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giovedì 10 marzo 2016

Relazione tra risparmi e investimenti



Il vero equilibrio da cercare, però, di tipo dinamico

Si torna nuovamente a parlare di consumi C e investimenti I riguardandoli, però, dal punto di vista di un’interazione commerciale tra un sistema domestico di tipo eterogeneo, quindi composto di più soggetti di natura diversa, come imprese, lavoratori, banche, ecc., e uno o più sistemi esteri.
La differenza tra esportazioni X e importazioni M, è detta conto corrente (current account CA). Ricordando l’espressione del Prodotto Interno Lordo e trascurando, per ora, i contributi delle attività finanziarie su spesa pubblica G e investimenti I, PIL = C + G + I + X – M, si ottiene:
CA = X – M = PIL – (C + G + I) = PIL - Yint.
Quest’ultima relazione stabilisce che il bilancio di conto corrente CA – per semplicità, considerato al netto di redditi da lavoro e da capitale e di trasferimenti da e verso l’estero – deriva dalla differenza tra il prodotto interno PIL e la quota domestica della domanda Yint.

Nella visione improntata sulla micro fondazione, quindi, sulla visione di nazioni che competono al pari di grandi aziende, la relazione ottenuta assomiglia moltissimo a quella per cui:
introiti = produzione - costi
Pertanto, in accordo a questa visione, la domanda domestica assume il ruolo di un costo interno. Questa interpretazione è così consolidata da costituire il riferimento principale su cui si basa l’attuale contabilità internazionale della bilancia dei pagamenti.
Continuando su questa strada, il reddito nazionale lordo coincide con il prodotto interno lordo, a meno dei redditi da lavoro e da capitale e dei trasferimenti netti dall’estero, che trascuriamo per semplicità. Il reddito nazionale lordo RNL è, poi, impiegato dai residenti del sistema domestico per consumi C, per servizi della spesa pubblica G e per risparmi S. Si ha, così:
RNL = C + G + I + CA = C + G + S
Da quest’ultima relazione si ottiene, infine:
S – I = CA
In sostanza, affinché si ottenga un conto corrente positivo, quindi un attivo nella bilancia commerciale, secondo il tipo di logica descritta occorre che sia S > I.
Se si rammenta quanto detto nel caso di un sistema economico chiuso, ciò sembra essere in palese contraddizione con le conclusioni valide per questo caso. Infatti, in quell’occasione, si è visto che un sistema economico chiuso raggiunge l’efficienza solo quando S = I e, affinché ciò possa avvenire, occorre potenziare la domanda mediante la spesa pubblica.
Le conclusioni della logica della competitività appaiono, quindi, diametralmente opposte rispetto a quelle cui si giunge analizzando un sistema economico chiuso che è efficiente solo quando è equilibrato, cioè quando si verifica l’equilibrio tra risparmi e investimenti: S = I.
Questo confronto è avvalorato dall’osservazione che un gruppo di sistemi economici che scambiano tra loro è equivalente a un unico sistema economico eterogeneo, più grande, che nel suo complesso, può considerarsi chiuso; ad esempio, il sistema economico Mondo. Se ciascuno dei sistemi interagenti opera guardando solo alla logica della competitività, per un qualsiasi sistema i-esimo si avrà Si > Ii; quindi, aggregando il tutto, dovrà accadere che:
Σ Si > Σ Ii
Pertanto, il sistema economico Mondo sta risparmiando più di quando investa, e ciò avviene a discapito della domanda globale, quindi, riducendo la liquidità disponibile. Questa contrazione di liquidità è, in sostanza, moneta mancante che non permette che si estingua il debito.
Tale conclusione potrebbe sembrare affrettata, giacché, se gli investimenti sono inferiori ai risparmi, alla lunga, non dovrebbero più potersi formare altri risparmi. E questo è, effettivamente, ciò che dovrebbe accadere se tutte le transazioni avvenissero in moneta, precisando che con questo termine, nell’ambito in esame, s’intende, per moneta, ogni titolo agganciato a un’Istituzione Sovrana, che permetta l’estinzione di ogni debito sia pubblico, sia privato, all’atto della transazione stessa; quindi, moneta legale circolante.
Se, invece, le transazioni avvengono anche con l’impiego di una quasi-moneta, cioè con l’impiego di titoli finanziari agganciati a risparmi S, che, secondo una certa scadenza, creano credito, da una parte, e debito, dall’altra, ne risulta che gli investimenti in moneta I vengono a essere contratti proprio dall’impiego della quasi-moneta. Questa, infatti, a differenza della moneta, non è liquida, e non può essere impiegata come elemento atto a potenziare la domanda, rappresentando, invece, una crescita negativa che tende a bloccare i capitali e a immobilizzarli, sotto forma di riserve, via, via più grandi, per far fronte al debito crescente. Ciò favorisce ulteriormente l’accrescersi dei risparmi non utilizzati per l’attività produttiva, specialmente laddove vi è la possibilità di detenere o amministrare grandi accumuli di moneta immobilizzata, e questa tendenza può portare a rilevanti forme d’instabilità, se tende a prevalere l’attività speculativa.
