Liquidità: troppa o troppo poca?
Ci si chiede se il contante,
la moneta liquida, che circola di mano in mano negli scambi, possa essere sostituita da
qualcosa di diverso che ne riduca l’impiego a favore di altri strumenti di credito e debito, senza che ciò alteri il comportamento di un sistema
economico.
La risposta parrebbe, ovviamente, positiva secondo il
sentire comune e in base all’esperienza, ormai diffusa, dell’impiego di
strumenti come carte di credito e di debito. Pertanto, parrebbe logico che, se
ciò è possibile nella vita di tutti i giorni, si possa ulteriormente estendere
questa pratica in modo da ridurre il più possibile il circolante.
L’elemento decisivo per comprendere gli effetti
dell’impiego dei sostituti di moneta
liquida, costituenti particolari tipi di aggregati monetari, è costituito dalla scadenza temporale del debito
associato a tali strumenti.
Tale scadenza
caratterizza, in sostanza, il grado di
liquidità dello strumento monetario impiegato. Più breve è la scadenza,
tanto più liquido è lo strumento
monetario impiegato. In particolare, la moneta legale è lo strumento più liquido perché non presenta alcuna scadenza, poiché estingue il debito in maniera istantanea, all’atto stesso dello
scambio. Al crescere della scadenza del
debito si riduce il grado di liquidità e gli aggregati monetari iniziano a essere associati a un sottostante che rappresenta una vera e
propria attività economica. Non solo,
quando la scadenza temporale aumenta serve dell’altro: servono garanzie e, in definitiva, informazione su come evolve il debito.
Moneta legale |
La tendenza attuale è di identificare la moneta con diverse forme possibili di aggregato monetario. Si passa così dalla
base monetaria definita come M0, ad
altri tipi sempre più complessi, M1, M2, M3, M4 comprendenti anche i depositi
e, poi, obbligazioni e via dicendo, fino ad arrivare ad aggregati monetari
molto illiquidi, in quei Paesi dove si vive solo di debito privato. In questo modo, la definizione di moneta è, per così dire, sfumata e indefinita. Se si chiede, di primo acchito, a un
economista che cos’è la moneta, ci si sentirà rispondere «quale moneta?». E ciò perché non si distingue quel che è realmente
moneta da quel che è, invece,
un’altra cosa: un tipo ben definito di
attività economica. S’identifica,
quindi, con moneta ciò che è associato a un credito
o a un debito.
Per sciogliere questo nodo concettuale occorre, quindi,
una definizione più precisa di quel che è realmente la moneta; nella visione attuale, ciò è possibile solo ricorrendo al
concetto di aggregato monetario che tende aggregare cose che possono essere, tra loro, molto diverse.
Occorre, infatti, discernere e scorporare dal concetto moneta quel che, in realtà, è attività
economica. Per giungere a ciò, occorre osservare, innanzitutto, che ogni attività economica nasce sempre dalla
formazione di un debito. E associato
a un debito c’è sempre un credito; ed è su questa particolare
interazione tra debitore e creditore che occorre indagare, poiché
sono gli stati cui accedono queste
due figure a comportare criticità causate
da indeterminazione e incertezza.
Il creditore
è una figura che, comunque la si voglia definire, sta mobilitando liquidità in proprio possesso verso una
forma di attività che diventa illiquida perché, per un certo tempo, obbliga il creditore ad
allontanarsi dalla liquidità detenuta.
Il creditore sostituisce la propria liquidità con un titolo, cioè con un contratto nel quale sono definiti tutti gli oneri del debitore e, tra
questi, c’è il tasso d’interesse,
ossia il principale motivo per il quale egli sta smobilitando liquidità: ottenere altra liquidità. Il tasso d’interesse, se il creditore non è un tonto, non può essere
inferiore alla probabilità che il debitore ha di fallire e di non onorare
il contratto stipulato col creditore. In caso contrario, il creditore non presta e preferisce immobilizzare la propria liquidità; a
livello aggregato, quando ciò avviene,
si manifesta trappola della liquidità.
