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martedì 1 marzo 2016

Consumo e incertezza



La depressione dei consumi e della produzione

Si concentra, adesso, l’attenzione su una fase di notevole importanza in campo economico: il consumo. Questa fase sarà trattata facendo riferimento a uno dei modelli dell’economia dinamica più importanti: la teoria delle decisioni prese in condizioni d’incertezza.
Il matematico e fisico svizzero Daniel Bernoulli fu il primo ad affrontare la risoluzione di problemi statistici affetti da incertezza, cioè in cui è presente un numero molto grande di configurazioni possibili, tutte caratterizzate da una probabilità molto piccola, cui è associata una vincita inversamente proporzionale alla probabilità che esse avvengano.
Nella definizione del modello del consumo si farà, per l’appunto, riferimento alla risoluzione del paradosso della lotteria di San Pietroburgo, impiegata da Bernoulli come oggetto di analisi riconducibile a una decisione presa in condizioni d’incertezza.

In fase di consumo, ogni acquirente, sotto il vincolo di bilancio rappresentato dal reddito, acquista un paniere di prodotti in modo da ottenere la massima utilità possibile. Secondo la soluzione neoclassica di questo problema, il paniere dei prodotti acquistati è rappresentato dal punto in cui l’iperpiano che rappresenta il vincolo di bilancio è tangente alle curve d’isoutilità. Pertanto, il paniere dei beni di consumo si ottiene da un’ottimizzazione condizionata al vincolo di bilancio.
Il modello del consumo neoclassico posto a confronto con l'analogo modello dell'econodinamica da cui si vede che in presenza d'incertezza il consumo si allontana sempre più dal vincolo di bilancio
Figura 1
 Nella figura 1, è rappresentato sinteticamente il modello neoclassico, nel caso dell’acquisto di un paniere costituito da due soli prodotti X e Y. Si nota il piano α che rappresenta il vincolo di bilancio e la superficie, di colore giallo chiaro, che rappresenta un’ipotetica funzione di utilità. Si vede che il punto, di colore blu, in cui il piano α è tangente alle curve di isoutilità è la soluzione del problema del consumo.
Questo tipo di modellazione non fa alcun riferimento all’incertezza che può manifestarsi quando nel futuro si paventano stati sgraditi. Va, poi, precisato che occorre distinguere tra bisogni dell’acquirente associati alla necessità da quelli di semplice utilità. Infatti, determinati prodotti possono essere utili ma non necessari, anche in dipendenza delle loro condizioni d’uso. I prodotti necessari non possono, difatti, essere considerati utili al pari di altri prodotti.
La concezione neoclassica, più precisamente marginalista, ritiene che il prezzo di acquisto non derivi dall’utilità assoluta del bene ma dalla sua scarsità relativa. Ciò comporta che più un bene è abbondante, minore è il suo prezzo; quindi esso è proporzionale alla sua utilità marginale, cioè all’utilità di possederne un’unità in più. Tutto ciò, nell’ambito di un’elegante complessa modellazione matematica porta a definire il livello dei prezzi naturale di un sistema economico, date che siano le sue dotazioni. Secondo questo modello, l’utilità marginale deve essere sempre positiva e, quindi, la funzione di utilità è sempre crescente ed è convessa perché all’aumentare della quantità posseduta detta utilità marginale deve ridursi.
In questa modellazione del consumo, sono presenti, tuttavia, alcuni aspetti non del tutto condivisibili. Ad esempio, non è vero che l’utilità marginale sia sempre positiva; inoltre, non si fa alcuna distinzione tra utilità e necessità. Va, infatti, detto che mentre la necessità marginale è certamente sempre positiva, cioè quando l’individuo si trova in stato di necessità egli ha sempre bisogno di un’unità in più del bene che lo tenga lontano dalla necessità, nel caso dell’utilità marginale, distinta dalla necessità, può dirsi, invece, che il suo segno può variare in base alle condizioni d’uso. L’acqua, ad esempio, costa poco e, quando è scarsa, è necessaria; ma nessuno si sognerebbe di trasportarsi in un viaggio tonnellate d’acqua d’appresso, pur avendone le risorse economiche, se essa non è necessaria; e in questo caso l’utilità di un’unità in più di acqua è negativa perché la quantità in più, oltre quella necessaria, non appare utile ed è rifiutata.
Pertanto, l’utilità marginale è sempre certamente positiva solo in stato di necessità oppure quando l’individuo non è affetto da alcuna incertezza. L’incertezza è quella forma d’inquietudine che affligge chi paventa il manifestarsi di uno stato di necessità, perché possono manifestarsi situazioni assai sgradite. Di quest’aspetto – connesso, per il modo in cui l’incertezza è associata alla necessità, alla forma della funzione di utilità – il modello neoclassico non fa alcun cenno. Su tale punto, invece, il modello di economia dinamica, che si riconduce alla teoria delle decisioni prese in condizioni d’incertezza, si rifà a una modellazione che tiene conto degli aspetti tralasciati dalla dottrina marginalista. Il modello risultante è sinteticamente illustrato nella stessa figura 1 dalla superficie di color mattone.
Mentre per la concezione neoclassica il reddito è un dato esogeno, che non modifica l'utilità, nel nuovo modello proposto, il reddito determina la forma della funzione di utilità che diventa individuale. Infatti, la funzione di utilità, oltre che basarsi su un’utilità oggettivamente razionale, dipende anche dall’incertezza e la forma di tale funzione scaturisce pure dalle risorse possedute, in accordo alla soluzione di Bernoulli.
