Pagine del blog

sabato 13 febbraio 2016

Azioni anticicliche



Il ripristino della ricorrenza

Si è visto che la politica fiscale permette di espandere il circolante rimuovendo le interruzioni nel percorso della moneta causate dall’incertezza. Così facendo, essa opera amplificando, non solo la liquidità disponibile per la domanda, ma anche favorendo la crescita delle imprese grazie alla possibilità, per esse, di ricevere quel di più di moneta mancante causata del tasso d’interesse sul debito (figura 1). Il contemporaneo potenziamento della liquidità e della crescita porta, non solo alla riduzione degli squilibri, ma anche al potenziamento dell’intero sistema economico in tutte le sue parti. È lo sviluppo, ossia l’interazione simultanea e dinamica di crescita e liquidità.
Si è visto che questo tipo di politica permette di contrastare l’eccesso di preferenza per la liquidità che si manifesta quando è presente incertezza causata da un eccesso di debito e di credito, senza che vi sia sufficiente circolante.

Schema della politica fiscale secondo l'econodinamica
Figura 1
L’incertezza presente in un sistema economico è, infatti, dovuta non solo al debito ma anche al credito, perché affinché questo sia ripagato, occorre che qualcuno possa compiere la restituzione. A livello aggregato, l’incertezza è dovuta al non sapere cosa potrà accadere e, più precisamente, se nel futuro possano manifestarsi configurazioni e stati molto sgraditi; lo stesso Keynes si sofferma questo concetto più volte. In sostanza, l’incertezza è qualcosa che è associata a una grande molteplicità di configurazioni possibili, in cui può venirsi a trovare un sistema economico, e tra queste ve ne possono essere di molto spiacevoli. È allora logico ricorrere al concetto di entropia che rappresenta la misura del numero di microstati costituenti un macrostato. Essa rappresenta, anche, la misura dell’informazione che occorre per conoscere un dato sistema. Questa informazione può essere o troppo grande, quando gli stati indesiderati iniziano ad apparire accessibili, o inutilizzabile quando gli stati desiderati si riducono e si profila, con maggiore probabilità, lo spettro dello stato di necessità.
Non sono tanto i valori assoluti dell’entropia a essere rilevanti in quest’ambito, quanto, semmai, le sue variazioni. Brusche variazioni di entropia, in positivo o in negativo, indicano che i sistemi economici o accedono a nuovi stati – tra questi, diversi indesiderati – che richiedono informazione aggiuntiva, o non possono più accedere a certe configurazioni e l’informazione su di esse si rivela inutilizzabile per sfuggire allo stato di necessità.
Questa doppia veste delle variazioni di entropia corrisponde, rispettivamente, al credito, per il quale l’informazione aggiuntiva è sapere quando esso sarà ripagato, e se lo sarà, e cresce sempre di più con il suo ammontare e con la riduzione della moneta circolante, e al debito per il quale si rivela inutile ogni azione se manca moneta circolante che ne consenta l’estinzione. In entrambi i casi, perciò, le variazioni di entropia economica sono sempre inversamente proporzionali all’emissione monetaria ed è quello che si ottiene nel modello di economia dinamica.
Si è visto in altri post che la forma d’informazione più completa è quella ricorrente. Se, infatti, il processo della produzione fosse perfettamente ricorrente, i prezzi monetari si manterrebbero stabili in ogni ciclo produttivo, come già evidenziato da Piero Sraffa. È vero che il debito è ineliminabile del tutto, ma, in queste condizioni, il debito e il credito sono percepiti come cose che vanno e vengono e tendono a non generare incertezza. È, infatti, possibile osservare che nelle trasformazioni cicliche, le variazioni di entropia di un sistema sono nulle.
