Critica al modello AS-AD
Le critiche più aspre dell’attuale visione economica verso
la politica fiscale sono, solo in
parte, dovute alla genesi dell’inflazione
per eccesso di moneta circolante;
cosa, peraltro, discutibile e non del tutto vera. La critica più consistente
alla politica fiscale è, invece, la
supposizione che essa tenda a deprimere
il commercio internazionale, favorendo barriere al libero scambio di capitali attuate mediante presidi monetari, primo fra tutti, il cambio valutario fluttuante, attuate al
fine di difendere l’autonomia della
politica fiscale degli Stati quando essi subiscono un deficit commerciale.
Secondo la visione liberista occorre, invece, favorire
il più possibile il commercio
internazionale senza alcun tipo di
barriera. Ciò, in linea di principio, è molto bello e sarebbe anche
condivisibile, peccato che, in pratica, si mostra difficilmente applicabile e,
soprattutto, è causa di squilibri che
sono la vera causa della depressione del
commercio internazionale.
Secondo la suddetta visione, gli unici correttivi che
gli Stati devono attuare sono le liberalizzazioni,
ossia la rimozione di tutti i vincoli
e rigidità che impediscono
l’attuazione di una libera concorrenza
e leale competizione economica. In un
regime di concorrenzialità perfetta
il fattore che discrimina il successo è, prevalentemente, il livello dei prezzi. Quando più esso è basso
rispetto ai concorrenti, maggiori sono le possibilità di successo.
Questo modo di intendere la macroeconomia è conseguenza della micro fondazione, cioè di quella linea di pensiero che attribuisce
al sistema aggregato le stesse
proprietà dei suoi costituenti: le aziende.
A livello micro, il prezzo determina, in condizioni di concorrenza perfetta, il successo e,
affinché esso sia raggiungibile, occorre ottimizzare i costi della produzione. Si
ritiene, perciò, che a livello aggregato
debba farsi la stessa cosa: ottimizzare i
costi. Pertanto, occorre tener basso il livello
dei prezzi e, perciò, moderare i salari
che rappresentano un costo.
Questo, però, è un approccio semplicistico alla macroeconomia che ha, invece, una
complessità molto superiore a quella della gestione
aziendale, non perché questa sia semplice, ma perché obiettivi e finalità
della macroeconomia sono più ampi ed
estesi. Una Nazione, oltre a non essere soltanto un’azienda molto grande, persegue, anche dal punto di vista economico,
obiettivi e finalità non riconducibili alla sola ricerca di un utile o di un surplus; inoltre, non può, come fa un’azienda, licenziando, disfarsi di una parte del sistema che lo
costituisce, ritenuta sgradita, perché, anch’essa è parte del sistema e contribuisce alla sua dinamica economica complessiva.
Partendo dalla micro
fondazione della macroeconomia è,
così, logico supporre l’esistenza di una funzione di produzione univoca e, date le dotazioni
del sistema, esiste un livello di produzione naturale cui il sistema tende, una volta rimosse le rigidità e gli ostacoli che si oppongono al suo raggiungimento; prime fra tutte le
tutele salariali. È secondo quest’assunto
che la dottrina economica mette in campo un modello di riallineamento degli squilibri commerciali che, in sostanza,
è un modello di svalutazione interna,
alternativo alla svalutazione monetaria:
il modello AS-AD. Questa modellazione
è sinteticamente rappresentata in figura
1.
Figura 1 |
Nella sua configurazione iniziale, un sistema
economico si trova a un livello di
produzione Yn che
corrisponde alle sue dotazioni e
possiede un livello dei prezzi
iniziale, p0 eccessivo
rispetto ai concorrenti.
Nella prima fase,
è attuata una politica restrittiva
consistente nella contrazione dei deficit
di bilancio pubblici che significa, sostanzialmente, riduzione della spesa pubblica e inasprimento della tassazione. Ciò comporta un abbassamento
della curva di domanda aggregata AD che,
intersecandosi con la curva di offerta
aggregata AS, determina una nuova intersezione P che, nel breve periodo, porta il sistema
economico a un livello di produzione Y1
inferiore a quello naturale e a un livello
dei prezzi p1 più basso di quello iniziale. Nella seconda fase, si attuano le riforme strutturali che, nel medio periodo, servono a rimuovere le rigidità e le resistenze per portare verso un ampliamento dell’offerta, possibile
grazie alle dotazioni proprie del sistema
e a un ritorno, nel lungo periodo, al
livello di produzione naturale Yn;
a questo punto, si realizza anche il livello
dei prezzi atteso pe, molto più basso di quello iniziale. Il
sistema economico, torna, così, a essere competitivo.
