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venerdì 25 marzo 2016

Elasticità del legame prezzi-produzione



Un indice sullo stato di salute di un sistema economico

Si presenta, adesso, un indice impiegato in ambito microeconomico. Questo indice prende il nome di elasticità ed è riferibile anche, nell’ambito della dottrina macroeconomica neoclassica micro fondata, alla curva di offerta aggregata, cioè al legame tra prezzo e produzione offerta. Questo indice, nel caso in esame, è definito come il rapporto tra l’incremento relativo della produzione offerta e l’incremento relativo dei prezzi: e = (ΔQ/Q) / (Δp/p).
Sulla scorta di questo indice, si dice che l’offerta può essere rigida, elastica o unitaria a seconda che e sia, rispettivamente, inferiore, superiore o uguale all’unità. Secondo i neoclassici, quando l’offerta è rigida, ogni aumento della quantità prodotta è destinato a generare inflazione perché, essendo e < 1, a un dato incremento relativo di produzione deve corrispondere un incremento relativo dei prezzi ancora più grande.

Secondo questa visione, l’aumento dell’offerta, quando vi è rigidità, è possibile solo mediante l’aumento degli investimenti sostenibile, a sua volta, solo attraverso l’ampliamento dell’emissione monetaria che, in pieno accordo anche con la teoria monetarista, all’equilibrio tra domanda e offerta, porta a un surplus della domanda rispetto all’offerta, facendo lievitare i prezzi e rende il sistema economico meno competitivo nella dinamica degli scambi commerciali con l’estero.
L’emissione monetaria è, in sostanza, un allargamento della base monetaria ottenibile tramite tre diversi tipi di canale monetario: il canale monetario bancario, che fa capo alla Banca Centrale, il canale monetario del Tesoro, che fa uso della Spesa Pubblica, e il canale monetario estero, che si basa sulle esportazioni.
Di questi tre tipi di canale monetario, quello del Tesoro, dagli anni ’80, ha subito, e continua a subire, una continua e inesorabile contrazione, se non, addirittura, un annientamento, dovuto al vincolo del pareggio di bilancio nel settore pubblico, in quasi tutti i Paesi, per il prevalere del paradigma della competizione economica su quello della cooperazione. Ciò proprio per effetto dell’affermarsi del criterio legato alla rigidità dell’offerta che deve, invece, diventare elastica o, come più spesso si sente dire, flessibile con particolare riferimento al mercato del lavoro. Sono ormai lontanissimi i tempi in cui l’imprenditore statunitense Henry Ford aumentava i salari ai propri lavoratori per consentir loro di acquistare le macchine da essi stessi prodotti; strategia intelligente e molto furba, che fu una delle chiavi del suo enorme successo imprenditoriale.
Il modello di economia dinamica – o econodinamica – è così denominato perché la configurazione derivante dagli scambi economici non è ottenuta ricorrendo all’equilibrio macroeconomico tra domanda e offerta, ma in base alla massima probabilità che tale configurazione ha di verificarsi. La configurazione economica realizzabile è, in sostanza, quella che rispetta il principio di massima entropia. Inoltre, ogni sistema economico Paese, o un aggregato di Paesi, non è inteso come un’entità unica sulla quale possono farsi delle previsioni, senza tener conto del fatto che esso è costituito da più sottosistemi interagenti tramite grandezze di scambio come liquidità e crescita e, ciascuno, caratterizzato da parametri diversi, derivanti da vincoli e condizioni contrattuali vigenti nel sistema economico complessivo.
Si è già visto, in altri post, che, nell’ambito del modello di economia dinamica, l’emissione di moneta legale è un elemento decisivo per risolvere le criticità di quei sottosistemi che soffrono un eccesso di debito dovuto a una contrazione di moneta circolante. Le criticità di uno o più sottosistemi, alla fine, si riflettono sul sistema economico complessivo sotto forma di crisi finanziarie, quando in essi si manifestano sofferenze, elencate in ordine di gravità crescente, come trappola della liquidità, deflazione ordinaria e da debiti.
Nel modello econodinamico si può determinare, per ciascun sottosistema caratterizzato da una propria velocità degli scambi, una propria preferenza per la liquidità – che è il quanto di scambio – un ben definito legame tra attività economica, emissione monetaria unitaria che vi giunge al suo interno e livello dei prezzi. Per un prefissato livello di emissione monetaria, per un generico sottosistema, è possibile ottenere il legame che esiste tra attività economica – nel nostro modello, del tutto equivalente alla produzione – e il livello dei prezzi. Questo legame è riportato in figura 1 e differisce da quello riportato altrove in questo blog, solo per il fatto che gli assi coordinati rappresentano le grandezze in scala logaritmica
Il legame logaritmico prezzi produzione mostra che l'elasticità della curva è pari a -1 ed è costante solo quando il sistema economico è pienamente sviluppato. In altre condizioni il sistema è sensibile alla variazione di produzione e diventa instabile secondo condizioni di gravità man mano crescenti che vanno dalla depressione alla deflazione da debiti
