L’indipendenza della Banca Centrale
La visione monetarista
attribuisce alla Banca Centrale il
ruolo di controllore dell’economia attraverso l’offerta di moneta. La Banca Centrale, così, libera da
improvvide intromissioni discrezionali,
deve attuare una politica monetaria indipendente consistente nell’ampliare o contrarre il circolante determinando il livello dei prezzi ottimale, grazie alla velocità di circolazione della moneta dipendente solo dalle funzioni istituzionali di
ciascun agente economico. In questo modo, la gestione del sistema economico dovrebbe
diventare più efficiente perché il livello
dei prezzi reale è univocamente determinato
dall’ammontare complessivo della produzione
offerta, in base alle dotazioni
del sistema economico, quando si raggiunge l’equilibrio macroeconomico generale.
Questa visione, alla cui base c’è la Teoria
Quantitativa della Moneta (TQM), è equivalente
ad affermare che «la larghezza della
pancia è determinata dalla lunghezza della cintura».
Invece, è «la lunghezza
della cintura a essere determinata dalla larghezza della pancia». Questa
era, in sostanza, la critica che Keynes
muoveva alla visione monetarista, nel senso che il controllo di un solo fattore esogeno non può essere in grado di determinare il comportamento
e il modo di funzionare di un sistema
complesso come l’economia. Così, la
cintura può essere stretta a tal punto da uccidere il malcapitato che la cinge
oppure talmente allargata da perdere del tutto la sua funzione. La cintura
va, quindi, messa a misura di chi la
cinge e serve che costui possa far capire
quando la cintura è troppo stretta o troppo larga.
Estratto da http://leftycartoons.com di Barry Dutsch. Traduzione propria. |
Abbiamo già visto che il modello di economia dinamica individua, oltre all’emissione di moneta, un altro elemento endogeno che contribuisce a generare il circolante. È la preferenza per la liquidità, la cui entità dipende dall’incertezza che affligge un sistema
economico e che sottende la formazione
dei risparmi. Abbiamo anche visto che la preferenza per la liquidità è strettamente connessa al debito presente ed è, perciò, anche
legata alla controparte duale del debito: il credito.
La preferenza
per la liquidità dà origine a rilevanti scostamenti delle previsioni
contabili insite nell’equazione degli
scambi di Fisher che è alla base della TQM.
E non solo, perché essa modifica in modo consistente la domanda aggregata di beni, servizi e attività di ogni genere,
comprese quelle finanziarie, potendo generare condizioni critiche di gravità gradualmente crescente.
Come la pancia può essere ampia o snella, così, in
un sistema economico, la preferenza per
la liquidità può essere più o meno ampia, dando origine a un tasso d’interesse reale da cui dipende
l’interesse a investire sul sistema;
cioè a trasferirvi moneta. Se, però,
il tasso d’interesse reale è troppo alto, segnale che il sistema è depresso, e il tasso
d’interesse nominale è troppo basso,
nessuno vorrà investire sul sistema economico e, in esso, non giungerà moneta a sufficienza. Ciò perché il tasso d’interesse reale è, in sostanza,
una probabilità; per la precisione, è
la probabilità complementare (1-p)
a quella p di ottenere la restituzione del prestito fatto.
Se la probabilità
complementare di restituzione è troppo alta, essa non è coperta dal tasso d’interesse nominale e aumenta,
corrispondentemente, la probabilità che l’investimento si traduca in una perdita.
Si manifesta, così, il fenomeno della trappola della liquidità; quella per cui le banche sono piene zeppe
di moneta, che non è prestata né alle imprese, né alle famiglie per l’elevata probabilità d’insolvenza che in esse è
diffusa a causa della depressione,
rapportata al tasso d’interesse nominale praticato.
Questa situazione può peggiorare ulteriormente se la
depressione amplifica i debiti che
non possono essere più restituiti e, corrispondentemente, deteriora i crediti che si trovano nella pancia delle banche, perché queste ultime innalzano ancora di più la loro preferenza per la liquidità, giacché
anch’esse, in corrispondenza del credito
deteriorato hanno, prima, sottoscritto un debito con un’altra banca o con la stessa Banca Centrale.
La concezione monetarista pone come presupposto che la
Banca Centrale debba essere indipendente, cioè non posa essere
influenzata, nella sua azione di gestione del sistema economico, da alcun tipo d’intervento
esterno discrezionale che possa
turbarne le scelte di politica monetaria.
In particolare, l’azione dei governi
non deve assolutamente interferire con le decisioni di politica monetaria attuate dalla Banca Centrale. Ciò, secondo questa logica, perché, per motivi
contingenti o utilitaristici, un governo potrebbe essere indotto a interferire
con l’azione di controllo che la Banca Centrale esercita, distogliendola dai
propri scopi specifici.