La probabilità
che ha il debitore di onorare il contratto
dipende solo in parte dalla sua bravura o, come si dice oggi, dalla sua produttività, perché tale probabilità dipende anche dalla quantità di moneta, cioè dalla liquidità, che il debitore può recuperare negli
scambi generati dalla propria attività. Se immaginassimo, per un attimo,
che la liquidità sia acqua, è
evidente che nessun debitore, per
quanto sia bravo e produttivo, ha
qualche probabilità di successo se opera in una zona desertica. In questo caso, nonostante i suoi sforzi, non potrà mai
restituire l’acqua che gli è stata
prestata, più il qualcosa in più che
è l’interesse, perché per avviare la
propria attività, dovrà cedere il liquido
ricevuto, in occasione del prestito, anche ad altri (fornitori e prestatori
d’opera). Costoro, in un deserto, sono orribilmente assetati e, molto difficilmente, gliela restituiranno in cambio di
qualcosa che lui gli offre, perché lì questa cosa liquida ha un valore molto alto. Il debitore ha, invece, molte più probabilità di successo se egli si
reca in un posto dove c’è molta acqua,
quand’anche non sia particolarmente bravo e produttivo.
La moneta
deve essere, perciò, qualcosa che permetta in un tempo contenuto, compatibile con lo svolgimento delle attività
produttive del debitore, di poter essere
recuperata per consentire la restituzione
al creditore e l’estinzione del debito. È moneta
ogni garanzia fornita da una figura autorevole
indiscussa e indiscutibile – la diremo sovrana
– e da questa emessa e fatta giungere
tramite i canali monetari istituzionali,
in ogni parte del sistema, in modo da
permettere a chi la detiene di cancellare
ogni forma di debito dopo uno scambio, in un tempo breve, tale da non
comportare la necessità d’informazione aggiuntiva su come evolve il debito.
Se il debito non può essere estinto, le
cause sono o che il debitore è un
incapace o che nel sistema economico, o
in una sua parte, non c’è moneta a
sufficienza. Fin quando si ragiona in termini microeconomici, secondo cioè una logica aziendale, la prima possibilità è la più accreditata perché,
a livello micro, una singola azienda
non può mai alterare efficacemente la moneta circolante, poiché non confrontabile con l’insieme aggregato.
Se, però, il ragionamento è svolto facendo riferimento
a un sistema aggregato, le cose
cambiano radicalmente perché diventa molto meno probabile che tutti siano improduttivi e svogliati. È,
invece, molto più probabile che l’attività
economica, quindi la produttività,
sia contratta perché non c’è sufficiente moneta
circolante in una parte
consistente del sistema economico. Cioè manca moneta che possa essere recuperata per estinguere il debito che,
ora, va, sempre a livello aggregato,
ricontrattato e dilazionato sempre più nel tempo, introducendo titoli e
forme sempre più complesse di gestione
del debito associato al sottostante.
Questi titoli vorrebbero affiancare la moneta, ma manca loro una proprietà fondamentale: la capacità di estinguere del tutto il debito, che,
invece, permane. In questo caso, gli stati
cui accedono i debitori e i creditori si modificano: i debitori possono fare sempre meno cose; in primis richiedere altri finanziamenti; i creditori sono obbligati o a svendere i
contratti di credito (i titoli),
magari impacchettandoli in forme più appetibili
per investitori meno accorti, più spregiudicati o ingenui, come le cartolarizzazioni (o una Bad Bank), o a un’affannosa e continua
richiesta d’informazione su come evolve il debito.
Il progressivo affiancamento e sostituzione delle
forme monetarie più liquide, come moneta
legale amplificata dalla velocità di circolazione e pagamenti tramite titoli di deposito in un tempo ristretto, con aggregati
monetari sempre meno liquidi, comporta un allungamento del tempo in cui il debito si estingue. Questo maggior
tempo richiesto per estinguere il debito
indica che, nel sistema economico aggregato, si sta progressivamente
sostituendo qualcosa che sarebbe in grado di regolare il sistema con rapidità,
cioè una variabile di stato del
sistema, con qualcosa che, invece, dipende dall’evoluzione del sistema stesso. Si riguardi, allo scopo, il primo principio dell’economia dinamica:
variazione di moneta
circolante = liquidità – crescita.