Non si vuole entrare nel dettaglio matematico, per questioni di spazio, e per gli approfondimenti si rimanda al libro; si dirà solo che, quando i prodotti del paniere dell’acquirente non sono beni di prima necessità, la funzione di utilità tende a discostarsi dal vincolo di bilancio in modo tanto più accentuato, quanto più grande è l’incertezza.
Si nota una differenza molto importante; cioè che il massimo di utilità – costituito dal punto rosso – quando c’è incertezza, non si ha più sul vincolo di bilancio ma si ottiene da una massimizzazione della funzione di utilità non più condizionata. Questa differenza non è da poco perché significa che assume, ora, rilievo l’utilità assoluta, secondo la concezione classica, e non più quella marginale prevista dalla visione neoclassica. Questo significa che il livello dei prezzi, non derivando più dall’utilità marginale, non può più essere definito prescindendo dall’incertezza che affligge ogni singolo individuo e, quindi, dalla sua preferenza per la liquidità, ossia dal suo desiderio di risparmiare rappresentato dalla distanza tra il punto blu e quello rosso.
Si nota come la soluzione neoclassica e quella del modello siano, invece, perfettamente coincidenti solo quando l’incertezza è trascurabile. Perciò la teoria neoclassica funziona bene solo se non vi è incertezza, cioè se non vi è informazione mancante o, come diceva Keynes, «solo quando tutto va bene». Si tratta, infatti, di una teoria nata con riferimento a un sistema economico in condizioni di massimo sviluppo e non nasce per teorizzare comportamenti adatti per tutti in una situazioni di crisi economica, per intenderci, come quella che stiamo vivendo oggi.
La dottrina neoclassica, quando si manifestano situazioni d’incertezza per cui accade che il consumo effettivo si allontana dal vincolo di bilancio, attua la strategia di rendere flessibili i salari. Si riducono, cioè, i redditi in modo che il paniere di consumo torni ad aversi sul vincolo di bilancio. In pratica i redditi devono seguire l’andamento dei consumi. Questa strategia, detta flessibilità, porta, però, alla contrazione delle attività produttive perché le quantità prodotte tendono progressivamente a diminuire. In figura 1, basta osservare come il punto rosso si avvicina agli assi indicando che le quantità X e Y si contraggono. Ciò conduce al disinvestimento delle attività produttive di beni più effimeri e meno necessari e all’aumento della disoccupazione, funzionale, tra l’altro, alla riduzione dei redditi. In pratica, si va verso una depressione economica e un sistema produttivo che è capace di produrre, per la maggior parte, solo beni di prima necessità. Questa strategia prosegue finché il consumo torna a materializzarsi sul vincolo di bilancio e si ristabilisce l'equilibrio tra domanda e offerta.
Se si analizzano, però, gli effetti finali di tale modo di operare, affinché, in condizioni d’incertezza, possa raggiungersi l’agognato consumo sul vincolo di bilancio che, in sostanza, è l’equilibrio macroeconomico tra domanda e offerta, occorre che le persone, che avevano ridotto il proprio consumo, per via dell’incertezza, rendendo negativa la propria utilità marginale sul vincolo di bilancio, siano obbligate ad avere un’utilità marginale positiva. E ciò, nonostante l’incertezza, non solo non sia diminuita, ma sia aumentata per via dei disinvestimenti e della disoccupazione. Questo indica, per quanto detto, che costoro hanno, infine, raggiunto lo stato di necessità dal quale volevano tenersi lontano, risparmiando sulle cose meno necessarie ed effimere.
La strategia neoclassica conduce, perciò, alla fine, a una configurazione dell’economia per cui, affinché si ottenga l’equilibrio macroeconomico generale, devono esserci, da un lato, solo unità in stato di necessità e, dall’altro, solo unità prive di ogni incertezza, cioè che possono soddisfare appieno i loro bisogni. La classe media, tra questi due raggruppamenti, non esiste più.
Invece, la strategia in grado di contrastare la depressione è quella che, nel trentennio successivo alla fine del secondo conflitto mondiale, ha consentito lo sviluppo di un’ampia classe media in grado di sostenere i consumi. Essa consiste nel fronteggiare l’incertezza prodotta essenzialmente dagli squilibri, mediante l’attuazione di misure cooperative volte a ridare fiducia agli operatori economici. Quest’azione può essere attuata solo da Istituzioni Sovrane in grado di emettere moneta per fronteggiare gli squilibri, non buttandola a caso sulle banche, come fa l’attuale Quantitative Easing, senza il quale, ciononostante, si andrebbe molto peggio, ma indirizzandola direttamente sui sottosistemi economici che stanno subendo maggiormente gli effetti dell’incertezza. Questa emissione, indirizzata attraverso un canale monetario appropriato, è la Spesa Pubblica, che si comporta da pompa monetaria in grado di ripristinare la fiducia, perché permette di far giungere la moneta in ogni dove, scavalcando le interruzioni, prodotte dagli squilibri, presenti lungo il suo percorso e permette anche, se attuata cooperativamente, il pareggio di bilancio degli Stati.

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