Tale concezione intende, perciò, l’intervento di un governo, nel campo della politica monetaria, come un mero fattore
discrezionale che va scoraggiato e
impedito. In campo economico, così, il compito di un governo è solo quello di
attuare le riforme che permettano al
sistema economico di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono al
raggiungimento dell’equilibrio
macroeconomico. In questo modo, però, le capacità dei governi di
intervenire sull’economia diventano, del tutto, inesistenti, perché, come si è
visto, la preferenza per la liquidità
è all’origine di scambi conflittuali
che allontanano dal desiderato equilibrio
tra domanda e offerta.
Si assiste, così, a governi che, quando la Banca
Centrale è indipendente, sono
assolutamente inermi, non possedendo alcuno strumento effettivo che risolva i
loro problemi interni, quando essi si presentano sotto forma di aumento della preferenza per la liquidità, o, il che
è, in sostanza, la stessa cosa, quando si ha un elevato livello di debito diffuso e di credito deteriorato. Questa situazione è quella che si ha quando in
un sistema economico domestico si vengono a generare squilibri sia interni tra
porzioni del sistema economico stesso, sia esterni
verso il settore estero.
Tra i due tipi di squilibrio, è il secondo a essere la
vera causa della criticità complessiva. Infatti, si è osservato che il conto corrente – se negativo, indicatore
di un deficit, quindi uno squilibrio esterno – indica che il
sistema economico ha un eccesso di
domanda, cioè di moneta circolante
che, in assenza di presidi monetari,
va contratta nel tentativo – vedremo inutile,
se il sistema in surplus non coopera
– di ripristinare l’equilibrio
commerciale. È questa contrazione
repentina di moneta, cioè la svalutazione interna, a generare nel sistema domestico ulteriori squilibri interni, sempre più insostenibili nel tempo.
L’unica soluzione per risollevare le porzioni del
sistema economico – i sottosistemi –
dalla situazione critica in cui versano, a causa della preferenza per la liquidità, è quello di scavalcare le interruzioni del percorso della moneta, attraverso un
canale monetario diretto verso questi
sottosistemi: la Spesa Pubblica; che si comporta come una pompa monetaria. Ancora una volta, però, va detto che un’azione di
tal fatta è, oggi, impossibile, per due motivi.
Il primo è che, se
la Banca Centrale è indipendente, i governi
non possiedono alcuno strumento se non quello di indebitarsi nell’ambito di un sistema
monetario internazionale che non prevede alcun meccanismo di compensazione degli squilibri, se non la formazione
di debito di natura finanziaria. Il secondo è che se, per un qualche motivo,
tale azione riuscisse ad andare a buon fine, aumenterebbe la moneta circolante, con il risultato che
lo squilibrio con un sistema economico estero che non coopera,
verrebbe a essere amplificato, generando nuovi
squilibri.
È, allora, chiaro che occorre un cambio radicale di paradigma, cioè al principio della competizione economica internazionale,
occorre sostituirne un altro: un sistema
automatico di compensazione degli squilibri, che permetta di mantenere alto
il livello di domanda e far sì che chi si trovi in surplus cooperi per sanare
gli squilibri. E a questo occorre aggiungere che i governi devono tornare ad avere il timone dell’economia, per attuare politiche autonome di compensazione degli squilibri interni.
Ciò tanto più, quando si osservi che il sistema in surplus e, precisamente, le
sue banche hanno in pancia tutto il credito duale al debito dei sistemi in deficit. Questo credito, col tempo, si deteriora
sempre di più fino a spingere il sistema
in surplus verso una crisi finanziaria di enormi proporzioni. Stabilire, quindi, regole condivise che
consentano la compensazione e la cooperazione non è per nulla un semplice
atto caritatevole, ma è un’azione lungimirante che serve, garantisce e
protegge, oltre chi è in deficit,
anche chi è in surplus.
Oggi si assiste a un tentativo, quasi disperato, della
BCE di aumentare la liquidità con un
potenziamento senza precedenti del Quantitative
Easing. Si tratta, però, di moneta a pioggia su quelle stesse banche che
sono già piene zeppe di moneta e che non possono distribuirne se non a chi ne
ha già. Per contro, i governi,
vincolati da insensati vincoli di bilancio, non hanno alcuna possibilità di
usufruirne. Come dicono diversi commentatori, all’indipendente Banca Centrale,
non rimane più altra soluzione che far alzare in volo gli elicotteri per far cadere moneta a pioggia sulla gente.
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