Così, la logica della competitività, supportata dall’attività finanziaria, che ricorre ad aggregati monetari sostitutivi della moneta, conduce il sistema Mondo verso un’inesorabile deflazione, cioè una contrazione di moneta circolante, accompagnata da un aumento del debito. Il sistema mondo sta, quindi, correndo, attraverso tappe progressive come trappola della liquidità e deflazione (detta in altri post, pre-deflazione), verso la condizione peggiore in cui un sistema economico aggregato si possa venire a trovare: la deflazione da debiti.
L’intervento dell’attività finanziaria, comportando l’impiego di quasi-moneta, cioè titoli di debito, tende, perciò, a sottrarre liquidità, che non permette l’espansione della domanda, e produce debito aggiuntivo alimentato dagli stessi risparmi che tendono, tuttavia, a trasformarsi in crediti, che, in una situazione del genere, rischiano di diventare inesigibili per mancanza di moneta circolante che estingua il debito, cioè crediti deteriorati. Pertanto, accanto al rischio della deflazione da debiti, si accompagna, come un’ombra, il rischio della crisi finanziaria.
Una situazione, come questa, per il sistema mondo, può essere evitata solo attraverso un intervento dello stesso tipo di quello attuabile per un sistema chiuso domestico, cioè l’introduzione di un elemento aggiuntivo assimilabile alla spesa pubblica G, che permetta di aumentare il livello della domanda globale. Una sorta, cioè, di ente sovrano che sia in grado di emettere una valuta sovranazionale in grado di estinguere il debito e che, attraverso meccanismi automatici, scoraggi ogni iniziativa che tenda a deprimere la domanda.
Sembra un’utopia bella e buona. Eppure, nella storia recente ci si è andati vicinissimo più volte.
La prima volta, nel 1944, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, in occasione degli accordi di Bretton Woods, quando Keynes, in rappresentanza della Corona Britannica, propose l’adozione di una valuta di riserva internazionale denominata Bancor (da moneta bancaria e oro) e un sistema a camera di compensazione con saldi pari a zero, come compensazione dei surplus commerciali che dovevano essere spesi o, in alternativa, tassati; il contrario di quello che avviene oggi. La proposta di Keynes non fu accettata e le si preferì un’altra soluzione, il dollar standard, che assecondava i desiderata degli USA. Nonostante ciò, fino al 1971, gli accordi di Bretton Woods permisero, seppur con le contraddizioni evidenziate da Triffin, un possente sviluppo dell’economia mondiale.
La seconda volta, nel 1969, percependosi il fallimento del dollar standard, che avverrà due anni dopo, nel 1971, in occasione dell’istituzione presso il Fondo Monetario Internazionale dei Diritti Speciali di Prelievo o paper goldSDR in inglese, Special Drawing Rights – un’unità di conto, non ancora valuta, atta a consentire qualcosa di simile al meccanismo previsto da Keynes nel 1944. Anche questa soluzione, atta a compensare gli squilibri commerciali, non è stata portata fino in fondo e, dagli anni ’70, pur esistendo tuttora l’istituto degli SDR, si è preferito attuare la compensazione degli squilibri di conto corrente attraverso il conto finanziario, cosa che ha contribuito ad amplificare il debito globale, prima dei Paesi Poveri, poi anche di quelli più ricchi.
La terza volta, nel 2009, quando, a seguito della crisi finanziaria del 2008, il presidente della Banca Popolare Cinese, Zhou Xiaochuan, ha proposto di espandere la liquidità mondiale, per evitare la corsa verso la deflazione, attraverso l’impiego degli SDR, rifacendosi, ancora una volta, alla proposta di Keynes. La proposta è stata rigettata in occasione del G20 di Seoul, nel Novembre del 2010.
È presumibile che si accetti una corsa verso la deflazione da debiti e l’instabilità finanziaria globale? Si spera proprio di no, anche perché un’altra grossa preoccupazione può profilarsi all’orizzonte; quella per cui si decida di aumentare la domanda utilizzando un metodo che, nella storia umana, si è avuta troppo spesso la tentazione di attuare, quando le cose vanno male. Un metodo che, ahimè, porta direttamente verso uno scenario ben peggiore dello stesso male che si vorrebbe curare in questo modo e che, agli accordi di Bretton Woods, ci si proponeva di evitare ai posteri.

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