Si vede che la moneta
circolante, in sostanza la ricchezza,
si contrae quando aumenta la crescita
delle attività, tra queste il capitale
finanziario, ed è stabile o, peggio, si riduce la liquidità. Mentre la moneta,
se emessa correttamente tramite il giusto canale monetario, e la preferenza per la liquidità, cioè la propensione al
risparmio, determinano congiuntamente lo stato del sistema, la crescita delle attività finanziarie non determina univocamente quale sarà lo
stato finale del sistema economico. Ciò, perché l’effetto della crescita non può essere disgiunto dal
modo in cui varia la liquidità, cioè il
livello di domanda, e, alla fine, gli effetti complessivi dipendono dal
modo in cui evolve la dinamica tra
domanda e offerta. In particolare, il livello
di domanda risente fortemente del modo in cui le unità del sistema attuano
il risparmio, influenzato dalla preferenza per la liquidità, tanto più forte quanto minore è la liquidità presente. Nell’esempio dell’acqua visto sopra, tanto più le persone sono assetate, tanto più difficilmente essi cederanno la propria acqua. Se è alta la propensione al risparmio, rispetto a quella al consumo, le attività finanziarie cresceranno ulteriormente e anche la liquidità presente si contrarrà ancora, perché
vi sarà ancora più debito.
Un sistema economico concepito in modo da contrarre il
circolante è, così, destinato ad
avvitarsi in una spirale di debito
crescente e con scadenze sempre
più dilazionate nel tempo, se manca,
in qualche parte del sistema
complessivo, emissione di moneta che
permetta di estinguerlo per tempo. Questa emissione di moneta potrebbe
provenire dal canale monetario delle
banche che, però, può trovarsi in condizioni di trappola della liquidità se nel sistema c’è troppa poca moneta, dal canale monetario estero delle esportazioni
che può essere bloccato o, peggio, fonte di deflusso
monetario se il sistema è in deficit commerciale. Infine, l’unico canale
monetario che potrebbe intervenire discrezionalmente,
affrontando i problemi insiti nella dinamica creatasi, è quello del Tesoro; ma
questo è inservibile se bloccato da vincoli
di bilancio pubblico, attuati proprio per contrarre la liquidità. È quindi evidente che una condizione di depressione di un sistema economico ha
come causa la contrazione della liquidità,
quindi del livello di domanda, se vengono
a mancare i giusti canali monetari in
grado di mantenere un corretto flusso nel percorso della moneta.
Paradossalmente, questa situazione è auspicata anziché
evitata, perché la contrazione della
liquidità è attuata, secondo l’attuale concezione economica, con il duplice
scopo, da un lato, di rendere competitivo
un sistema economico, per porsi in una posizione di vantaggio commerciale, dall’altro lato, per aumentare il Prodotto Interno Lordo, cioè attuare
comunque una crescita delle attività
produttive e, conseguentemente, di quelle finanziarie, secondo il presupposto
che, nel lungo periodo, dovrà
comunque verificarsi l’equilibrio macroeconomico generale. Il risultato finale è che, per l’attuale visione
economica, la liquidità è sempre troppa,
mentre, in realtà, è troppo poca affinché i sistemi economici abbiano adeguata stabilità e non siano soggetti a crisi ricorrenti.
1 commento:
Ho letto il libro di Buzzanca.
Pur non possedendo per intero la strumentazione matematica necessaria a comprenderne tutti i passaggi formali, sul piano del ragionamento economico (e sociale) le conclusioni cui giunge appaiono non solo interessanti, ma estremamente coerenti ed in grado di dare una spiegazione razionale agli avvenimenti degli ultimi decenni.
Si potrebbe (senza particolare sforzo) ipotizzare che le tensioni internazionali che oggi stiamo vivendo rappresentino, almeno in parte, la ricaduta di politiche economiche quasi solo competitive, tali da modificare gli "osservabili" che determinano il sistema.
Trovo estremamente stimolante (in quanto basato sull'osservazione della realtà, prima che sulla modellazione teorica) l'approccio dell'economia dinamica.
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