Le variazioni dei prezzi monetari, in cicli successivi, sono il segnale che il sistema economico sta evolvendo in maniera diversa da quella ricorrente. Si badi che quando ci si riferisce ai prezzi, in essi occorre comprendere anche i salari. Sono queste modifiche dell’evoluzione (εντροφή: entropia) di un sistema che possono essere analizzate attraverso le variazioni di entropia che sottendono, come detto, il formarsi di credito e di debito. L’incertezza, essendo associata alle brusche variazioni di entropia economica, è la causa principale dell’instabilità dei sistemi economici. A sua volta, però, l’incertezza è l’effetto degli squilibri quando l’entropia si massimizza; quando, cioè, l’informazione si diffonde all’interno del sistema economico.
Per rendere, quindi, quanto più stabile possibile un sistema economico, occorre far sì che esso tenda ad avere un comportamento ciclico ricorrente. L’azione della politica fiscale va proprio in questo senso. Occorre adesso distinguere due tipi di ciclo economico.
A)    Il ciclo economico di breve durata associato al tempo occorrente affinché la moneta sia emessa, sia amplificata dalle banche, sia prestata alle imprese, siano pagati i salari, si esplichino la fase di consumo e la restituzione della moneta alle banche e, infine, alla Banca Centrale.
B)    Il ciclo economico di lunga durata comprendente diversi cicli come i precedenti, in cui può manifestarsi una ben precisa tendenza.
Quando un ciclo economico di lunga durata inizia a mostrare una tendenza del sistema alla depressione, quindi negativa, la politica fiscale si comporta da azione anticiclica che contrasta l’azione negativa causata, in ogni ciclo breve, dal manifestarsi dell’incertezza prodotta, a sua volta, da un qualche squilibrio in atto. L’azione anticiclica della politica fiscale consente, così, di ripristinare la ricorrenza dei cicli brevi.
È a questo punto che la politica fiscale, per un sistema economico nazionale, mostra diverse debolezze intrinseche dovute alla natura degli squilibri in atto, se è assente ogni forma di cooperazione all’interno del sistema monetario internazionale.
Se lo squilibrio è solo interno, la politica fiscale funziona efficacemente a condizione che il debito presente all’interno del sistema non sia eccessivo. La politica fiscale diventa, infatti, inefficace se una parte del sistema è in deflazione da debiti. Ciò perché, essendo il fattore monetario negativo, l’azione di tale politica non si tramuta in attività economica ma solo in trasferimento di moneta ai creditori, senza che s’interrompano le dismissioni delle attività produttive. In questa situazione, occorre rinunciare alla sola politica fiscale, nel modo in cui è stata presentata, e occorre ricorrere ad azioni molto più decise.
Se lo squilibrio è esterno, la politica fiscale, se non è supportata da un adeguato presidio monetario, cioè dalla possibilità di poter svalutare in modo da ripristinare l’equilibrio monetario, non fa altro che amplificare lo squilibrio esterno, causato dal diverso modo con cui i due sistemi emettono moneta. Essendo la politica fiscale emissione monetaria aggiuntiva, il suo effetto è di accrescere questa forma di squilibrio.
Si capisce, perciò, che affinché sia possibile ripristinare la ricorrenza ciclica, serve un insieme di regole monetarie condivise che permettano a ciascun Paese di attuare, in piena autonomia, le azioni anticicliche volte a contrastare le tendenze negative in atto.
L’attuale tendenza è, invece, quella di imporre che un sistema economico nazionale, che subisce uno squilibrio esterno, debba risanarlo con le proprie sole forze, contando solo sulla crescita, cioè su svalutazioni interne feroci. Si vedrà, ricorrendo al principio di massima entropia, che ciò è assolutamente impossibile.
In sostanza, siamo ripiombati nel bel mezzo degli anni 20' e ’30 del secolo scorso, in cui lo standard aureo portava tutti i Paesi a fare questo tipo di azione per ristabilire l’equilibrio commerciale. E quegli anni si sono conclusi nel peggiore dei modi possibili …

Nessun commento: