Moneta e lavoro di un bibliotecario
Il fatto che ogni scambio economico sia causa di un aumento dell’entropia, cioè di un accrescersi
di configurazioni accessibili a un sistema economico e, perciò, di disordine, indica che ogni scambio produce
perdita d’informazione. Ogni crescita
di entropia – e di ricchezza da essa prodotta – richiede, quindi,
che sia necessaria una maggiore informazione
su come evolverà il sistema economico e occorre, perciò, che qualcosa si faccia carico di mettere ordine.
Si pensi a un bibliotecario fannullone, che abbia la cattiva
abitudine di non riporre con metodicità sugli scaffali, al posto giusto, i
libri che i clienti della biblioteca gli vanno, di volta in volta, restituendo.
A ogni scambio di libri, si assisterà a un progressivo aumento di disordine (e di entropia) e occorrerà un’informazione
maggiore per trovare, dentro la biblioteca, un libro che, se non si trova, richiede
la conoscenza dell’evoluzione di tutto
ciò che è accaduto prima.
Le variazioni di entropia
economica, nel modello di economia dinamica, se positive, indicano un aumento di ricchezza, se negative, una riduzione. Queste variazioni sono
inversamente proporzionali all’emissione monetaria, se questa si mantiene costante pur variando l’intensità e la
quantità degli scambi. Ciò porta a variazioni di entropia proporzionali agli scambi e a una variazione esponenziale degli stati accessibili e, tra questi, possono
comparire quelli sgraditi, che prima
non si manifestavano: crediti deteriorati
o debitori insolventi.
Se l’aumento
degli scambi economici è, invece, accompagnato da un corrispondente aumento
proporzionale di emissione di moneta,
il disordine cresce molto meno, e gli stati accessibili al sistema, pur
crescendo, possono mantenersi stabilmente proporzionali all’entità degli scambi,
riducendosi di molto il possibile manifestarsi degli stati sgraditi. Nel caso di una riduzione
degli scambi economici, affinché gli
stati accessibili non si riducano troppo, palesando lo stato di necessità, occorre, anche in questo caso, che l’emissione monetaria aumenti, nonostante
essa, nel complesso, si accompagni a una diminuzione
della ricchezza prodotta da una riduzione
di liquidità.
Quanto detto indica che, affinché le escursioni di entropia non siano eccessive,
l’emissione di moneta andrebbe dosata
seguendo l’evoluzione degli scambi economici, in modo da non
comportare eccessiva perdita
d’informazione. Allo stesso modo, se i libri richiesti aumentano, il
bibliotecario deve lavorare di più, perché non si crei disordine. Se i libri richiesti si riducono, il bibliotecario deve
adoperarsi, anche in questo caso lavorando di più, per mostrarsi più gentile,
affabile ed efficiente al fine di tornare ad attrarre nuovi lettori di libri.
Il bibliotecario può mantenere invariato il proprio impegno solo se le
richieste dei libri si mantengono stabili e confacenti alle esigenze e funzioni
della biblioteca.
Al contrario, l’attuale visione economica ritiene che
la moneta emessa vada contenuta il
più possibile, sempre e in tutte le condizioni. E ciò accade sia per un sistema
economico che va in surplus commerciale,
aumentando il volume degli scambi,
sia per un sistema in deficit commerciale.
Mantenere costante l’emissione di moneta
è, però, un atteggiamento simile a quello del bibliotecario fannullone che non vuole impegnarsi più di tanto; il disordine, in questo
caso, quando aumentano le richieste di libri, può crescere moltissimo; oppure
la biblioteca può perdere la sua funzione se le richieste crollano perché il
bibliotecario non si impegna adeguatamente. L’emissione di moneta, che segue l’evolversi degli scambi, è, perciò,
come un bibliotecario preciso che, per ogni libro restituito, si preoccupa di
riporlo subito nella posizione giusta e l’impegno, che egli deve mettere nel
suo lavoro, cresce all’aumentare dei libri richiesti. L’impegno può essere
finalizzato, anche, ad attrarre quanti più lettori di libri rimuovendo quelle criticità interne alla biblioteca che
sono all’origine dell’abbandono da parte dei lettori.
Quello sopra fatto sembrerebbe un accostamento
gratuito e ardito; eppure, l’emissione di
moneta fa qualcosa di simile al lavoro del bibliotecario: essa, per ogni scambio effettuato, estingue il debito istantaneamente, allo
stesso modo di come il bibliotecario estingue
la scopertura nella posizione di un libro, mettendo ordine. Se l’impegno
del bibliotecario nel mettere ordine non cresce all’aumentare delle
richieste e delle restituzioni dei libri, ciò vuol dire che egli non si sta
preoccupando di estinguere la posizione
rimasta scoperta sugli scaffali della biblioteca, non appena possibile.
Sta, cioè, dilazionando nel tempo
l’estinzione delle posizioni scoperte.
Il disordine (l’entropia), in questo
caso, aumenterà molto e arriverà il momento in cui il bibliotecario si troverà
a dover gestire una quantità d’informazione
così grande che corre il rischio di non riuscire più a venirne a capo.
Insistendo a dilazionare nel tempo
l’estinzione delle posizioni scoperte,
tra l’altro, si solletica l’azzardo
morale di chi, desiderando un certo libro, tenterà di non restituirlo.
Rispetto a questa visione, l’attuale corrente
economica dominante ritiene ininfluente e del tutto trascurabile il disordine prodotto (la perdita d’informazione) perché ritiene
prioritario preservare la maggior
ricchezza acquisita dal sistema in surplus, introducendo, così, una forte asimmetria, tutta a favore del sistema in surplus. Quest’asimmetria, però, come si vedrà, ha un prezzo.
