Il ripristino della ricorrenza
Si è visto che la politica fiscale permette di espandere il circolante
rimuovendo le interruzioni nel percorso della moneta causate dall’incertezza.
Così facendo, essa opera amplificando, non solo la liquidità disponibile per la domanda, ma anche favorendo la crescita delle imprese grazie alla
possibilità, per esse, di ricevere quel di
più di moneta mancante causata del
tasso d’interesse sul debito (figura 1). Il contemporaneo
potenziamento della liquidità e della
crescita porta, non solo alla
riduzione degli squilibri, ma anche
al potenziamento dell’intero sistema economico in tutte le sue parti. È lo sviluppo, ossia l’interazione simultanea
e dinamica di crescita e liquidità.
Si è visto che questo tipo di politica permette di
contrastare l’eccesso di preferenza per la liquidità che si manifesta quando è presente incertezza causata da un eccesso di debito e di credito,
senza che vi sia sufficiente circolante.
Figura 1 |
L’incertezza
presente in un sistema economico è, infatti, dovuta non solo al debito ma anche al credito, perché affinché questo sia ripagato, occorre che qualcuno
possa compiere la restituzione. A livello aggregato, l’incertezza è dovuta al non
sapere cosa potrà accadere e, più precisamente, se nel futuro possano manifestarsi configurazioni
e stati molto sgraditi; lo stesso Keynes si sofferma questo concetto più
volte. In sostanza, l’incertezza è
qualcosa che è associata a una grande molteplicità di configurazioni possibili,
in cui può venirsi a trovare un sistema economico, e tra queste ve ne possono
essere di molto spiacevoli. È allora
logico ricorrere al concetto di entropia
che rappresenta la misura del numero di microstati
costituenti un macrostato. Essa
rappresenta, anche, la misura dell’informazione
che occorre per conoscere un dato sistema. Questa informazione può essere o troppo grande, quando gli stati indesiderati iniziano ad apparire
accessibili, o inutilizzabile quando
gli stati desiderati si riducono e si profila, con maggiore probabilità, lo
spettro dello stato di necessità.
Non sono tanto i valori
assoluti dell’entropia a essere rilevanti in quest’ambito, quanto, semmai,
le sue variazioni. Brusche variazioni
di entropia, in positivo o in
negativo, indicano che i sistemi economici o accedono a nuovi stati – tra questi, diversi indesiderati – che richiedono informazione aggiuntiva, o non possono
più accedere a certe configurazioni e l’informazione
su di esse si rivela inutilizzabile
per sfuggire allo stato di necessità.
Questa doppia veste delle variazioni di entropia corrisponde, rispettivamente, al credito, per il quale l’informazione aggiuntiva è sapere quando
esso sarà ripagato, e se lo sarà, e
cresce sempre di più con il suo ammontare e con la riduzione della moneta circolante, e al debito per il quale si rivela inutile
ogni azione se manca moneta circolante
che ne consenta l’estinzione. In entrambi i casi, perciò, le variazioni di entropia economica sono sempre inversamente
proporzionali all’emissione monetaria ed è quello che si ottiene nel modello di economia dinamica.
Si è visto in altri post che la forma d’informazione
più completa è quella ricorrente. Se,
infatti, il processo della produzione fosse perfettamente
ricorrente, i prezzi monetari si manterrebbero stabili in ogni ciclo
produttivo, come già evidenziato da Piero Sraffa. È vero che il debito è ineliminabile del tutto, ma, in
queste condizioni, il debito e il credito sono percepiti come cose che vanno e vengono e tendono a non generare
incertezza. È, infatti, possibile osservare
che nelle trasformazioni cicliche, le
variazioni di entropia di un sistema sono nulle.