Figura 1 - legame logaritmico prezzi - produzione
In questo modo, il coefficiente angolare della retta tangente al grafico, con assi in scala logaritmica, in un punto costituente una particolare configurazione assunta dal sottosistema, rappresenta proprio l’elasticità di questa curva. Per la precisione, rappresenta il reciproco dell’elasticità ed è, perciò, detta elasticità reciproca er. Infatti:
er = (Δln Q) / (Δln p) = (ΔQ/Q) / (Δp/p) = 1/e
L’osservazione della figura 1 evidenzia un fatto notevole; precisamente, quando un sottosistema economico è pienamente sviluppato, se l’emissione monetaria non varia, la sua elasticità è sempre, pressoché, pari a -1. Questo vuol dire che, in un sistema pienamente sviluppato, la ricchezza complessiva non varia sensibilmente al variare delle quantità prodotte e di quelle domandate nelle interazioni di scambio. In queste condizioni – dette di pieno regime, in altri post – è possibile attuare tutti quei correttivi che la dottrina neoclassica e quella monetarista ritengono applicabili, senza che si riduca, in alcun modo, la capacità economica del sistema. La regione in cui ciò accade è rappresentata con il colore verde e in essa, in scala logaritmica, il legame tra prezzi e produzione è rappresentato da un tratto assimilabile, in pratica, a una retta con coefficiente angolare pari a -1. Quest’andamento, nel modello di economia dinamica, è giustificato dal fatto che l’attività economica V è così intensa che la preferenza per la liquidità ζ – inversamente proporzionale all’attività economica secondo una relazione del tipo ζ = λ/V e strettamente legata alla quantità di debito non estinguibile tramite il circolante – è del tutto trascurabile.
Le cose, però, cominciano a modificarsi sostanzialmente quando l’attività economica si contrae al punto che l’elasticità reciproca del legame logaritmico prezzi – produzione inizia a discostarsi significativamente dal valore er = -1. Si vede, allora, che il sottosistema economico mostra difficoltà via, via crescenti, man, mano che er cresce. È possibile vedere che, quando  er > -1, per la sua definizione matematica, allora  ΔQ>0 comporta che Δ(pQ)>0; viceversa, se ΔQ<0 allora Δ(pQ)<0. Ciò vuol dire che, ora, il sottosistema è divenuto sensibile alle variazioni delle quantità domandate e offerte. Questa sensibilità è tanto più alta quanto più grande è l’elasticità reciproca. In altri termini, il sottosistema economico tende, adesso, a essere instabile. Questa regione, indicata con il colore giallo, è quella in cui il sistema è depresso.
Confrontando la figura 1 con questa figura, è facile rendersi conto che la responsabilità dell’instabilità del sistema è dovuta alla preferenza per la liquidità e al debito non estinguibile tramite il circolante. Ciò è evidenziato dal valore assunto dal fattore monetario che inizia a contrarsi sempre di più, indicando che nel sistema considerato giunge sempre meno moneta durante gli scambi.
Per effetto di uno squilibrio commerciale o per l’effetto di politiche economiche eccessivamente restrittive, il sistema può raggiungere condizioni sempre più critiche. La condizione peggiore si ha quando è raggiunta la deflazione da debiti, indicata dalla regione di colore rosso. In questo caso, l’elasticità reciproca diventa positiva e l’indice di variazione dei prezzi assume la forma seguente: Δp/p = er · ΔQ/Q. In queste condizioni, la contrazione di attività economica fa crollare i prezzi, mentre ogni tentativo di aumentare l’attività economica li fa lievitare sotto forma di iperinflazione che coesiste con un livello di debito altissimo (evidenziato dal fattore monetario negativo); cosa successa alla Germania della Repubblica di Weimar e all’Argentina sul finire degli anni ’80 per effetto dell’immenso debito accumulato.
Poiché un sottosistema siffatto interagisce comunque con gli altri sottosistemi, in particolare con quelli creditori, è inevitabile che questi ultimi ne risentano gli effetti sotto forma di crisi finanziaria (crisi dei mutui subprime: attività finanziaria vs. soggetti indebitati e insolventi) che può diventare dirompente.
Si comprende, perciò, che le tesi neoclassiche e monetariste, nel momento in cui i sistemi economici raggiungono condizioni di depressione o, ancora peggio, di deflazione da debiti, sono inadeguate a descrivere il funzionamento macroeconomico. Il motivo è semplice, si tratta di dottrine nate e concepite in ambito microeconomico, laddove l’azione della singola azienda non può incidere sul sistema complessivo. Mantengono la loro validità in campo macroeconomico solo se il sistema economico è lontano dalla depressione, quando, cioè, l’elasticità reciproca resta costante. Alla lunga, però, come successo dagli anni ’80 in poi, possono condurre lentamente i sistemi economici a fuoriuscire dalla regione di pieno sviluppo, rendendoli sistemi sottosviluppati e instabili.

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