Pertanto, chi va
in surplus dovrebbe aumentare l’emissione di moneta se il cambio è fisso, deve rivalutare la moneta se il cambio è fluttuante. Inoltre, chi va
in deficit, pur riducendo la propria ricchezza, deve poter preservare le proprie possibilità di riequilibrio e questo può
essere fatto solo riducendo gli squilibri interni che possano deprimere troppo alcuni dei sottosistemi costituenti. L’emissione
monetaria aggiuntiva, in questo caso, ha la funzione di prevenire le interruzioni del percorso della moneta, causate
da squilibri interni tra sottosistemi.
Occorre, quindi, che il sistema in deficit
possa essere messo nelle condizioni di sfruttare tutti i possibili canali monetari, Spesa Pubblica compresa, giacché essa svolge proprio la funzione di
attenuare gli squilibri e rimuovere
le criticità interne.
Invece, l’attuale tendenza è di invogliare chi è in surplus a contenere l’emissione di moneta, tenendola costante,
e trasformare il surplus in attività finanziaria supportata dai risparmi
che possa sostituirsi all’emissione di
moneta aggiuntiva che sarebbe necessaria. Se la quantità di moneta emessa è ridotta rispetto al
corso degli scambi, quindi della produzione, si viene a creare del debito non estinguibile tramite la moneta emessa e questo comporta, dal
lato dei creditori, la necessità di
dover gestire un livello d’informazione
crescente su come evolverà il debito.
Funzionale a questa necessità della gestione
dell’informazione è l’impiego delle apparecchiature informatiche e di software sempre più sofisticati per gestire i bilanci
delle attività finanziarie che si
occupano di fornire un sostituto della
moneta: il credito. Continuando a
contenere la moneta emessa, rispetto
al volume degli scambi economici, l’informazione
necessaria seguirà il corso della crescita dell’entropia che, come visto, aumenta proporzionalmente agli scambi,
mentre gli stati accessibili a chi è in
credito aumentano in modo esponenziale.
A questo punto, l’apparato informativo e
gestionale finanziario tende a diventare critico e, per sostenerlo, serve dell’altro. Occorre che il tasso d’interesse dei finanziamenti sia il più basso possibile per evitare che
un eccessivo accumulo di oneri passivi renda
il debito del tutto incontrollabile.
Il modello di
economia dinamica dimostra che l’entropia
è proporzionale al logaritmo del
reciproco del tasso d’interesse e sono sufficienti lievissime fluttuazioni del tasso d’interesse per produrre effetti
considerevoli sul sistema finanziario, la cui preoccupazione è, ora, una
soltanto: la stabilità dei tassi
d’interesse. La criticità del sistema, così costruito, è ora evidenziata
dal fatto che l’intero sistema economico dipende da un unico parametro, il tasso
d’interesse, che, peraltro, è molto
basso. Questo rende, per gli operatori interni di un sistema in surplus che sta contenendo l’emissione di moneta, molto appetibili
altri mercati finanziari esteri, dove
il tasso d’interesse è più alto ma
che, proprio per questo, dispongono di un apparato
informativo molto più contenuto, in quanto l’elevato tasso d’interesse copre il maggior rischio. Ha avvio,
quindi, il trasferimento di attività finanziarie ingenti verso questi settori esteri, se non vi è rischio di cambio e se ciò è consentito dalle regole
monetarie internazionali (la bilancia dei pagamenti).
C’e solo un problema. Mentre nel sistema che ha controllato
la moneta, il sistema informativo si è costruito con gradualità, giovandosi,
peraltro, del surplus commerciale, in
quello estero, in cui arriva la massa dei
finanziamenti, ciò non è successo e non
è possibile controllare l’ammontare del debito allo stesso modo. Inoltre,
in quest’ultimo sistema, il tasso
d’interesse è più alto e genera oneri
passivi molto meno controllabili che nel sistema da cui provengono i
finanziamenti. Nel sistema in cui arrivano i finanziamenti, quindi, il debito non è controllabile, per due
motivi: il sistema informativo è meno
efficiente e il tasso d’interesse più
alto fa aumentare il debito in maniera spropositata. Quando l’informazione sul debito diventa
contraddittoria, quindi incompleta e incoerente, i finanziamenti esteri si arrestano
di colpo, si ha il cosiddetto sudden stop,
e il sistema in deficit è abbandonato
al suo destino, cioè quello di dover fare i conti con un livello di debito enorme, dopo che esso ha subito squilibri interni che ne hanno
compromesso le capacità produttive a causa della contrazione di emissione monetaria volta a favorire la svalutazione interna.
Si assiste, quindi, al trasferimento di una criticità
interna a un sistema in surplus, che
sembra ricalcare il ciclo d’instabilità finanziaria di Minsky, verso un altro sistema
estero. Questo tipo di ciclo economico, descritto in questo post in modo del tutto originale, servendosi
dell’analogia con un bibliotecario, ha un nome ben preciso; è detto ciclo Frenkel – Neftci o ciclo boom-and-bust ed è stato formulato, per la
prima volta nel 1983, dall’economista argentino Roberto Frenkel, per spiegare la crisi dell’America del Cono Sud, ma può essere utilmente impiegata
per spiegare anche la successiva crisi
argentina del 2001 e, infine, quella, più vicina a noi, dell’Eurozona.
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