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sabato 12 marzo 2016

Le politiche monetarie indipendenti



L’indipendenza della Banca Centrale

La visione monetarista attribuisce alla Banca Centrale il ruolo di controllore dell’economia attraverso l’offerta di moneta. La Banca Centrale, così, libera da improvvide intromissioni discrezionali, deve attuare una politica monetaria indipendente consistente nell’ampliare o contrarre il circolante determinando il livello dei prezzi ottimale, grazie alla velocità di circolazione della moneta dipendente solo dalle funzioni istituzionali di ciascun agente economico. In questo modo, la gestione del sistema economico dovrebbe diventare più efficiente perché il livello dei prezzi reale è univocamente determinato dall’ammontare complessivo della produzione offerta, in base alle dotazioni del sistema economico, quando si raggiunge l’equilibrio macroeconomico generale.
Questa visione, alla cui base c’è la Teoria Quantitativa della Moneta (TQM), è equivalente ad affermare che «la larghezza della pancia è determinata dalla lunghezza della cintura».

Invece, è «la lunghezza della cintura a essere determinata dalla larghezza della pancia». Questa era, in sostanza, la critica che Keynes muoveva alla visione monetarista, nel senso che il controllo di un solo fattore esogeno non può essere in grado di determinare il comportamento e il modo di funzionare di un sistema complesso come l’economia. Così, la cintura può essere stretta a tal punto da uccidere il malcapitato che la cinge oppure talmente allargata da perdere del tutto la sua funzione. La cintura va, quindi, messa a misura di chi la cinge e serve che costui possa far capire quando la cintura è troppo stretta o troppo larga.
Fumetto ispirato dall'articolo di Paul Krugman “How Did Economists Get It So Wrong?”
Estratto da http://leftycartoons.com  di Barry Dutsch. Traduzione propria.
 Abbiamo già visto che il modello di economia dinamica individua, oltre all’emissione di moneta, un altro elemento endogeno che contribuisce a generare il circolante. È la preferenza per la liquidità, la cui entità dipende dall’incertezza che affligge un sistema economico e che sottende la formazione dei risparmi. Abbiamo anche visto che la preferenza per la liquidità è strettamente connessa al debito presente ed è, perciò, anche legata alla controparte duale del debito: il credito.
La preferenza per la liquidità dà origine a rilevanti scostamenti delle previsioni contabili insite nell’equazione degli scambi di Fisher che è alla base della TQM. E non solo, perché essa modifica in modo consistente la domanda aggregata di beni, servizi e attività di ogni genere, comprese quelle finanziarie, potendo generare condizioni critiche di gravità gradualmente crescente.
Come la pancia può essere ampia o snella, così, in un sistema economico, la preferenza per la liquidità può essere più o meno ampia, dando origine a un tasso d’interesse reale da cui dipende l’interesse a investire sul sistema; cioè a trasferirvi moneta. Se, però, il tasso d’interesse reale è troppo alto, segnale che il sistema è depresso, e il tasso d’interesse nominale è troppo basso, nessuno vorrà investire sul sistema economico e, in esso, non giungerà moneta a sufficienza. Ciò perché il tasso d’interesse reale è, in sostanza, una probabilità; per la precisione, è la probabilità complementare (1-p) a quella p di ottenere la restituzione del prestito fatto.
Se la probabilità complementare di restituzione è troppo alta, essa non è coperta dal tasso d’interesse nominale e aumenta, corrispondentemente, la probabilità che l’investimento si traduca in una perdita.  Si manifesta, così, il fenomeno della trappola della liquidità; quella per cui le banche sono piene zeppe di moneta, che non è prestata né alle imprese, né alle famiglie per l’elevata probabilità d’insolvenza che in esse è diffusa a causa della depressione, rapportata al tasso d’interesse nominale praticato.
Questa situazione può peggiorare ulteriormente se la depressione amplifica i debiti che non possono essere più restituiti e, corrispondentemente, deteriora i crediti che si trovano nella pancia delle banche, perché queste ultime innalzano ancora di più la loro preferenza per la liquidità, giacché anch’esse, in corrispondenza del credito deteriorato hanno, prima, sottoscritto un debito con un’altra banca o con la stessa Banca Centrale.
La concezione monetarista pone come presupposto che la Banca Centrale debba essere indipendente, cioè non posa essere influenzata, nella sua azione di gestione del sistema economico, da alcun tipo d’intervento esterno discrezionale che possa turbarne le scelte di politica monetaria. In particolare, l’azione dei governi non deve assolutamente interferire con le decisioni di politica monetaria attuate dalla Banca Centrale. Ciò, secondo questa logica, perché, per motivi contingenti o utilitaristici, un governo potrebbe essere indotto a interferire con l’azione di controllo che la Banca Centrale esercita, distogliendola dai propri scopi specifici.