Abbiamo già osservato che la curva di domanda aggregata non è decrescente in tutto il suo dominio,
come supposto nell’ambito del modello
AS-AD, e ciò è dovuto all’effetto della preferenza per la liquidità che è prodotta dal debito
e dall’incertezza indotta. Questo debito è originato dalla brusca
interruzione del percorso della moneta
all’interno del sistema economico complessivo. Queste interruzioni sono tanto
più gravi quanto più forti sono le contrazioni della spesa pubblica, sul canale monetario ausiliario, che prima consentivano di rimuovere le interruzioni nel percorso della moneta. Rammentiamo che la
spesa pubblica funziona come una pompa monetaria che ripristina la circolazione della moneta e mantiene stabile il livello
di fiducia e, quindi, degli investimenti.
Pertanto, il modello corretto, come si mostra nel modello di economia dinamica, non è più quello descritto in figura 1, ma quello descritto in figura 2.
Figura 2 |
In questa figura compare ancora, tratteggiata, la curva AD della modellazione neokeynesiana, solo, però, a scopo di confronto. Al
posto della curva AD compare il
legame livello dei prezzi – produzione
visto già nei post precedenti. Quest’ultima
curva non è, però, decrescente ma ha un tratto iniziale crescente, corrispondente al regime definito col nome di deflazione da debiti.
Perciò, al posto dell’intersezione unica tra la curva di offerta aggregata AS e la curva AD si rileva la presenza di due possibili intersezioni – o di nessuna –
tra la curva AS e quella del livello dei prezzi. Va rilevato che queste
intersezioni non costituiscono un equilibrio
nel senso neoclassico, sia perché la curva del livello dei prezzi non deriva da alcun equilibrio, ma è desunta,
tramite il principio di massima entropia,
come quella che ha la massima probabilità
di verificarsi nella dinamica degli
scambi, sia perché la curva di
offerta, in realtà, rappresenta l’insieme
dei vincoli contrattuali che regola le interazioni tra i sottosistemi di un sistema economico (ad esempio: il job act). L’intersezione ha, quindi, il
significato di configurazione più
probabile compatibile con i vincoli contrattuali.
Si osserva, innanzitutto, che l’azione depressiva sul livello di produzione della politica
restrittiva attuata è molto più forte di quella ipotizzabile con il modello AS-AD e ciò è dovuto alla forma
del legame prezzi produzione.
Tuttavia, la cosa più grave che si rileva è che, non essendo più univoca l’intersezione
tra le due curve, può benissimo accadere che un’azione restrittiva troppo brusca spinga direttamente parte del
sistema economico in deflazione da debiti
(ad esempio, quel che è accaduto in Grecia). Quand’anche questa evenienza non
si manifestasse, la depressione può essere, comunque, tale da indurre trappola della liquidità e deflazione (in altri post detta pre-deflazione). Può anche accadere che l’intersezione non esista del tutto e ciò, inevitabilmente, sospinge
direttamente il sistema verso la deflazione
da debiti.
Questa fase si evolve interamente nel breve periodo. Nel medio periodo l’evoluzione
del sistema economico è, invece, governata dal modo in cui varia l’entropia economica. Bisogna, ora,
ricordare che il sistema economico sta attuando una svalutazione interna perché non è competitivo, quindi è soggetto a
un deficit commerciale che comporta
una sottrazione di liquidità ΔQ dal sistema, da parte del settore estero. Il modello di economia dinamica dimostra che:
ΔQ = m·ΔS
< 0 → ΔS < 0
Cioè, il sistema sta riducendo la propria entropia economica, quindi non può più accedere a configurazioni
cui prima, invece, poteva accedere. Questo significa una cosa sola: la produzione non può aumentare quando
il sistema è soggetto a sottrazione di
liquidità. Pertanto, non è più vero che il sistema economico possa tornare spontaneamente
al livello di produzione naturale. Al contrario, le dotazioni del sistema economico si vanno progressivamente perdendo
(fallimenti, chiusure di stabilimenti e crescita di sofferenze bancarie), come testimoniato dalla riduzione di entropia economica.
Esiste, allora, una condizione in cui il modello AS-AD è valido?. Si, certo che
esiste.
Esso è valido solo per chi attua una svalutazione interna competitiva prima
degli altri nel momento in cui è
possibile acquisire liquidità dall’estero. Solo in queste condizioni, l’entropia economica può aumentare e il
livello di produzione può tornare a crescere fino a raggiungere e superare il livello di produzione originaria. Così
facendo, però, si sono creati squilibri commerciali e si sono acquisiti surplus
oltremodo instabili, perché sottendono
debito non estinguibile con moneta. E
queste sono le vere cause della
depressione del commercio internazionale, non certo la politica fiscale.
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