibrio, ma è desunta, tramite il principio di massima entropia, come quella che ha la massima probabilità di verificarsi nella dinamica degli scambi, sia perché la curva di offerta, in realtà, rappresenta l’insieme dei vincoli contrattuali che regola le interazioni tra i sottosistemi di un sistema economico (ad esempio: il job act). L’intersezione ha, quindi, il significato di configurazione più probabile compatibile con i vincoli contrattuali.
Si osserva, innanzitutto, che l’azione depressiva sul livello di produzione della politica restrittiva attuata è molto più forte di quella ipotizzabile con il modello AS-AD e ciò è dovuto alla forma del legame prezzi produzione. Tuttavia, la cosa più grave che si rileva è che, non essendo più univoca l’intersezione tra le due curve, può benissimo accadere che un’azione restrittiva troppo brusca spinga direttamente parte del sistema economico in deflazione da debiti (ad esempio, quel che è accaduto in Grecia). Quand’anche questa evenienza non si manifestasse, la depressione può essere, comunque, tale da indurre trappola della liquidità e deflazione (in altri post detta pre-deflazione). Può anche accadere che l’intersezione non esista del tutto e ciò, inevitabilmente, sospinge direttamente il sistema verso la deflazione da debiti.
Questa fase si evolve interamente nel breve periodo. Nel medio periodo l’evoluzione del sistema economico è, invece, governata dal modo in cui varia l’entropia economica. Bisogna, ora, ricordare che il sistema economico sta attuando una svalutazione interna perché non è competitivo, quindi è soggetto a un deficit commerciale che comporta una sottrazione di liquidità ΔQ dal sistema, da parte del settore estero. Il modello di economia dinamica dimostra che:
ΔQ = m·ΔS < 0       ΔS < 0
Cioè, il sistema sta riducendo la propria entropia economica, quindi non può più accedere a configurazioni cui prima, invece, poteva accedere. Questo significa una cosa sola: la produzione non può aumentare quando il sistema è soggetto a sottrazione di liquidità. Pertanto, non è più vero che il sistema economico possa tornare spontaneamente al livello di produzione naturale. Al contrario, le dotazioni del sistema economico si vanno progressivamente perdendo (fallimenti, chiusure di stabilimenti e crescita di sofferenze bancarie), come testimoniato dalla riduzione di entropia economica.
Esiste, allora, una condizione in cui il modello AS-AD è valido?. Si, certo che esiste.
Esso è valido solo per chi attua una svalutazione interna competitiva prima degli altri nel momento in cui è possibile acquisire liquidità dall’estero. Solo in queste condizioni, l’entropia economica può aumentare e il livello di produzione può tornare a crescere fino a raggiungere e superare il livello di produzione originaria. Così facendo, però, si sono creati squilibri commerciali e si sono acquisiti surplus oltremodo instabili, perché sottendono debito non estinguibile con moneta. E queste sono le vere cause della depressione del commercio internazionale, non certo la politica fiscale.

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