Tale concezione intende, perciò, l’intervento di un governo, nel campo della politica monetaria, come un mero fattore discrezionale che va scoraggiato e impedito. In campo economico, così, il compito di un governo è solo quello di attuare le riforme che permettano al sistema economico di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento dell’equilibrio macroeconomico. In questo modo, però, le capacità dei governi di intervenire sull’economia diventano, del tutto, inesistenti, perché, come si è visto, la preferenza per la liquidità è all’origine di scambi conflittuali che allontanano dal desiderato equilibrio tra domanda e offerta.
Si assiste, così, a governi che, quando la Banca Centrale è indipendente, sono assolutamente inermi, non possedendo alcuno strumento effettivo che risolva i loro problemi interni, quando essi si presentano sotto forma di aumento della preferenza per la liquidità, o, il che è, in sostanza, la stessa cosa, quando si ha un elevato livello di debito diffuso e di credito deteriorato. Questa situazione è quella che si ha quando in un sistema economico domestico si vengono a generare squilibri sia interni tra porzioni del sistema economico stesso, sia esterni verso il settore estero.
Tra i due tipi di squilibrio, è il secondo a essere la vera causa della criticità complessiva. Infatti, si è osservato che il conto corrente – se negativo, indicatore di un deficit, quindi uno squilibrio esterno – indica che il sistema economico ha un eccesso di domanda, cioè di moneta circolante che, in assenza di presidi monetari, va contratta nel tentativo – vedremo inutile, se il sistema in surplus non coopera – di ripristinare l’equilibrio commerciale. È questa contrazione repentina di moneta, cioè la svalutazione interna, a generare nel sistema domestico ulteriori squilibri interni, sempre più insostenibili nel tempo.
L’unica soluzione per risollevare le porzioni del sistema economico – i sottosistemi – dalla situazione critica in cui versano, a causa della preferenza per la liquidità, è quello di scavalcare le interruzioni del percorso della moneta, attraverso un canale monetario diretto verso questi sottosistemi: la Spesa Pubblica; che si comporta come una pompa monetaria. Ancora una volta, però, va detto che un’azione di tal fatta è, oggi, impossibile, per due motivi.
Il primo è che, se la Banca Centrale è indipendente, i governi non possiedono alcuno strumento se non quello di indebitarsi nell’ambito di un sistema monetario internazionale che non prevede alcun meccanismo di compensazione degli squilibri, se non la formazione di debito di natura finanziaria. Il secondo è che se, per un qualche motivo, tale azione riuscisse ad andare a buon fine, aumenterebbe la moneta circolante, con il risultato che lo squilibrio con un sistema economico estero che non coopera, verrebbe a essere amplificato, generando nuovi squilibri.
È, allora, chiaro che occorre un cambio radicale di paradigma, cioè al principio della competizione economica internazionale, occorre sostituirne un altro: un sistema automatico di compensazione degli squilibri, che permetta di mantenere alto il livello di domanda e far sì che chi si trovi in surplus cooperi per sanare gli squilibri. E a questo occorre aggiungere che i governi devono tornare ad avere il timone dell’economia, per attuare politiche autonome di compensazione degli squilibri interni.
Ciò tanto più, quando si osservi che il sistema in surplus e, precisamente, le sue banche hanno in pancia tutto il credito duale al debito dei sistemi in deficit. Questo credito, col tempo, si deteriora sempre di più fino a spingere il sistema in surplus verso una crisi finanziaria di enormi proporzioni. Stabilire, quindi, regole condivise che consentano la compensazione e la cooperazione non è per nulla un semplice atto caritatevole, ma è un’azione lungimirante che serve, garantisce e protegge, oltre chi è in deficit, anche chi è in surplus.
Oggi si assiste a un tentativo, quasi disperato, della BCE di aumentare la liquidità con un potenziamento senza precedenti del Quantitative Easing. Si tratta, però, di moneta a pioggia su quelle stesse banche che sono già piene zeppe di moneta e che non possono distribuirne se non a chi ne ha già. Per contro, i governi, vincolati da insensati vincoli di bilancio, non hanno alcuna possibilità di usufruirne. Come dicono diversi commentatori, all’indipendente Banca Centrale, non rimane più altra soluzione che far alzare in volo gli elicotteri per far cadere moneta a pioggia sulla gente.

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