Le variazioni dei prezzi
monetari, in cicli successivi, sono il segnale che il sistema economico sta evolvendo in maniera diversa da quella ricorrente. Si badi che quando ci si
riferisce ai prezzi, in essi occorre
comprendere anche i salari. Sono
queste modifiche dell’evoluzione (εντροφή: entropia) di un sistema che
possono essere analizzate attraverso le variazioni
di entropia che sottendono, come detto, il formarsi di credito e di debito. L’incertezza, essendo associata alle
brusche variazioni di entropia economica,
è la causa principale dell’instabilità
dei sistemi economici. A sua volta, però, l’incertezza
è l’effetto degli squilibri quando l’entropia si massimizza; quando, cioè, l’informazione si diffonde all’interno del sistema economico.
Per rendere, quindi, quanto più stabile possibile un sistema economico, occorre far sì che esso
tenda ad avere un comportamento ciclico
ricorrente. L’azione della politica fiscale va proprio in questo senso.
Occorre adesso distinguere due tipi di ciclo economico.
A) Il ciclo economico di breve durata associato al tempo
occorrente affinché la moneta sia emessa, sia amplificata dalle banche, sia
prestata alle imprese, siano pagati i salari, si esplichino la fase di consumo
e la restituzione della moneta alle banche e, infine, alla Banca Centrale.
B) Il ciclo economico di lunga durata comprendente diversi cicli come
i precedenti, in cui può manifestarsi una ben precisa tendenza.
Quando un ciclo
economico di lunga durata inizia a mostrare una tendenza del sistema alla depressione,
quindi negativa, la politica fiscale si comporta da azione anticiclica che contrasta
l’azione negativa causata, in ogni ciclo breve, dal manifestarsi dell’incertezza prodotta, a sua volta, da un
qualche squilibrio in atto. L’azione anticiclica della politica fiscale consente, così, di ripristinare la ricorrenza dei cicli brevi.
È a questo punto che la politica fiscale, per un sistema
economico nazionale, mostra diverse debolezze
intrinseche dovute alla natura degli squilibri
in atto, se è assente ogni forma di cooperazione
all’interno del sistema monetario internazionale.
Se lo squilibrio
è solo interno, la politica fiscale
funziona efficacemente a condizione che il debito
presente all’interno del sistema non sia eccessivo. La politica fiscale diventa, infatti, inefficace se una parte del
sistema è in deflazione da debiti.
Ciò perché, essendo il fattore monetario
negativo, l’azione di tale politica non si tramuta in attività economica ma solo in trasferimento
di moneta ai creditori, senza che s’interrompano le dismissioni delle attività produttive. In questa situazione, occorre rinunciare alla sola
politica fiscale, nel modo in cui è stata presentata, e occorre ricorrere ad azioni molto più decise.
Se lo squilibrio
è esterno, la politica fiscale,
se non è supportata da un adeguato presidio
monetario, cioè dalla possibilità di poter svalutare in modo da ripristinare l’equilibrio monetario, non fa altro che amplificare lo squilibrio esterno, causato dal diverso
modo con cui i due sistemi emettono
moneta. Essendo la politica fiscale
emissione monetaria aggiuntiva, il suo effetto è di accrescere questa forma di squilibrio.
Si capisce, perciò, che affinché sia possibile
ripristinare la ricorrenza ciclica,
serve un insieme di regole monetarie condivise
che permettano a ciascun Paese di attuare, in piena autonomia, le azioni
anticicliche volte a contrastare le tendenze
negative in atto.
L’attuale tendenza è, invece, quella di imporre che un
sistema economico nazionale, che
subisce uno squilibrio esterno, debba
risanarlo con le proprie sole forze,
contando solo sulla crescita, cioè su
svalutazioni interne feroci. Si
vedrà, ricorrendo al principio di massima
entropia, che ciò è assolutamente
impossibile.
In sostanza, siamo ripiombati nel bel mezzo degli anni 20' e ’30 del secolo scorso, in cui lo standard aureo portava tutti i Paesi a fare questo tipo di azione per ristabilire l’equilibrio commerciale. E quegli anni si sono conclusi nel peggiore dei modi possibili …
In sostanza, siamo ripiombati nel bel mezzo degli anni 20' e ’30 del secolo scorso, in cui lo standard aureo portava tutti i Paesi a fare questo tipo di azione per ristabilire l’equilibrio commerciale. E quegli anni si sono conclusi nel peggiore dei modi possibili …
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